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lunedì 13 febbraio 2017

I 50 anni di Roberto Baggio. Cinque ragioni per ricordarlo

Il più grande giocatore della storia del calcio italiano, dopo Meazza e prima di Totti. Roberto Baggio, artista prima che calciatore, compirà 50 anni il prossimo 18 febbraio. Ecco cinque ragioni per ricordarlo e celebrarlo.

  1. Il dribbling: un fondamentale, che non si allena o che si allena poco. Baggio ne è stato un virtuoso naturale. Grazie alla sapienza innata del tocco, alla padronanza del palleggio, alle finte di corpo ed allo scatto fulmineo. Aveva non solo il primo, ma anche il secondo ed il terzo, qualche volta il quarto dribbling. Come oggi solo Messi. E prima di lui, Meazza, Di  Stefano, Garrincha, Pelé, Sivori, Sandro Mazzola, Cruijff, Best,  Zico e poi Ronaldo, il brasiliano. Me ne dimentico pochi. 
  2. Il senso del gol: 318 gol da professionista, sesto italiano assoluto, dopo Piola, 364 gol, Del Piero, 346 gol, Meazza 338 gol, Totti, 323 gol e Toni, 322 gol. Roberto Baggio ha segnato in tutti i modi, persino di testa ogni tanto, grazie alla precisione chirurgica del tiro, spesso eseguito in anticipo, prendendo il portiere in contropiede. Di destro e di sinistro, in area e fuori dall'area, quasi mai di forza, sempre con eleganza. E tanti gol nelle occasioni solenni, 9 ai mondiali, come Paolo Rossi e Vieri, il quale ultimo, però, segnò solo un gol, contro la Norvegia nel '98, nelle gare ad eliminazione diretta. Baggio, invece, trascinò letteralmente la triste Italia di Sacchi alla finale di Usa '94, perduta ai rigori contro il Brasile. L'errore di Baggio dal dischetto, un dispetto di un destino saragattianamente cinico e baro, fece il giro del mondo. Ma, senza di lui, quell'avventura azzurra sarebbe terminata molto prima.
  3. Il gioco contro tempo: fateci caso, la maggior parte dei calciatori, approssimandosi la porta, accelera, aumenta la frequenza dei passi, si fa frenetica. Baggio, no. Alla vista del portiere, più spesso, rallentava. Aspettava il difensore farglisi sotto e poi, dribbling a rientrare, con il destro od il sinistro, e tiro all'angolo con il piede opposto. Questo incedere caracollante, quasi esitante ed invece colmo di forza consapevole, a Brera, che lo vide nei primi anni di carriera, ricordava il grande Meazza.
  4. L'invidia degli allenatori: sebbene Baggio non avesse il piglio del comando, per tutta la carriera, e forse con la sola eccezione di Mazzone al Brescia, fu sofferto moltissimo dagli allenatori. Su tutti Lippi, che lo mandò via dalla Juve e gli preferì persino Russo all'Inter, e Capello, che lo sostituiva con immancabile puntualità. Ma, anche Ulivieri a Bologna, dove Baggio risorse, 22 gol all'esito di un campionato che lo condusse al suo terzo mondiale, quello di Francia '98. E perché? Perché Baggio, asso naturale, riusciva, quasi senza volerlo, a dimostrare la superiorità del singolo sul gruppo, dell'estro sullo spartito, dell'assolo sulla sinfonia, del guizzo sulla tattica. Sacchi, che ne trasse immensi benefici in nazionale, ancora oggi, trova modo e maniera di punzecchiare Baggio. E solo perché costui si era opposto alla monacazione forzata nei suoi schemi.
  5. L'individualismo ai tempi della mistica del gruppo: Gramsci scrisse che "i più non esistono fuori dell'organizzazione". E tutto sommato è vero. Ecco, Roberto Baggio nel novero dei più non c'è stato e non poteva starci. E' sopravvissuto alla più grande e più inutile rivoluzione della storia del calcio. Quella cominciata proprio da Sacchi, perché il calcio totale olandese era ben altro, come ben altro era stata la meravigliosa Ungheria di Puskas. Giocava da solo Baggio, il che non significa che non servisse assist meravigliosi ai compagni o che non ne ricevesse. Ma, insomma, non rincorreva gli avversari, non ripiegava, come si dice malamente da qualche lustro a questa parte. Non andava a tempo. Epperò decideva. Ha cambiato molte squadre in carriera, diventando il beniamino di tutte le tifoserie. Egregio, perché fuori dal gregge. Un campione senza tempo.

