"La donzelletta vien dalla campagna, leggendo la Gazzetta dello Sport, e come ogni ragazza, lei va pazza per Meazza che fa reti a tempo di fox - trot". Era questo un motivo orecchiabile e popolarissimo negli anni '30, scherzoso adattamento de Il Sabato del Villaggio di Leopardi, che testimonia quanto Giuseppe Meazza fosse riuscito a scavalcare i confini dei campi di calcio, di cui era sovrano assoluto, per farsi divo popolare. E Meazza fu il leader tecnico dell'Inter per dodici lunghissime stagioni, dal 1927 al 1939, prima che gli si congelasse un piede per gravi problemi di circolazione. Agli inizi della stagione calcistica 1927-28, Meazza, classe 1910, viene aggregato alla prima squadra, e "Poldo" Conti, ala destra dal gran tiro e dallo spirito mordace, vedendolo sbarbatello, se ne esce con una battuta delle sue: "adesso facciamo giocare anche i balilla". Meazza sarà, da allora, per tutti, il balilla. Esile nel tronco, ma con gli anni e gli stravizi si irrobustirà, ha gambe straordinarie, una tecnica mai vista prima, lo scatto bruciante, il tiro secco e beffardo, un'elevazione naturale strepitosa, che si rivedrà soltanto in Pelè. Alto 169 cm, statura media ed anche di più per i tempi, Meazza è un centravanti letteralmente immarcabile. Il primo anno, nel campionato di prima divisione non ancora a girone unico, segna 12 reti. L'anno dopo, i gol sono 33. Nella stagione 1929-30, la consacrazione definitiva, il terzo scudetto della storia dell'Inter, il primo titolo di capocannoniere nel campionato a girone unico, il debutto nella nazionale allenata da Pozzo contro i maestri danubiani dell'Ungheria, bagnato da una memorabile tripletta. E' l'alba di una leggenda. L'Inter, ancora per un anno, conserverà la denominazione di Ambrosiana, assunta nel 1928. Poi, dal 1931 e fino al 1945 sarà chiamata Ambrosiana - Inter. (cfr. 1^ puntata, 2^ puntata, 3^ puntata, 5^ puntata)
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