Blog di critica, storia e statistica sportiva fondato l'11 maggio 2009: calcio, ciclismo, atletica leggera, tennis ...
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martedì 22 giugno 2021
domenica 20 giugno 2021
Italia-Galles 1-0: Pessina
Ultima partita del girone per l'Italia, già qualificata agli ottavi. L'avversario è il Galles di Gareth Bale. Mancini concede un turno di riposo a diversi titolari: otto!
La cronaca.
Italia imbrigliata dalla difesa gallese. Fino a pochi minuti dalla fine del primo tempo, quando una delicata punizione di Verratti consente al destro al volo di Pessina il gol del vantaggio azzurro.
mercoledì 16 giugno 2021
Italia-Svizzera 3-0: Locatelli (2), Immobile
Terminata la prima giornata degli Europei 2021, questa sera torna in campo l'Italia di Mancini, contro la Svizzera, squadra priva di grandi talenti ma solida e organizzata. Un successo azzurro varrebbe l'immediata qualificazione agli ottavi di finale.
La cronaca.
È Locatelli l'eroe della serata azzurra. Prima segna su cross di Berardi, da lui stesso servito, colpendo a centro area dopo 35 metri di corsa. Poi, nella ripresa, spedisce a fil di palo un sinistro incrociato. Immobile, quasi allo scadere, si fa perdonare due gol falliti in contropiede, con un destro da fuori area, che vale il 3-0 finale. Italia già qualificata agli ottavi. Ho visto meno brillanti, stasera, Barella e Insigne. Ancora una grande prova, invece, per Berardi. Si tratterà di capire come si comporterà la difesa contro attacchi più qualitativi. Mi pare il reparto meno forte.
martedì 15 giugno 2021
Chiusa la 1^ giornata degli Europei
Appena terminata la prima giornata degli Europei 2021, con la vittoria di misura della Francia sulla Germania. La squadra più forte continua a sembrarmi l'Inghilterra. Poi, la Francia. Quindi, Belgio, Italia e Portogallo, nell'ordine. Cristiano Ronaldo, doppietta nel 3-0 del Portogallo sull'Ungheria, sale a 11 gol in cinque campionati d'Europa: è il capocannoniere di sempre della competizione. Domani, gli azzurri tornano in campo contro la Svizzera.
venerdì 11 giugno 2021
Turchia-Italia: 0-3. Sigillo di Insigne
Si comincia. La partita inaugurale di Euro 2020, ma siamo nel 2021 e capite tutta la potenza e la forza di suggestione del marchio (o brand?), sarà Turchia-Italia. Gli azzurri di Mancini sono reduci da tanti risultati utili consecutivi, ma ci sono state nazionali più attrezzate, con un rendimento simile prima di una grande rassegna internazionale che, poi, alla resa dei conti, hanno fallito: per esempio, la nazionale di Valcareggi ai mondiali del 1974, cui giunse da favorita. L'Italia attuale, almeno, favorita non è. Per il resto, stiamo a vedere.
La cronaca.
Insigne vivace. Anche Berardi è vispo. Gli altri più bloccati. A cominciare da Jorginho: senza Kantè al fianco, sembra un altro giocatore. Turchia ordinata dietro e pronta a contrattaccare. Si va al riposo a reti inviolate. Nella ripresa, cresce la prestazione degli azzurri, trascinati da Barella, trasformato dopo un primo tempoin ombra. Berardi provoca l'autogol di Demiral. Immobile si avventa su una palla vagante dopo tiro di Spinazzola, fino alla gemma finale di Insigne, che fissa il risultato sul 3-0 per l'Italia. Difficile immaginare un debutto migliore. Citazione speciale per Berardi: il migliore in campo.