giovedì 12 gennaio 2017

La nazionale di tutti i tempi: da Zenga a Meazza

Se ne parla in questi giorni, dopo la nazionale di tutti i tempi proposta da Ventura fino a quella indicata da Sconcerti sul Corriere della Sera. Qui sotto propongo la mia, panchina compresa (in tutto 23 giocatori, come ai mondiali attuali, con tre portieri). Zenga in porta, con Bergomi terzino destro marcatore, Nesta stopper, Facchetti terzino sinistro e Scirea libero e primo regista della squadra. A centrocampo Tardelli e l'immenso Valentino Mazzola. Totti 10, a raccordare, con il suo gioco di prima, centrocampo ed attacco, guidato da Meazza centravanti, sostenuto dall'estro di Roberto Baggio e dalla potenza di Riva.

 
ZENGA
 
SCIREA
 
 
BERGOMI                            NESTA            FACCHETTI
 
                       
        TARDELLI                                    V. MAZZOLA
 
 
TOTTI
 
             R. BAGGIO                                           RIVA
 
 
MEAZZA
 
 
In panchina: Zoff, Buffon, Burgnich, Maldini, F. Baresi, B. Conti, Pirlo, Rivera, S. Mazzola,  Berti, Altobelli, P. Rossi, 


mercoledì 30 novembre 2016

Campioni dimenticati: Giancarlo Pasinato eroe dell'Inter di Bersellini

Il tempo è galantuomo, si dice. Eppure non sempre questi proverbi colgono nel fondo l'essenza delle vicende umane e sportive. Così accade che grandi giocatori, amatissimi dai propri tifosi e temuti da quelli avversari, per una congiura di sfortunate circostanze, si ritrovino, a pochi anni dal ritiro, se non dimenticati, almeno ricacciati in un cono d'ombra, per venirne fuori solo ogni tanto. E' di questi giocatori che vorrei parlare. Cominciando da Giancarlo Pasinato. Visse la parte migliore della carriera con la maglia dell'Inter, dopo avere impressionato con la maglia dell'Ascoli. Ai tempi di Altobelli e Beccalossi, di Bordon e di Oriali e di Bini. Con Bersellini allenatore, conquistò il dodicesimo scudetto dell'Inter, all'esito del campionato 1979/80 e la Coppa Italia del 1982. Quando, per un errore di valutazione della dirigenza, venne, assieme a Canuti e Serena, scambiato con Collovati, finendo al Milan retrocesso, per la seconda volta, in serie B. Tornò l'anno dopo all'Inter e ci rimase sino al 1985, quando la sua storia nerazzurra si concluse dopo 185 presenze e 11 gol. Ma chi era il calciatore Pasinato? Veneto di Cittadella, Pasinato nasce nel 1956. Fisico massiccio, 1,82 m per 80 kg di muscoli, che, a metà degli anni '70, ne fanno un autentico colosso, gioca a centrocampo. Spesso con la maglia numero quattro. Un mediano, ma non soltanto un corridore ed un incontrista. Pasinato possiede una violenta accelerazione, che gli permette di sbarazzarsi degli avversari una volta distesa l'ampia falcata. Ara il campo 20 anni prima che inizi a farlo Zanetti. Con la differenza che, arrivato sul fondo, gioca a destra e spesso sembra un'ala, i suoi cross sono precisi e calibrati, a tutto vantaggio di Altobelli e di Muraro. Lo chiamano carro armato. E così debbono percepirlo gli avversari. Bearzot non lo vede, tetragono nella difesa del suo gruppo, e la mancata ribalta della nazionale svolgerà un ruolo decisivo nella dimenticanza che colpirà Pasinato a fine carriera. Eppure Pasinato è una forza della natura. Le sue cavalcate, divenute proverbiali, sono amatissime dai tifosi nerazzurri. Come questa. Ribalta il fronte da solo, cinquanta, sessanta metri palla al piede, senza che gli avversari riescano a fermarlo, ad atterrarlo. Possanza e velocità, progressione e sapiente conduzione del pallone. Uno degli eroi del coast to coast. Brera lo soprannominò Gondrand, come l'omonima ditta di trasporti. Io provoco così: il miglior Pasinato è stato più forte del miglior Zanetti. Agli scettici segnalo le molte immagini di repertorio, che potrebbero e potranno confermarlo.

