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martedì 9 gennaio 2024

Franz Beckenbauer: il libero!

I tedeschi sono stati letteralmente inventati da Tacito. Che senza mai essere stato nella c.d. Germania storica, scrisse "De origine et situ Germanorum", opera etnografica, con molte concessioni che oggi potremmo definire romantiche, che fissò i canoni e fotografò l'anima di una nazione tedesca, prima che questa esistesse. Franz Beckenbauer, non a caso soprannominato, Kaiser, Cesare, era non solo tedesco ma anche un romano post litteram. Comandava, in mezzo al campo, come il capo di una legione, venendo prontamente obbedito da tutti i compagni e parimenti temuto da tutti gli avversari. Prima centrocampista, finalista ai mondiali inglesi del 1966, poi, nel Bayern Monaco e in nazionale, libero, in italiano, perché il ruolo pur accennato in Svizzera negli anni '30, era stato cesellato in Italia e condotto a visibilità da Cesare Maldini, nel Milan, e, più ancora, da Armando Picchi nell'Inter di Helenio Herrera. A quel ruolo, Beckenbauer, dotato di tecnica sublime e di lucidissima visione del gioco, aggiunse di suo un'interpretazione offensiva e audace, persino sfacciata, che non solo gli faceva iniziare, recuperato il pallone, tutte le azioni, ma che lo portava persino a concludere, dopo perentorie discese palla al piede. Palla che non guardava mai, non avendone bisogno, la testa sempre alta. Dopo di lui, si sarebbe parlato di libero "alla tedesca": Stielike, ma anche Matthaeus e Thoen a fine carriera, Sammer s'ispirarono a Beckenbauer. Come pure, in Italia, Scirea e Franco Baresi. Vinse moltissimo, cinque volte la Bundesliga, tre volte la Coppa dei Campioni, dal 1974 al 1976, gli Europei nel 1972 e poi i mondiali di casa, nel 1974. Contro l'Olanda di Cruijff, che fu il suo rivale mediatico nei primi anni '70. L'Olanda incarnava lo spirito dei tempi, lo Zeitgeist, la ribellione alle convenzioni, il rifiuto di ruoli prestabiliti, il tourbillon come filosofia di gioco. La Germania di Beckenbauer era, invece, un concentrato di forza e di tenacia, di rifiuto ingenuo, ecco tacitiano, della sconfitta, esaltato dall'elegantissima leadership di Kaiser Franz. Fu due volte Pallone d'Oro e concluse la carriera ai Cosmos di New York. Rivinse i mondiali da commissario tecnico nel 1990, dopo la sconfitta in finale del 1986. L'ultimo successo della Germania Ovest, prima della riunificazione. Poi fortunato dirigente del suo Bayern. Un'icona del calcio. 

giovedì 18 giugno 2020

Bundesliga: 30 volte Bayern Monaco

Ha vinto anche l'edizione 2019/20 della Bundesliga, il Bayern Monaco. Ottavo titolo consecutivo, trentesimo assoluto. Un dominio nettissimo, laddove si consideri che, dietro la schiacciasassi bavarese c'è il Norimberga, con nove titoli, l'ultimo dei quali, però, risale al 1968! Per di più, attualmente, il Norimberga milita nella serie B tedesca.

La tirannia del Bayern Monaco sul calcio alemanno è tanto più significativa, se si pensi che, dopo il primo scudetto del 1932, dovette aspettare 37 anni per il secondo, nel 1969. Insomma, ancora fino a tutti gli anni '60, non solo il Norimberga, ma anche il Borussia Dortmund e l'Amburgo e il Colonia e lo Shalke 04 avevano fatto meglio.