lunedì 7 giugno 2021
Europei 2020 (2021): chi vincerà? Inghilterra
Confermo il pronostico che feci, sbagliando, prima dei mondiali di Russia 2018. E dico che i prossimi Europei, detti 2020 per affetto al brand, ma sono Europei 2021, li vincerà l'Inghilterra di Harry Kane, a patto che il centravanti attualmente in forza al Tottenham sia in condizione. Perché gli inglesi, tolto il portiere, hanno una difesa solida, eccellente nei terzini, un centrocampo di qualità e un attacco ricco di alternative, con Sancho, Foden, Rashford oltre a Kane. Nel pronostico, seguono Francia, una corazzata, e Portogallo. Poi, il Belgio. Quindi, Germania, Spagna e Italia. Senza dimenticare che gli Europei hanno riservato sorprese mai sperimentate ai mondiali: vittorie per l'URSS nel 1960, per la Cecoslovacchia, che però aveva due finali mondiali alle spalle, nel 1976, Danimarca nel 1992, Grecia nel 2004.
*Avevo inizialmente dimenticato, nei pronostici, il Belgio. Dimenticanza grossolana.
mercoledì 26 maggio 2021
Addio a Tarcisio Burgnich: eroe della Grande Inter
Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso
Avevo appena finito di ricordare che, 50 anni fa, era scomparso Armando Picchi, libero e capitano della Grande Inter, quando mi sono accorto che era venuto a mancare Tarcisio Burgnich che, di quella squadra leggendaria e paradigmatica e irripetibile e iconica di una stagione meravigliosa, era stato il terzino destro, il gladiatore, il marcatore arcigno e insuperabile. Spalle larghissime, quadricipiti poderosi, stacco imperioso. Il tormento per ogni attaccante, che si aggirasse dalle sue parti. Classe 1939, visse tutta l'epopea di quella squadra voluta e plasmata da Angelo Moratti ed Helenio Herrera. E riuscì a vincere anche dopo, lo scudetto in rimonta del 1971, quando della Grande Inter erano rimasti lui, Facchetti, Mazzola, Jair e Corso. La formazione sopracitata divenne una cantilena, una filastrocca. C'è una scena di Ecce Bombo di Nanni Moretti che lo spiega plasticamente. E fu colonna anche della nazionale Tarcisio Burgnich, campione europeo nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970, passando gli ultimi anni di carriera, nel ruolo di libero, perché aveva anche acume tattico a chili il formidabile difensore friulano. Che la terra gli sia lieve.
C'era una volta Armando Picchi: colonna della Grande Inter. Manca da mezzo secolo
Era nato il 20 giugno del 1935, a Livorno, Armando Picchi. Un brevilineo di costituzione robusta, che aveva giocato per una vita da terzino destro, senza brillare. Tenace nei contrasti, attento nella marcatura. Fino a venticinque anni. Dopo le esperienze con la squadra della sua città e la stagione (1959/60) alla Spal, Picchi approdò all'Inter, che era appena stata affidata alle cure tecniche di Helenio Herrera: allenatore di nazionalità argentina ma randagio e giramondo, ossessionato dal gioco del calcio, colto, spiritoso, istrionico e motivatore sommo. Uno che avrebbe rivoluzionato il calcio italiano e internazionale, conferendo al ruolo dell'allenatore un fascino e una centralità prima mai sperimentate. Chi ricorda i nomi degli allenatori del Real Madrid che aveva appena finito di vincere 5 Coppe dei Campioni consecutive? Ecco, intanto Herrera, con il Barcellona di Kubala e Suarez, quel Real l'aveva battuto due volte per il titolo di campione di Spagna. Ed era stato capace, all'inizio degli anni '50, di vincere due scudetti anche con l'Atletico Madrid. Angelo Moratti l'aveva scelto perché ne aveva riconosciuto le stimmate del vincente. Herrerà, però, del calcio italiano sapeva poco. Al debutto, si era presentato come un offensivista - perché il Barcellona ha sempre avuto una vocazione di quel tipo anche prima di Cruijff - e il suo obiettivo dichiarato era quello di segnare più di 100 gol in campionato: insomma ai ritmi che erano stati soltanto del