domenica 13 novembre 2016

Immobile 100 gol in carriera

Quello contro il Liechtenstein è stato il gol n. 100 per il centravanti della Lazio e della nazionale Ciro Immobile: 87 gol con squadre di club, 8 gol con l'under 21 e 5 gol con la nazionale maggiore.

giovedì 6 ottobre 2016

Buffon: papera clamorosa. Sopravvalutato. Italia - Spagna: 1-1

Altro che Zenga su Caniggia, quella di stasera di Buffon contro la Spagna sì che è un'uscita a vuoto. Una papera cui non basterebbe il Lago di Garda. Sopravvalutato e, calcisticamente, attempato. Basta con Buffon in nazionale. Per la cronaca, al gol spagnolo di Vitolo replica De Rossi su rigore. Pareggio, tutto sommato, che torna comodo all'Italia di Ventura. 

martedì 27 settembre 2016

La leggenda di Francesco Totti: 250 gol in serie A, 322 gol in carriera

Compie 40 anni oggi Francesco Totti. E la fine della sua straordinaria carriera, che pure si avvicina in modo inesorabile, è ancora di là da venire. Si stanno moltiplicando gli elogi e le celebrazioni per un calciatore che ha saputo rompere, sebbene solo negli ultimi anni, le barriere del tifo, per diventare un patrimonio ed un orgoglio di tutto il calcio italiano. Per giudicare un calciatore, ed il suo peso nella storia, ho sempre pensato che ci si dovesse attenere ad un criterio semplice, da preferire a tutti gli altri: il giudizio degli uomini di campo. Specialmente dei suoi contemporanei. Sotto questo aspetto, il consenso che Totti ha ricevuto e riceve è pressoché unanime. Ha interpretato in carriera almeno quattro ruoli, sempre attingendo la soglia dell'eccellenza: il trequartista, soprattutto in nazionale, la seconda punta, nella Roma dello scudetto, l'attaccante esterno, quando esplose con Zeman, il centravanti, compassato e manovriero, negli ultimi dieci anni, scoprendosi implacabile goleador, dopo aver deliziato, ed ancora delizia, con assist memorabili. Qualità balistiche uniche, facilità di calcio enorme, cambi di campo, cross, d'interno e d'esterno e, più di tutto, giocate di prima intenzione. Veloci, precise, spiazzanti. Tolto lo scatto bruciante, Totti ha avuto tutto del grandissimo campione, dalla superiore qualità tecnica, alla visione luminosa del gioco, dalla forza fisica, a tanti ha ricordato Valentino Mazzola ma anche Kubala, alla fantasia, all'estro. Non un condottiero rumoroso, per via di una naturale timidezza, ma sempre determinante, sempre decisivo. Più volte dato per finito e sempre risorto.

mercoledì 30 marzo 2016

Conte (#Conte) via subito dalla nazionale: va esonerato ora. Così si prepara meglio all'avventura londinese

Intempestivo fu l'annuncio dell'addio dopo gli Europei, colpa sua e della Federazione, Conte sta perdendo la presa su una nazionale, che forte già non è. La batosta subita ieri contro la Germania ci sta, perché i valori sono sbilanciati a favore dei tedeschi. Però, basta con Buffon, il vegliardo della porta, basta! Basta con Giaccherini, Zaza, Astori! L'Italia, con questi giocatori, e questo allenatore ormai con la testa al Chelsea, uscirà al primo turno ai prossimi Europei. Occorre una scossa. Cominciamo ad esonerare subito Conte, visto che gli manca tanto il campo! Al suo posto, ora come ora, va bene chiunque. Io dico sempre Zenga.

lunedì 11 gennaio 2016

Messi sopravvalutato vince il pallone d'oro 2015: tre ragioni per cui non lo meritava

Non ha meritato quello del 2010, come non ha meritato il pallone d'oro del 2015, assegnatogli oggi, vincendo la concorrenza di Cristiano Ronaldo, secondo, e di Neymar, terzo. Cinque palloni d'oro sono un'enormità non giustificata dalle sue prestazioni, per quanto notevolissime, né dal suo talento, indiscutibile. Insomma, è sopravvalutato. Ecco tre ragioni per cui Messi non meritava l'ultimo pallone d'oro:

  1. Nel Barcellona, nell'ultimo anno solare, Suarez e Neymar sono stati più continui e decisivi di lui;
  2. Quanto ai numeri, Cristiano Ronaldo ha segnato più di Messi e gli attaccanti, quali sono entrambi sebbene in modo diverso, si giudicano anzitutto dai gol.
  3. In Coppa America, persa in finale, Messi ha recitato da comparsa, confermando quanto le sue prestazioni siano aiutate dal grande assieme del Barcellona. Con la nazionale albiceleste, la sua media gol si dimezza.

giovedì 3 dicembre 2015

Elzeviro: 4. Alessandro "Spillo" Altobelli, il centravanti per eccellenza, ha compiuto 60 anni

Quando debbo pensare ad un centravanti, al centravanti per eccellenza, e seguo il calcio da più di 30 anni, il primo nome che faccio è sempre quello: Altobelli, detto "Spillo", per undici anni consecutivi numero nove di un'Inter che avrebbe meritato di vincere di più. Per restituire la dimensione della sua grandezza agonistica, basti ricordare che con la maglia nerazzurra mise a segno la bellezza di 209 gol in 466 partite, secondo solo all'inarrivabile Meazza, 282 gol, fra il 1977 ed il 1988, alla media di 19 gol a stagione. In un'epoca, converrà ricordare, nella quale l'attenzione alla fase difensiva era massima, tutte le squadre del campionato italiano, con un paio di eccezioni, marcavano a uomo e schieravano un libero di ruolo, il campionato era a sedici squadre, trovarsi in linea con l'ultimo difensore avversario era fuorigioco, in caso di retropassaggio il portiere poteva giocare il pallone con le mani. Il compito di un attaccante, insomma, era assai disagevole. Altobelli seppe eccellere a quei tempi, in tutte le competizioni, dalla serie A, alla nazionale, dove chiuse con 25 gol in 61 partite, come Baloncieri. Quando smise, soltanto Riva, Meazza e Piola avevano segnato più di lui. Lasciò il calcio nel 1990, dopo un'ultima stagione in serie B con il Brescia, assommando 298 gol tra i professionisti: allora, soltanto i soliti Piola e Meazza avevano segnato di più. Anche il primato di reti nelle coppe europee, 39, fu suo a lungo. E tale sarebbe probabilmente rimasto senza l'invenzione della Champions a gironi, che, garantendo un numero minimo di partite, avrebbe permesso ad Inzaghi e Del Piero di superarlo. In Coppa Italia è ancora oggi, 25 anni dopo la fine della carriera, il capocannoniere di tutti i tempi, con 56 gol. Che centravanti era Altobelli? Asciutto, anzi smilzo, ma alto per i tempi, 1,81 m, per questa ragione lo chiamavano "Spillo", aveva tecnica di primissimo ordine. Soltanto quando andava a battere dal dischetto, poteva dirsi che fosse destro, dacché calciava altrimenti con eguale disinvoltura anche con il mancino. Fortissimo nel gioco aereo, grazie ad elevazione e scelta di tempo, aveva naturali doti acrobatiche e di coordinazione, che gli consentirono numerose, spettacolari conclusioni al volo. Segnava di rapina e dopo aver saltato l'avversario, in contropiede e calciando dal limite dell'area. La sua acutissima visione del gioco gli permetteva anche di dirigere, all'occorrenza, il gioco offensivo, arretrando sulla trequarti. Corretto, mai i gomiti alti, esultava sempre in modo contenuto, quasi a domandare scusa dell'ennesima prodezza. Una sola volta, al Meazza, perse le staffe, mollando un buffetto ad Hansi Muller, stagione 1982-83, tedesco di fantasia, il calcio è luogo di ossimori, che non passava la palla per principio. Con l'Inter conquistò uno scudetto, nel 1979-80, formando una proverbiale coppia d'attacco con l'estroso Evaristo Beccalossi e due Coppe Italia, andando sempre a sbattere contro il Real Madrid nelle coppe: semifinale di Coppa dei Campioni nel 1981,quarti di finale di Coppa delle Coppe nel 1983, semifinali di Coppa Uefa nel 1985 e nel 1986. Campione del mondo nel 1982, con meraviglioso terzo gol in finale contro la Germania Ovest di Schumacher, pagò nei primi anni la preferenza che Bearzot accordò a Paolo Rossi. Promosso titolare nel 1984, guidò l'attacco fino al 1987, con quattro gol in quattro partite ai mondiali messicani del 1986. E trovò ancora il tempo di mettere la sua firma agli Europei del 1988, appena subentrato a Mancini, contro la Danimarca. L'antipatia di Trapattoni, che a Milano veniva sommerso dai fischi dei tifosi appena osava sostituire Altobelli, lo costrinse a passare, e fu un errore, alla Juve per un anno, comunque segnando con la solita, disarmante, regolarità. A metà degli anni '80, Altobelli fu il miglior centravanti del mondo. Sebbene non sia mai andato oltre il decimo posto, 1986, nella classifica per il pallone d'oro. Un giocatore con il suo repertorio, oggi farebbe sfracelli in serie A ed in Europa. Dei centravanti che poi l'Inter ha avuto, soltanto Ronaldo è stato più forte, sebbene meno completo di lui. Tanto per dare una misura della grandezza di Alessandro Altobelli, detto "Spillo".

