Erling Haaland |
Blog di critica, storia e statistica sportiva fondato l'11 maggio 2009: calcio, ciclismo, atletica leggera, tennis ...
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lunedì 22 giugno 2020
Il ciclone Haaland: 44 gol in 39 partite. Goleador tremendo!
Classifica Serie A dopo 26^ giornata
Juve | 63 | Cagliari | 32 |
Lazio | 62 | Sassuolo | 32 |
Inter | 57 | Fiorentina | 30 |
Atalanta | 51 | Udinese | 28 |
Roma | 45 | Torino | 28 |
Napoli | 39 | Sampdoria | 26 |
Verona | 38 | Genoa | 25 |
Parma | 36 | Lecce | 25 |
Milan | 36 | Spal | 18 |
Bologna | 34 | Brescia | 16 |
domenica 21 giugno 2020
Inter-Samp: 2-1. Lukaku, Lautaro, Thorsby
sabato 20 giugno 2020
Tributo a Mario Corso, "il piede sinistro di Dio"
Il segreto di Corso stava nella caviglia? Anche, certo. Come quello di McEnroe sarebbe stato nel polso. Strabiliò con le sue punizioni a "foglia morta", che sembravano quelle a "folha seca" di Didì. Con la palla che sormontava la barriera e poi scendeva, anzi s'inabissava nella rete con il portiere immobile. Un prodigio tecnico, che le cronache degli anni '30 riconobbero anche al sommo Meazza. Chi volesse davvero farsi un'idea dell'estro impareggiabile di Mariolino Corso dovrebbe leggere "Il più mancino dei tiri" di Edmondo Berselli, anno 1995. Lì c'è tutto.
Nel 1960, arriva Herrera sulla panchina dell'Inter. E comincia subito con Corso una lunga, ma fertile antipatia. Herrera è un visionario. Opera una rivoluzione: preparazione atletica intensa, esercizi tattici frequenti, rigore alimentare e ricerca dell'intensità. Corso scalpita. Detesta allenarsi e trova insopportabile l'enfasi retorica del Mago. Che parla troppo per i suoi gusti. Non è il solo a pensarla così. Brera lo battezza "Habla Habla". Corso, mentre sprona la squadra, mormora invece un più incisivo: "tasi mona".
Tutti i campionissimi dell'Inter pendono dalle labbra di Herrera. Da Mazzola a Facchetti a Suarez. Tranne due: il capitano Picchi, che in campo si permette di dare ordini diversi da quelli del Mago, e Mario Corso, che porta in campo il calcio della strada, quello istintivo e primordiale. Non corre e men che meno rincorre, gioca dove la tribuna ombreggia il prato e si concede lunghe pause di contemplazione. È un'insubordinazione che Herrera non gli perdona: ogni anno il suo nome è il primo nella lista dei cedibili consegnata ad Angelo Moratti. Ma, Moratti, che aveva accontentato Herrera, mandando via Angelillo, Corso, lo difende. È il suo pupillo. Non solo non va via ma deve giocare titolare. Herrera si adegua. Seguiranno tre scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali. Molti i gol decisivi del suo mancino, di più gli assist. Nelle difficoltà, palla a Suarez o palla a Corso. È l'arma tattica più micidiale di quella squadra leggendaria.
Herrera va via nel 1968. Corso resta. E guida l'Inter, con Mazzola e Facchetti e Burgnich e Jair, ad un altro storico scudetto nel 1971 e alla finale di Coppa dei Campioni del 1972, persa contro l'Ajax di Crujff.
In nazionale, Corso gioca. Ma non quanto meriterebbe. Gli si rimprovera l'anarchia tattica. Come al solito. Ha più problemi di Rivera. Nell'ottobre del 1961, la nazionale italiana va in trasferta a Tel Aviv: doppietta di Corso nel 4-2 contro Israele. Il tecnico israeliano, stupito dalle magie di Corso, lo definisce il "piede sinistro di Dio".
Amatissimo dai tifosi, amatissimo dai presidenti, anche Massimo Moratti, condividerà la predilezione del padre, Corso è un simbolo intramontabile dell'Inter e dell'idea dell'Inter. Successore di Skoglund e predecessore di Beccalossi e di Recoba. Gli altri mancini che hanno reso romantica la storia della squadra più romantica.