Grande Torino. Il campo, dove le squadre italiane, pur non tutte, già praticavano un solido calcio di rimessa, suggerì ad Herrera di cambiare spartito. Picchi fu spostato nel ruolo di libero: Herrera ne aveva riconosciuto il carisma, l'innata sapienza calcistica, la facilità di lettura delle azioni, la dote di preveggenza delle traiettorie. Sarebbe divenuto il perno della Grande Inter, specialmente dopo l'arrivo, nel 1961, di Suarez. Picchi, promosso capitano, comandava la difesa e guidava moralmente tutti, Suarez, dirigeva il gioco. E non era catenaccio, perché in quella squadra Facchetti attaccava come un'ala, a centrocampo Corso regalava olio su tela, passeggiando, di Suarez s'è detto, e c'erano gli scatti di Jair e le serpentine ardite di Sandro Mazzola. Attesa e contropiede, a volte, sì. Ma anche attacchi corali contro difese schierate. E, sempre, una solidità difensiva degna de La Rochelle. Quell'Inter, capitanata da Picchi, che telecomandava i compagni della difesa, avrebbe potuto difendere un 1-0 per ore. Arrivarono successi in serie: 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali. Fino al tramonto, improvviso e bruciante del 1967: in pochi giorni una Coppa dei Campioni persa contro il Celtic Glasgow (ma mancava Suarez) e uno scudetto finito alla Juve, per la papera di Sarti contro il Mantova. Herrera e Picchi non si prendevano più. Pare che il Mago fosse geloso della leadership del capitano e del rispetto che i compagni gli portavano. Pare. Picchi andò al Varese. Un anno dopo andò via anche Herrera. E lo stesso Angelo Moratti passò la mano in favore di Fraizzoli. Picchi si preparava ad una grande carriera da allenatore. Prima proprio a Varese, poi nella sua Livorno. Finché lo chiamò Boniperti alla Juve. Prima, però, giocando nella nazionale, durante Italia-Bulgaria del 26 aprile 1968, una caduta rovinosa, la frattura del bacino, una botta tremenda, le cure forse inadeguate. E un dolore che non sarebbe passato più. Fino a diventare un cancro. Il 26 maggio del 1971, mezzo secolo fa, Picchi moriva per un singolarissimo tumore alla costola, dopo aver lasciato - sopraffatto da dolori lancinanti - la panchina della Juve a campionato in corso, dopo che l'Inter aveva appena conquistato il suo undicesimo scudetto. Armando Picchi non aveva ancora compiuto 36 anni. E sono cinquant'anni oggi. Lo stadio del Livorno porta il suo nome.
martedì 30 marzo 2021
Storia dei Campionati Europei di calcio: 1.
Il fascino dei Mondiali è tutt'altro. Più storia, più competizione, più talento, soprattutto quello sudamericano. Tuttavia, i Campionati Europei di calcio hanno ormai 61 anni e tanto da raccontare. Nacquero per sostituire la Coppa Internazionale, che, alla fine degli anni '20, aveva opposto le migliori squadre nazionali dell'Europa centrale, il che voleva dire le migliori nazionali europee tout court, con l'eccezione degli inglesi che, credo a torto, si ritenevano superiori a tutti gli altri e disertavano anche i Mondiali. E il primo successo (edizione 1927-30), aveva arriso proprio all'Italia di Vittorio Pozzo, illuminata, nelle ultime partite della competizione, dal genio irripetibile di Giuseppe Meazza. L'Italia rivinse nel 1935, mentre nel 1933 si era imposta l'Austria, il Wunderteam allenato da Hugo Meisl e guidato dal centravanti esile Sindelar. Sindelar, con il detto Meazza e l'ungherese Sarosi fu per un decennio il faro del calcio europeo e, allora, mondiale. Dopo la Seconda Guerra, la Coppa Internazionale tornò, registrando il successo dell'Ungheria favolosa di Puskas, nel 1953, e della Cecoslovacchia, proprio nel 1960. Altre nazioni, però, come Francia e Spagna, si facevano strada, mentre Austria e la stessa Ungheria, privata dei suoi migliori fuoriclasse ripiegati all'estero dopo l'invasione dei carri armati sovietici del 1956, si avviano ad entrare in un cono d'ombra.