venerdì 13 novembre 2015

Buffon (#Buffon) sopravvalutato: ha subito 142 gol in 170 partite in nazionale. Zenga miglior portiere della storia della nazionale italiana

Altri tre gol stasera contro il Belgio, peraltro forte, e Buffon vede salire a 126 gol il bottino delle reti subite in nazionale, alla media non edificante di 0,82 a partita. Zenga, ne subì appena 21 in 58 partite, alla media di appena 0,36 gol a partita. Sempre in nazionale. Senza farla troppo lunga, a nessuno sorge il dubbio che Buffon sia sopravvalutato? #Buffonritirati
Tornando alla nazionale italiana, considerati i portieri che abbiano messo assieme almeno 20 presenze, Zenga risulta di gran lunga il meno battuto. Segue classifica:

  1. Zenga 0,36 gol a partita: 21 gol subiti in 58 partite
  2. Toldo 0,53 gol a partita: 15 gol subiti in 28 partite 
  3. Peruzzi 0,54 gol a partita: 17 gol subiti in 31 partite 
  4. Pagliuca 0,69 gol a partita: 27 gol subiti in 39 partite
  5. Zoff 0,75 gol a partita: 84 gol subiti in 112 partite
  6. Albertosi 0,79 gol a partita: 27 gol subiti in 34 partite
  7. Buffon 0,84 gol a partita: 142 gol subiti in 170 partite
  8. Bordon 0,90 gol a partita: 20 gol subiti in 22 partite
  9. Olivieri 1,16 gol a partita: 28 gol subiti in 24 partite
  10. Combi 1,38 gol a partita: 65 gol subiti in 47 partite

*Aggiornamento del 23 novembre 2015: cambia poco, ma Buffon contro la Romania ha subito un altro gol, sicché aggiorno il titolo del post e la classifica di conseguenza.
*Aggiorammento del 06 ottobre 2016: papera clamorosa contro la Spagna e Buffon sale a 137 gol subiti in 164 partite. Questa sì che è stata un'uscita a vuoto, altro che quella di Zenga contro Caniggia ad Italia '90.
*Aggiornamento del 12 ottobre 2016: i due gol beccati dalla Macedonia portano Buffon a 139 gol subìti in 165 partite.
*Aggiornamento del 04 settembre 2017: grave errore sulla punizione di Isco, nel 3-0 rimediato dall'Italia al Bernabeu contro la Spagna, Buffon, che ha mostrato molte altre incertezze, ha subito 142 gol in 170 partite.

martedì 13 ottobre 2015

Graziano Pellè al quarto gol in nazionale. È il miglior centravanti italiano

Tardi, ma è arrivato. Graziano Pellè ha stentato ad affermarsi. Ha dovuto cercare fortuna all'estero. Sembrava che non ce la facesse. Poi, dalla stagione 2012-13, allora militava al Feyenoord, ha preso a segnare con continuità disarmante. Quasi 60 gol in due stagioni in Olanda, lo sbarco in Inghilterra al Southampton, dove si è imposto rapidamente,  la nazionale con Conte. Ed i gol, oggi è arrivato, contro la Norvegia, il quarto in otto presenze con la maglia azzurra. Da anni lo indicò come il miglior centravanti italiano. E tale è, sebbene  continui ad essere sottovalutato al di qua delle Alpi. In carriera, Pellè ha segnato 121 gol.
*Aggiornamento del 15 ottobre 2015: voglio ricordare che ai mondiali under 20 del 2005, quelli che rivelarono al mondo il talento di Lionel Messi, l'Italia raggiunse i quarti di finale, eliminata inopinatamente ai rigori dal Marocco. Il centravanti di quell'Italia era Graziano Pellè, quattro gol nella manifestazione, come lo spagnolo David Silva, uno meno dell'altro spagnolo Ferando Llorente. Capocannoniere, con sei reti, fu, manco a dirlo, Messi. In quella manifestazione, brillarono anche i colombiani Guarin e Radamel Falcao, che poi la loro carriera, bene o male, l'hanno fatta e la stanno facendo. Pellè era forte già allora, poi, per mille ragioni, ha impiegato parecchio tempo per affermarsi nel calcio dei grandi. Adesso, possiamo dire che ce l'ha fatta.