Giocava con i calzettoni abbassati, Mariolino Corso. Tanto sapeva che i difensori avversari non l'avrebbero preso. Caracollava invece di correre. Poetava, prima che il calcio diventasse prosa. La terra gli sia lieve.
venerdì 19 giugno 2020
Il salto in lungo alle Olimpiadi
Bob Beamon, primatista olimpico nel salto in lungo: 8,90 m |
Atene 1896 | Ellery Clark | USA | 6,35 m |
Parigi 1900 | Elvin Kraenzelein | USA | 7,18 m |
Saint Louis 1904 | Myer Prinstein | USA | 7,34 m |
Londra 1908 | Frank Irons | USA | 7,48 m |
Stoccolma 1912 | Albert Gutterson | USA | 7,60 m |
Anversa 1920 | William Petersson | Svezia | 7,15 m |
Parigi 1924 | DeHart Hubbard | USA | 7,44 m |
Amsterdam 1928 | Ed Hamm | USA | 7,73 m |
Los Angeles 1932 | Ed Gordon | USA | 7,64 m |
Berlino 1936 | Jesse Owens | USA | 8,06 m |
Londra 1948 | Willie Steele | USA | 7,82 m |
Helsinki 1952 | Jerome Biffle | USA | 7,53 m |
Melbourne 1956 | Greg Bell | USA | 7,83 m |
Roma 1960 | Ralph Boston | USA | 8,12 m |
Tokyo 1964 | Lynn Davies | Regno Unito | 8,07 m |
Città del Messico 1968 | Bob Beamon | USA | 8,90 m |
Monaco 1972 | Randy Williams | USA | 8,24 m |
Montreal 1976 | Arnie Robinson | USA | 8,35 m |
Mosca 1980 | Lutz Drombowski | Germania Est | 8,53 m |
Los Angeles 1984 | Carl Lewis | USA | 8,54 m |
Seoul 1988 | Carl Lewis | USA | 8,72 m |
Barcellona 1992 | Carl Lewis | USA | 8,67 m |
Atlanta 1996 | Carl Lewis | USA | 8,50 m |
Sidney 2000 | Ivan Pedroso | USA | 8,55 m |
Atene 2004 | Dwight Phillips | USA | 8,59 m |
Pechino 2008 | Irving Saladino | Panama | 8,34 m |
Londra 2012 | Greg Rutherford | Regno Unito | 8,31 m |
Rio de Janeiero 2016 | Jeff Henderson | USA | 8,38 m |
giovedì 18 giugno 2020
L'Inter può vincere lo scudetto? Dipende da Conte
Bundesliga: 30 volte Bayern Monaco
mercoledì 17 giugno 2020
Finale Coppa Italia: Napoli-Juve 4-2
Partiamo dalla fine. Ha vinto il Napoli. E mi ero sentito di pronosticarlo perché la Juventus vista contro il Milan mi era parsa davvero malmessa. Il Napoli di Gattuso è invece ordinato, solido, compatto. E nella gara regolamentare ha fatto meglio, ha colpito due pali, ha avuto più occasioni, sopratutto nel finale. Pareggio a reti inviolate, si va direttamente ai rigori. Dal dischetto, due errori bianconeri di Dybala e Danilo.
Emblematica la faccia di Cristiano Ronaldo, mai visto giocare così male, dopo la partita. Prima di arrivare alla Juve, le finali di solito le vinceva.
Ultima notazione. Sarri ha perso contro il suo passato. C'era stato un Napoli di Sarri. Che ancora si ricorda. Una Juve di Sarri, invece, non s'è mai vista. Gioco lento, ripetitivo, senza strappi. Demme, da solo, ha messo nel sacco tutto il centrocampo bianconero. Soprattutto dopo l'ingresso del sopravvalutato Bernardeschi.
Messico e nuvole: Italia-Germania 4-3 50 anni dopo
"Messico e nuvole / La faccia triste dell'America / Il vento soffia la sua armonica / Che voglia di piangere ho" (Paolo Conte)
Sono passati 50 anni, tanti. Da quel 17 giugno 1970, quando l'Italia si fermò per assistere ad una partita, che sarebbe divenuta proverbiale. La semifinale dei campionati del mondo di Mexico '70, ancora nominati Coppa Rimet.
Targa celebrativa della partita del Secolo Italia-Germani 4-3, Mexico '70 |
La staffetta Mazzola-Rivera.
Mazzola spese il suo gioco dalle parti di Beckenbauer, libero a modo suo, cioè vero regista arretrato e primaria fonte del gioco tedesco, annullandolo. L'Italia era attenta, ma non guardinga e trovò prestò il gol, 8' del primo tempo, con un diagonale mancino di Boninsegna. Uno che nemmeno ci sarebbe stato in quei mondiali, senza l'infortunio di Anastasi. E che, a Cagliari, aveva faticato a trovare l'intesa con Riva. Da lì in poi, azzurri in controllo. Dopo l'intervallo, fuori Mazzola, tra i migliori, dentro Rivera. Ma, i tedeschi sembravano non averne. E la partita si avviava al tramonto senza grandi colpi di scena. Fino al recupero, quando l'ala sinistra alemanna Grabowski crossò in area per Schnellinger, che pare lì si trovasse per prima raggiungere gli spogliatoi e sfogarvi la delusione dell'eliminazione. E il terzino milanista segnò in spaccata. Difesa azzurra assente, dal libero Cera a Facchetti, apparso sotto tono. Pareggio e supplementari.