Tutto cambiò quando un'irripetibile generazione di talenti, da Maier a Beckenbauer a Gerd Muller si ritrovò a vestire assieme la maglia del Bayern Monaco: tre titoli nazionali consecutivi dal 1972 al 1974 (ma anche tre Coppe dei Campioni consecutive dal 1974 al 1976). Ma, in rampa di lancio, per il ruolo di nuovo dominatore della Bundesliga, era anche il Borussia Monchengladbach di Berti Vogts, che aveva vinto nel 1970 e 1971 e avrebbe vinto anche nel 1975, 1976 e 1977. Prevalse il Bayern. Con la sua nuova stella, Karl Heinz Rummenigge, giunsero i titoli del 1980 e del 1981. Quindi una tripletta, con Lothar Matthaus e Brehme e Augenthaler tra il 1984 e il 1987, quando avvenne il sorpasso, con 10 titoli a nove, ai danni del Norimberga. Dopo di allora, altri 33 campionati di Bundesliga - nel frattempo alla Germania Ovest si sarebbe riunita la Germania Est - e 20 titoli, per giungere ai 30 di oggi!

Molte nobili del calcio tedesco di un tempo, soprattutto Amburgo e Colonia, sono decadute. Ha tenuto botta soltanto il Borussia Dortmund, che, negli ultimi 33 anni ha vinto cinque titoli. E poi il Werder Brema, che ne ha assommati tre. Per gli altri, soltanto le briciole. Poco, per ritenere davvero competitivo il campionato tedesco. Eppure la Germania, sempre considerando gli ultimi 33 anni, ha vinto: 2 Mondiali (1990 e 2014), 1 Europeo (1996) ed è stata ai mondiali anche una volta seconda (2002) e due volte terza (2006 e 2010), giocando altresì due finali europee (1992 e 2008).

lunedì 30 marzo 2020

Pallone d'oro 1972: 1. Beckenbauer. 2. Gerd Muller 3. Netzer

La Germania Ovest vince i campionati europei del 1972 e piazza tre giocatori in cima alla classifica del pallone d'oro. Franz Beckenbauer vince, è il Kaiser, dal latino Caesar, con la c pronunciata dura, è un elegantissimo libero, già superbo centrocampista, che reinventa il ruolo reso illustre da Picchi. Legge in anticipo le traiettorie, domina nel gioco aereo ed esce palla al piede, con finte e dribbling. Comanda il gioco, muovendo dalle retrovie. E, qualche volta, attraversa tutto il campo fino a battere a rete. Il libero alla tedesca. Dopo di lui verranno Stielike ma anche Matthaus, Schuster e Thoen, dopo gloriose stagioni spese a centrocampo, e Sammer. Secondo Gerd Muller, centravanti brevilineo, tozzo e sgraziato, mortifero in aera di rigore, sempre in anticipo sui difensori. Un goleador tremendo. Terzo è Gunther Netzer, che, per una volta, gioca al posto del grande rivale Overath, mancino compassato ed elegante, tutto raziocinio, mentre Netzer è un dieci potente, dalla grande progressione e dal tiro violento e preciso. Ha 48 di piede, eppure un controllo assoluto del pallone. Johann Cruijff è solo quarto, davanti al grande rivale nel suo Ajax, Keizer. Un litigio fra i due, per la fascia di capitano, farà sì che Crujff, l'anno dopo, lasci Amsterdam per Barcellona.

giovedì 13 febbraio 2020

Il calcio degli anni '70: da Pelé a Cruijff, da Cubillas a Figueroa

Il calcio degli anni '70 è spesso dimenticato, con l'eccezione di rievocazioni occasionali e per se stesse insufficienti, tanto che molti dei maggiori protagonisti di quell'epoca ancora romantica della pelota sono per lo più degli sconosciuti per le nuove generazioni. Proviamo a rimediare? 

  • Gli anni '70 cominciano con i mondiali messicani, che vedono il successo del maggior campione del decennio precedente, Pelé, guida tecnica del Brasile delle meraviglie, che mette assieme a lui altri quattro numeri 10, Gerson, Jairzinho, Tostao e Rivelino. Un caleidoscopio di classe allo stato puro, con cui il tecnico verdeoro Zagallo smentisce in una volta sola tutte le più scombinate teorie sugli equilibri, il gruppo e la tattica. La prevalenza del talento! Tanto più che il terzino destro, Carlos Alberto, è un fantasista egli pure, dal tocco prezioso e dalla corsa possente, mentre la direzione del gioco è affidato alla ventunenne stella del Santos di Pelé, Clodoaldo. C'è un filmato della finale, che mostra Clodoaldo uscire dal pressing italiano con quattro dribbling consecutivi, con massima eleganza, senza sforzo.