lunedì 7 settembre 2015

La piccola Italia di Conte ipoteca la qualificazione agli Europei 2016

Campioni straordinari, fra gli italiani di questa generazione, non ce ne sono. E d'accordo. Conte, che pure va lodato per aver costruito una nazionale se non altro tenace e compatta, potrebbe in ogni caso scegliere meglio. Per esempio, come può De Sciglio giocare titolare? Possibile che si debba ancora puntare su Chiellini? E su De Rossi, che ormai può giocare soltanto in difesa e non più a centrocampo, dal momento che in campo passeggia invece di correre? Conte deve sperare nel recupero, peraltro difficile, di Balotelli, puntare su un giovane promettente come il granata Baselli, richiamare Santon. Bene, invece, fa Conte a valorizzare Pellè, che da tre anni è il migliore italiano nel suo ruolo. Centravanti classico, possente, ha conquistato una consapevolezza dei suoi mezzi che gli permette anche giocate rischiose. Per il resto, e questo è il punto, c'è da augurarsi che la stagione appena iniziata segnali qualche talento, di cui la nazionale italiana avrebbe davvero bisogno. Così com'è, in Europa, ce n'è una decina di squadre messe meglio.

domenica 9 agosto 2015

Graziano Pellè si conferma il miglior centravanti italiano

Due gol in Europa League, gol alla prima giornata di Premier League, Graziano Pellè si conferma il miglior centravanti italiano da tre anni a questa parte: 74 gol in 113 partite tra Feyenoord e Southampton, alla media di 0,65 gol a partita. Gioca nel Southampton eppure avrebbe fatto comodo alle migliori squadre della serie A. Fisicamente dominante, ha corsa, tecnica ed esperienza internazionale. Sarà la sorpresa dei prossimi Europei.

giovedì 16 luglio 2015

Storia dell'Inter: 4^ ( il debutto di Giuseppe Meazza "Le Grand Peintre du Football")

"La donzelletta vien dalla campagna, leggendo la Gazzetta dello Sport, e come ogni ragazza, lei va pazza per Meazza che fa reti a tempo di fox - trot". Era questo un motivo orecchiabile e popolarissimo negli anni '30, scherzoso adattamento de Il Sabato del Villaggio di Leopardi, che testimonia quanto Giuseppe Meazza fosse riuscito a scavalcare i confini dei campi di calcio, di cui era sovrano assoluto, per farsi divo popolare. E Meazza fu il leader tecnico dell'Inter per dodici lunghissime stagioni, dal 1927 al 1939, prima che gli si congelasse un piede per gravi problemi di circolazione. Agli inizi della stagione calcistica 1927-28, Meazza, classe 1910, viene aggregato alla prima squadra, e "Poldo" Conti, ala destra dal gran tiro e dallo spirito mordace, vedendolo sbarbatello, se ne esce con una battuta delle sue: "adesso facciamo giocare anche i balilla". Meazza sarà, da allora, per tutti, il balilla. Esile nel tronco, ma con gli anni e gli stravizi si irrobustirà, ha gambe straordinarie, una tecnica mai vista prima, lo scatto bruciante, il tiro secco e beffardo, un'elevazione naturale strepitosa, che si rivedrà soltanto in Pelè. Alto 169 cm, statura media ed anche di più per i tempi, Meazza è un centravanti letteralmente immarcabile. Il primo anno, nel campionato di prima divisione non ancora a girone unico, segna 12 reti. L'anno dopo, i gol sono 33. Nella stagione 1929-30, la consacrazione definitiva, il terzo scudetto della storia dell'Inter, il primo titolo di capocannoniere nel campionato a girone unico, il debutto nella nazionale allenata da Pozzo contro i maestri danubiani dell'Ungheria, bagnato da una memorabile tripletta. E' l'alba di una leggenda. L'Inter, ancora per un anno, conserverà la denominazione di Ambrosiana, assunta nel 1928. Poi, dal 1931 e fino al 1945 sarà chiamata Ambrosiana - Inter. (cfr. 1^ puntata, 2^ puntata3^ puntata, 5^ puntata)