I supplementari.
Fu ai supplementari che una partita tutto sommato noiosa prese una piega inaspettata ed epica. Cinque gol cinque. Prima il mortifero centravanti tedesco Gerd Muller, a rapinare un pallone vagante in area piccola - nuovo errore sesquipedale della retroguardia azzurra -, poi, Riva, con magico sinistro incrociato a pareggiare. Quindi Burgnich, roccioso terzino mai domo a riportare avanti gli azzurri. Poi, ancora Muller a sorprendere Albertosi e, proprio lui, Rivera, sulla linea di porta. Ma lo sceneggiatore più geniale della storia del calcio volle che, ripreso il gioco, da Facchetti palla a Boninsegna, corsa sulla sinistra, cross e Rivera, proprio lui, ad insaccare di piatto destro alla destra di Maier, che si tuffava dalla parte opposta. Italia-Germania, che era ancora Germani Ovest per la verità, 4-3 e la fama di partita del secolo.
Il mito.
Sarei nato cinque anni più tardi, ma di quella partita ho sentito parlare sin da piccolo e ricordo il film sulla Rai che nel 1990 - prima dei mondiali di casa nostra, che avremmo dovuto vincere e non vincemmo - ne rievocò il clima, i sentimenti e gli umori. Ne ho letto mille e mille volte. Resoconti ed interviste. Ho visto e rivisto quella partita. Che, a dirla tutta, non fu bella, anzi piena di errori, però, provate a trovarne un'altra, più simbolica, più iconica e, sì, più rappresentativa di quel mistero senza fine bello, parole di Brera, che è il calcio. Sono 50 anni oggi. Ma, è come fosse ieri.
Città del Messico, Stadio Azteca
Mercoledì 17 giugno 1970, ore 16:00
Italia-Germania Ovest 4-3 d.t.s.
9^ Coppa Rimet (Semifinali)
Italia: Albertosi (Cagliari), Burgnich (Inter), Facchetti (Inter) -cap.-, Bertini (Inter), Rosato (Milan), Cera (Cagliari), Domenghini (Cagliari), Mazzola (Inter), Boninsegna (Inter), De Sisti (Fiorentina), Riva (Cagliari) - Sostituzioni: Rivera per Mazzola 46', Poletti (Torino) per Rosato 91' - C.T.: Ferruccio Valcareggi.
Germania Ovest: Maier, Vogts, Patzke (65' Held), Beckenbauer, Schnellinger, Schulz, Gabrowski, Seeler - cap. -, Gerd Muller, Overath, Lohr - C.T.: H. Schon.
Arbitro: Yamasaki (Messico)
Reti: Boninsegna (I) 8', Schnellinger (G) 90', G. Muller (G) 94', Burgnhic (I) 98', Riva (I) 104', G. Muller (G) 110', Rivera (I) 111'.
Spettatori: 105.000 circa.
martedì 16 giugno 2020
Inter: Sebastiano Esposito merita più spazio
Tour de France 1982: Hinault IV
Tour de France 1982 |
All'epoca, gli italiani disertavano in massa il Tour. Il meglio piazzato risultò lo scalatore Mario Beccia, trentatreesimo a 52'35".