  • Il calcio totale d'Olanda è una rivoluzione, che abbaglia e frastorna. C'è del bello nella novità. Giocatori polivalenti, tutti addestrati fin dalle giovanili al possesso del pallone e alla consapevolezza tecnica, tutti capaci d'interpretare più ruoli e di scambiarsi le posizioni in campo. Ma, c'è anche un equivoco, sottostimato. Nel paese dei tulipani, per una congiura di circostanze fortunate, è fiorita, attorno al magnifico Cruijff, una generazione di talenti irripetibile: Neeskens, Rep, Rensenbrink, Krol, Van Hanegem. E si potrebbe continuare. Non a caso, al tramonto di quest'epoca bella, l'Olanda, dopo i secondi posti ai mondiali del 1974 e del 1978, fallirà le qualificazioni a Spagna 1982 e Messico 1986. Come a dire che l'organizzazione del gioco è sì importante ma non può supplire al valore degli interpreti.

  • Il calcio totale trova molti imitatori anche in Italia. A cominciare dal Torino di Radice, che vince lo scudetto nel 1976. Anche in questo caso, però, al netto dell'efficacia del pressing a tutto campo, dell'aggressività e tutto il resto del credo laico olandese, ci sono grandi giocatori a fare la differenza, dal portiere Castellini, ai gemelli del gol Pulici (3 titoli di capocannoniere) e Graziani, da Zaccarelli e Pecci a centrocampo all'estrosa ala Claudio Sala

  • Nelle coppe europee, si registra il passo indietro dell'Italia, che perde due volte contro l'Ajax di Cruijff la finale di Coppa dei Campioni, nel 1972, con l'Inter, nel 1973, con la Juve. Ajax, dal 1971 al 1973, e Bayern Monaco, dal 1974 al 1976, mettono a segno tris storici.

  • Poi, comincia il lungo dominio inglese, che si estenderà ai primi anni '80. Apristrada il Liverpool di Bob Paisley (subentrato ad un altro tecnico di caratura straordinaria come Bill Shankly) e prosegue il Nottingham Forrest di Brian Clough. Il calcio inglese cambia pelle, mantiene forza, corsa e atletismo, oltre a stadi carichi di passione che mettono in soggezione chiunque oltrepassi le bianche scogliere di Dover, ma inizia a farsi strada anche un gioco meno scontato, da palla lunga e pedalare, dai cross a ripetizione, si vira verso il pass and move. Kevin Keegan, ala destra dal gol facilissimo, sarà due volte pallone d'oro, nel 1978 e nel 1979, ma mancherà la qualificazione ad Argentina '78, venendo l'Inghilterra eliminata proprio dall'Italia.

  • Ai mondiali del 1974, si fa notare la Polonia, terza, del capocannoniere Lato e del centrocampista Deyna. L'Italia, data favorita, va fuori al primo turno. Arriva il congedo di tre giganti del calcio italiano, tutti intorno ai 30 anni: Sandro Mazzola, Gianni Rivera e Gigi Riva. Chinaglia, che aveva appena trascinato la Lazio di Maestrelli ad uno storico scudetto, litiga con Valcareggi e quella resterà l'immagine di una spedizione fallimentare. Resta uno dei centravanti migliori di tutta la sua generazione. Quando parte in progressione e s'ingobbisce ricorda Nordahl. Non è marcabile. Lo ricorderanno, ciascuno a suo modo, prima Elkjaer poi Vieri.