domenica 26 aprile 2015

Graziano Pellè: 11 gol in Premier League, 111 gol in carriera

Da tre anni ormai, Pellè è un attaccante di caratura internazionale, sebbene molti se ne siano accorti soltanto durante la stagione in corso, con la convocazione in nazionale decisa Conte, ripagato con due gol in tre partite, e l'affermazione in Premier League con il Southampton: ieri doppietta ed 11 gol nella massima serie inglese per lui. Così Pellè, oggi il miglior centravanti italiano, è approdato a 111 gol in carriera. E stupisce che nessuna grande squadra italiana si faccia avanti per ingaggiarlo.

martedì 31 marzo 2015

Graziano Pellè a segno contro l'Inghilterra

Interrompe un digiuno lungo tre mesi Graziano Pellè e torna al gol in nazionale contro l'Inghilterra di Rooney e di Kane. Per Pellè si tratta del secondo gol in azzurro. Nel suo ruolo, quello di centravanti classico, è la prima scelta italiana in questo momento.

venerdì 27 marzo 2015

Tegola sulla Juve: grave infortunio a Marchisio in nazionale

Dopo Pogba, si fa male anche Marchisio, in nazionale, e, a quanto pare, in modo piuttosto serio, se davvero ci vorranno dai sei agli otto mesi per rivederlo in campo. Stagione finita, il che non sarà un problema in campionato, ma lo diventerà eccome in Champions, dove la fortuna si sta riprendendo con gli interessi quanto donato con i sorteggi di ottavi e quarti di finale. Con Pogba e Marchisio fuori, Allegri dovrà escogitare un nuovo centrocampo. Ora, ai bianconeri il Monaco fa più paura.

martedì 20 gennaio 2015

Beccalossi e la nazionale

Gianni Brera, con qualche indulgenza all'iperbole, sosteneva che Roberto Baggio a stento reggeva il confronto con il miglior Beccalossi. E forse esagerava. Vero è però che, a cavallo del 1980, Evaristo Beccalossi era il miglior 10 italiano. Mancino, estroso, amante dei ritmi blandi, barocco nel dribbling, ma chirurgico negli assist, spiazzante. Nessuna presenza in nazionale, però. Sebbene idolo nerazzurro, alter ego di Altobelli, vincitore di trofei. Bearzot non lo volle. Mai. Nemmeno una presenza di testimonianza come quella che Messina regalò a Mario Boni, altro sport, stessa storia. Perché? Spiegazione tecnica, tattica, caratteriale? Impuntatura, piuttosto, direi. Messina, anni dopo, ha dichiarato che a Boni avrebbe voluto dare più spazio. Bearzot ha, invece, sempre difeso la sua scelta di escludere il talento bizzoso di Beccalossi. Un'impuntatura più forte, direi.

domenica 19 ottobre 2014

Graziano Pellè non si ferma più, doppietta nella goleada del Southampton contro il Sunderland: per Pellè 102 gol in carriera

Gol all'esordio con la nazionale italiana, elezione a miglior giocatore della Premier League del mese ed oggi una doppietta nel roboante 8-0 che il suo Southampton ha rifilato al Sunderland. Graziano Pellè non si ferma più e diventano 102 i gol in carriera del possente centravanti salentino.

domenica 5 ottobre 2014

Massimo Maccarone: prodezza di tacco e gol n. 52 in serie A, gol n. 196 in carriera

Quando furoreggiava nell'under 21, di cui è uno dei massimi cannonieri con 11 reti, venne perfino convocato nella nazionale maggiore, anno di grazia 2002, commissario tecnico Trapattoni, pochi mesi prima dello sfortunato, per gli azzurri, mondiale nippocoreano. Oggi, dodici anni dopo, Maccarone, trentacinquenne mestierante del gol, segna una gran rete di tacco con la maglia dell'Empoli, quella sua di allora. Contro il Palermo, una delle tante ex squadre di questo attaccante esterno di parecchio talento. Nel mezzo tante partite, salite e discese, tra Italia ed Inghilterra, serie A e serie B. I suoi gol in serie A sono 52, i gol in carriera 196.