lunedì 15 giugno 2020
La stagione di Conte all'Inter: il bivio
Tour de France 1978: la prima di Hinault
Tour de France 1978 |
Bernanrd Hinault, 1978 |
sabato 13 giugno 2020
Napoli-Inter: 1-1. Conte fallisce ancora. Napoli in finale di Coppa Italia
venerdì 12 giugno 2020
Juve-Milan 0-0. Juve in finale di Coppa Italia
Classifica dei goleador nelle fasi finali di Mondiali, Europei e Coppa America
- Mondiali
- Europei
- Copa America
Calciatore | Paese | Mondiali | Europei | Copa America | Totale |
1. Ronaldo da Lima | Brasile | 15 gol | - | 10 gol | 25 gol |
2. Gabriel O. Batistuta | Argentina | 10 gol | - | 13 gol | 23 gol |
3. Pelé | Brasile | 12 gol | - | 8 gol | 20 gol |
4. Miroslav Klose | Germania | 16 gol | 3 gol | - | 19 gol |
5. Zizinho | Brasile | 2 gol | 17 gol | 19 gol | |
6. Gerd Muller | Germania Ovest | 14 gol | 4 gol | - | 18 gol |
7. Norberto Mendez | Argentina | - | - | 17 gol | 17 gol |
8. Cristiano Ronaldo | Portogallo | 7 gol | 9 gol | - | 16 gol |
9. Jurgen Klinsmann | Germania | 11 gol | 5 gol | - | 16 gol |
10. Jair Rosa Pinto | Brasile | 2 gol | 13 gol | 15 gol | |
11. Paolo Guerrero | Perù | 1 gol | - | 14 gol | 15 gol |
12. Hector Scarone | Uruguay | 1 gol | - | 13 gol | 14 gol |
13. Lionel Messi | Argentina | 6 gol | - | 8 gol | 14 gol |
14. Edu Vargas | Cile | 1 gol | - | 13 gol | 14 gol |
15. Just Fontaine | Francia | 13 gol | - | - | 13 gol |
16. Michel Platini | Francia | 4 gol | 9 gol | - | 13 gol |
17. David Villa | Spagna | 9 gol | 4 gol | - | 13 gol |
18. José M. Moreno | Argentina | - | - | 13 gol | 13 gol |
19. Bebeto | Brasile | 6 gol | - | 6 gol | 12 gol |
20. Gonzalo Higuain | Argentina | 5 gol | - | 7 gol | 12 gol |
21. Rudi Voeller | Germania | 8 gol | 4 gol | - | 12 gol |
22. Roberto Porta | Uruguay | - | - | 12 gol | 12 gol |
23. Angel Romano | Uruguay | - | - | 12 gol | 12 gol |
24. Sandor Kocsis | Ungheria | 11 gol | - | - | 11 gol |
25. Herminio Masantonio | Argentina | - | - | 11 gol | 11 gol |
26. Victor Ugarte | Bolivia | - | - | 11 gol | 11 gol |
Inter si decide la stagione: domani Napoli-Inter
La stagione dell'Inter entra, anzi rientra, nel vivo. La semifinale di ritorno di Coppa Italia, contro il Napoli, dopo lo 0-1 casalingo dell'andata, è il primo serio crocevia di un'annata calcistica anomala, ancora suscettibile di assumere qualunque piega. Può essere un successo, una transizione o un fallimento. E credo che Conte e Marotta lo sappiano.
Classifica dei primi dieci goleador in attività
Cristiano Ronaldo | Portogallo | 737 gol |
Lionel Messi | Argentina | 710 gol |
Zlatan Ibrahimovic | Svezia | 546 gol |
Robert Lewandowski | Polonia | 478 gol |
Luis Suarez | Uruguay | 473 gol |
Sergio Aguero | Argentina | 422 gol |
Klaas-Jan Huntelaar | Olanda | 418 gol |
Edinson Cavani | Uruguay | 403 gol |
Neymar | Brasile | 379 gol |
Wayne Rooney | Inghilterra | 363 gol |
Il mito di Roberto Rivelino
Rivelino, all'anagrafe brasiliana, Roberto Rivellino, è stato uno dei massimi calciatori della storia brasiliana. Di schiette origini italiane, intraprese la sua leggendaria carriera nel Corinthians di San Paolo. Numero 10, nel Paese, il Brasile, dove quel numero aveva assunto, già prima di Pelé, una dimensione simbolica, narrativa, immaginifica e quasi magica. Quando ancora in Europa si delirava per il 9, il centravanti, i brasiliani subivano l'incantamento delle giocate impreviste e spettinate dei grandi artisti, di cui il 10 sulla maglia era il primo e più immediato segno di distinzione.
Ai mondiali messicani del 1970, Rivelino è uno dei cinque numeri dieci che l'allenatore Zagallo, già due volte campione del mondo con la nazionale verdeoro da giocatore, pretende di far convivere. Con lui ci sono Gerson, Jairzinho, Tostao e sua maestà Pelè. Il dieci, noblesse oblige, andrà a quest'ultimo, Tostao si adatterà a giostrare da centravanti, Jairzinho agirà da ala destra, Gerson da mezzala e Rivelino andrà all'ala sinistra. Sarà un trionfo. Rivelino incanta.
Brasile 1970 Rivelino è alla sinistra di Pelé |
Ai mondiali tedeschi del 1974, con il precoce ritiro dal calcio di Tostao e l'abbandono della nazionale da parte di Pelè, sarà proprio Rivelino il giocatore simbolo del Brasile, il cui sogno s'infrangerà contro il gioco totale dell'Olanda. Quarto posto finale.
Il giovane Maradona, argentino, e perciò poco propenso all'ammirazione dei brasiliani, confesserà, all'apice della fama, di essersi ispirato a due campioni degli anni '70: il connazionale Bochini e, come si sarà intuito, Roberto Rivelino. Maestro del dribbling, dell'assist e del tiro.