giovedì 25 marzo 2021
Italia-Irlanda del Nord: 2-0. Berardi, Immobile
Prima partita di qualificazione ai mondiali del 2022 per l'Italia di Mancini. Avversari modesti. Italia a basso ritmo. È Insigne, ormai leader maturo, a illuminare, liberandosi spesso sulla trequarti. Vantaggio firmato da Berardi, cui segue il gol di Immobile, facilitato da un'indecisione del portiere nordirlandese. Discreto primo tempo. Nella ripresa, azzurri troppo imprecisi. Il risultato non cambia.
giovedì 18 marzo 2021
Champions: la solita Italexit
Succede da anni, qualche volta dopo, sì, ma succede da anni. Ad un certo punto della Champions League, c'è l'Italexit. Resta inteso poi, che l'eliminazione dell'Inter, addirittura quarta nel suo girone, sia stata pesante, come, quasi allo stesso modo, quella della Juve contro il Porto: i bianconeri hanno un monte ingaggi spropositato e Cristiano Ronaldo eppure, come lo scorso anno contro il Lione, sono stati eliminati da un avversario pacificamente più debole. Diverso il discorso per Atalanta e Lazio, uscite contro due squadre più blasonate e più ricche tecnicamente come Real Madrid e Bayern Monaco. Resta, tuttavia, la difficoltà internazionale del calcio italiano. L'ultimo titolo europeo rimane la Champions League dell'Inter del 2010. Anche la nazionale è reduce da due eliminazioni al primo turno ai mondiali (2010 e 2014) e persino dalla mancata qualificazione a quelli russi del 2018. E non ne farei, come certi pretesi esperti, una questione di ritmo. Che sarebbe più basso nelle nostre squadre e in serie A. Non è quello o non è tanto quello il problema. Che considero invece tecnico. La qualità offensiva latita, il dribbling è uno sconosciuto, il tiro da fuori una rarità. Il calcio italiano oggi è un calcio minore. Come gli capitò di essere negli anni '50. Succede, può succedere. Speriamo che non duri. Dalla mediocrità degli anni '50 si uscì attraverso una rivoluzione tattica, il perfezionamento del calcio di rimessa poi detto all'italiana, e con la fioritura, quella mai prevedibile, di campioni assoluti come Rivera, Facchetti, Mazzola, Riva. Campioni di quel livello - tolto, potenzialmente, il solo Zaniolo - non se ne intravedono oggi, pur essendoci giovani buoni calciatori; tatticamente, invece, non riconosco grandi novità. Giochiamo come gli altri, in Europa. Solo che loro lo fanno meglio. E con interpreti mediamente migliori. E perdiamo.
lunedì 9 novembre 2020
Il ciclismo ai tempi del Covid: anno 2020. Un bilancio
Si è sostanzialmente conclusa, la stagione ciclistica internazionale più difficile e strampalata degli ultimi 75 anni. Il Covid ha rivoluzionato programmazione delle corse e calendario. Provo a tracciare un bilancio.
Si è confermata la grande ascesa del piccolo movimento sloveno. Formidabile la vittoria al Tour de France di Pogacar su Roglic, che poi, dopo la beffa subita alla cronometro di La Planche Des Belles Filles, ha saputo riscattarsi vincendo la Liegi-Bastogne-Liegi, sciaguratamente gettata via da Alaphilippe, e la seconda Vuelta a Espana consecutiva.
Il movimento britannico, dominante nelle grandi corse a tappe negli anni 2010-2019, è rimasto ai vertici. Sorprendente il successo di Geoghegan Hart al Giro d'Italia, interessante il terzo posto finale di Hugh John Carty alla Vuelta. Da considerare anche il nono posto di Adam Yates, qualche giorno in giallo, al Tour. E il gemello Simon è stato fermato dal Covid al Giro.
L'Italia, ora che Nibali è invecchiato, mentre Aru resta nel suo cono d'ombra, ha poche speranze di successo nei Grandi Giri nel futuro prossimo. Ha buoni velocisti o fondisti veloci, come Nizzolo, campione europeo, lo stesso Viviani, Trentin, Ulissi. E un fuoriclasse, per adesso contro il tempo, Ganna. Ci sono stati momenti migliori.
La Francia è stata Alaphilippe. Campione del mondo e piazzato di lusso a Sanremo. Thibaut Pinot è diventato il simbolo del corridore sfortunato: il 2020 è stato la peggior stagione della carriera. Interessante la crescita del suo luogotenente Gaudu, due tappe e ottavo posto finale alla Vuelta. Demare ha dominato tante volate, quattro al Giro.
Passo indietro per la Spagna. Valverde ha 40 anni, Landa è sempre al di sotto di quel che potrebbe, Enric Mas, quinto alla Vuelta, non ha fatto il salto di qualità.
Stesso discorso per la Colombia, con Bernal che non si è confermato e Quintana che non è più da podio.
Nelle classiche è ormai il tempo di Van Aert, primo alla Sanremo e Mathieu Van der Poel, primo al Giro delle Fiandre: la sua volata contro il belga è stato forse il momento più esaltante ed iconico della stagione.
Un infortunio ha tenuto lontano dalle scene il corridore che considero il più forte di tutti. Nel 2021 tutti dovranno fare i conti con lui. Nelle gare in linea e nelle gare a tappe. Il belga Remco Evenepoel è un predestinato.
mercoledì 9 settembre 2020
Il ciclismo e i Grandi Giri negli anni 2010/19: il dominio inglese
Il ciclismo non si sottrae all'eterna regola del mutamento. Come ebbi a scrivere in un post di qualche tempo, sono cambiate, non tutte, anche le Nazioni dominanti nel ciclismo. Tradizionalmente Italia, Francia e Belgio e, di rincalzo, Spagna, Svizzera, Olanda e Lussemburgo. Negli anni 2010, insomma dal 2010 al 2019, per stare al decennio appena trascorso, invito a dare uno sguardo ai vincitori delle tre grandi corse a tappe: Tour de France, Giro d'Italia e Vuelta a Espana.
Tour de France:
2010: Andy Schleck (Lussemburgo)
2011: Cadel Evans (Australia)
2012: Bradley Wiggins (Regno Unito)
2013: Chris Froome (Regno Unito)
2014: Vincenzo Nibali (Italia)
2015: Chris Froome (Regno Unito)
2016: Chris Froome (Regno Unito)
2017: Chris Froome (Regno Unito)
2018: Geraint Thomas (Regno Unito)
2019: Egan Bernal (Colombia)
Giro d'Italia:
2010: Ivan Basso (Italia)
2011: Michele Scarponi (Italia)
2012: Ryder Hesjedal (Canada)
2013: Vincenzo Nibali (Italia)
2014: Nairo Quintana (Colombia)
2015: Alberto Contador (Spagna)
2016: Vincenzo Nibali (Italia)
2017: Tom Dumoulin (Italia)
2018: Chris Froome (Regno Unito)
2019: Richard Carapaz (Ecuador)
Vuelta a Espana:
2010: Vincenzo Nibali (Italia)
2011: Chris Froome (Regno Unito)
2012: Alberto Contador (Spagna)
2013: Chris Horner (U.S.A.)
2014: Alberto Contador (Spagna)
2015: Fabio Aru (Italia)
2016: Nairo Quintana (Colombia)
2017: Chris Froome (Regno Unito)
2018: Simon Yates (Regno Unito)
2019: Primoz Roglic (Slovenia)
Ci sono stati 10 successi del Regno Unito (7 di Froome, 1 a testa per Wiggins, Thomas e Simon Yates), 7 italiani (4 di Nibali e 1 a testa di Basso, Scarponi e Aru), 3 spagnoli (tutti di Contador), 3 colombiani (2 di Quintana, 1 di Bernal), infine 1 lussemburghese (Andy Schleck), 1 australiano (Evans), 1 U.S.A. (Horner), 1 canadese (Hesjedal), 1 olandese (Tom Dumoulin), 1 ecuadoriano (Carapaz), 1 sloveno (Roglic). Evans, Carapaz, Roglic e Hesjedal hanno colto i primi successi assoluti per i propri rispettivi Paesi, Australia, Ecuador, Slovenia e Canada. Il Regno Unito, con 10 successi e Froome mattatore, è stato il leader di maggioranza relativa del decennio, mentre la Colombia, che vantava un solo successo con Lucho Herrera alla Vuelta negli anni '80, è diventata una potenza nelle grandi gare a tappe. L'Italia ha tenuto, soprattutto grazie a Nibali. Non pervenuto il Belgio, che non vince - e nemmeno sale sul podio - dal successo di De Muynck al Giro del 1978, e la Francia, che ha ottenuto podi (con Peraud, Bardet e Pinot) ma non vittorie. La geografia del ciclismo è profondamente cambiata.
venerdì 15 maggio 2020
Italia-Francia 6-2: 15 maggio 1910, prima partita della nazionale italiana
Nazionale Italiana al debutto, 15 maggio 1910 |
Reti: 13' Lana, 20' Fossati, 49' Sellier, 59' Lana, 62' Ducret, 66' Rizzi, 82' Debernardi, 89' Lana rigore.
giovedì 14 maggio 2020
La serie A riparte il 13 giugno? Forse, pare, Covid permettendo
lunedì 4 maggio 2020
Perché il Grande Torino fu così grande?
- Anzitutto, una generazione irripetibile di talenti. Il presidente Novo voleva i migliori e li ebbe. Valentino Mazzola su tutti, giocatore universale prima di De Stefano e di Cruijff. Leader tecnico e carismatico, baricentro basso, mancino ma abilissimo con il destro, coriaceo nei contrasti, devastante in progressione, suggeritore e finalizzatore. Quando trovi un simile campione, il resto viene di conseguenza. E il "brasiliano" Maroso sulla sinistra. E il "gemello" di Mazzola, Loik. Il centravanti Gabetto, il mediano Grezzar, l'ala Ossola. Tutti fuoriclasse, tutti assieme.
- Il gioco nuovo. Un'applicazione originale del Sistema nell'Italia del Metodo. Meno lanci, molti più passaggi secondo la filosofia danubiana. Allenamenti individuali mirati, per rinforzare il piede debole, ritiri, preparazione atletica intensa. E l'importanza del movimento senza palla. Quello che apre e favorisce nuove linee di passaggio. E muoversi, invece di aspettare palla addosso, significa mutare posizione, sparigliare, confondere gli avversari. Il calcio totale, che già era stato sperimentato in Svizzera per la verità, si consolida con il Grande Torino. Mazzola, in campo, puoi trovarlo ovunque. Ovunque serva.
- Il secondo dopoguerra. C'è un'energia nell'aria dell'Italia della ricostruzione. C'è un desiderio di rivincita e di ripresa. Il Torino lo incarna naturalmente. Ha un carattere indomabile. Di qui le rimonte proverbiali. Si tratta di una squadra vera, che si muove come un blocco unico. Insomma, ha un'anima, che avvince e tiene assieme tutti i giocatori.