  • I mondiali del 1978, nell'Argentina dei colonnelli, registra il canto del cigno dell'Olanda, battuta in finale, tra le polemiche, dai padroni di casa, capitanati da un libero leggendario, Daniel Passarella, ruvidissimo in marcatura, ma con un mancino raffinato. È la stella della squadra, con l'atipico attaccante Kempes, capocannoniere del torneo, il virtuoso centrocampista Ardiles, dalla tecnica funambolica, la potente ala destra Daniel Bertoni, che negli anni '80 sarebbe sbarcato in Italia, brillando tra Firenze e Napoli. Menotti, tecnico dell'Albiceleste, si concede il lusso di non convocare il giovane Maradona. Che diventerà il più grande di tutti. Ai mondiali argentini, davanti all'Italia quarta, giunge terzo il Brasile, dilaniato dalla rivalità tra Zico, 10 dal dribbling secco, e il mancino al fulmicotone di Dirceu. Entrambi, nei luccicanti anni '80, verranno a giocare in Italia: Zico all'Udinese, Dirceu al Verona, al Napoli, all'Ascoli, al Como e all'Avellino. In quel Brasile, più forte di quanto si sia poi raccontato, giocano anche un goleador implacabile come il centravanti Roberto Dinamite e il fantasista offensivo Reinaldo, più l'elegantissimo Mendonca e il sommo Rivelino, unico reduce del successo iconico ai mondiali messicani del 1970.

  • Due giocatori sudamericani, che non provengono dalle potenze tradizionali di Brasile e Argentina ed Uruguay, caratterizzano il decennio. Il 10 peruviano Cubillas, dal tiro poderoso e dalla progressione implacabile: 5 gol a Messico '70, 5 gol ad Argentina '78; il libero cileno Figueroa, uno dei massimi difensori della storia del calcio.

  • Dopo anni di anonimato, riprende vigore anche il calcio dell'est. Della Polonia s'è detto. Nel 1976, a sorpresa, è la Cecoslovacchia a vincere i campionati europei. Panenka segna, con il primo cucchiaio che si ricordi, il rigore decisivo nella finale contro la Germania Ovest di Beckenbauer e di Gerd Muller. Brilla anche la Jugoslavia di Dzajic, già capocannoniere degli Europei vinti dall'Italia nel 1968. Un anno prima della rassegna continentale, c'era stata la vittoria della Coppa delle Coppe da parte della Dinamo Kiev dal calcio super organizzato di Lobanovskij: la stella è Oleg Blochin, velocissimo attaccante che viene premiato con il pallone d'oro.

  • La nazionale olandese è la squadra del decennio, eppure perde le due finali che gioca: quella del 1974, battuta dalla formidabile Germania Ovest di Franz Beckenbauer, libero e condottiero, del dominatore dell'area di rigore, Gerd Muller, del portierone Sepp Maier e del ruvido marcatore Berti Vogts; quella del 1978, come detto, contro l'Argentina. La sua importanza, considerate anche le straordinarie analogie fra le due compagini, è pari a quella dell'Ungheria favolosa degli anni '50. Essa pure sconfitta ai mondiali svizzeri del 1954 dalla Germania Ovest. Il capitano dei tedeschi è il citato Franz Beckenbauer, due volte pallone d'oro, già centrocampista formidabile a inizio carriera, è diventato un libero favoloso, che contrasta, riparte, ispira e conclude. Contende a Cruijff il titolo di asso del decennio.

  • In Italia, prevale la Juve, che si aggiudica cinque campionati su dieci. Gli altri vanno a Cagliari (1970), Inter (1971), Lazio (1974), Torino (1976) e Milan (1979). Segno che la serie A, peraltro priva di calciatori stranieri, è competitiva ed aperta a molti esiti diversi. Non ho memoria di un altro decennio con sei squadre diverse capaci di raggiungere il titolo nel nostro campionato, a parte il decennio immediatamente successivo.

  • La nazionale italiana è seconda ai mondiali del 1970, guidata da Ferruccio Valcareggi, e quarta a quelli del 1978, guidata da Enzo Bearzot, giocando un calcio bello ed efficace, grazie anche alla freschezza di due esordienti come Cabrini e il rapidissimo centravanti Paolo Rossi, che sarà poi l'eroe del terzo mondiale vinto dall'Italia, quattro anni dopo: nel mezzo la ricordata delusione del 1974.

  • Il Pallone d'Oro premia, come ricordato, tre volte l'olandese Cruijff. Due volte è assegnato al tedesco Beckenbauer (1972, 1976). Nel 1970 aveva vinto un altro tedesco, dell'Ovest, perché allora c'erano due Germanie, Gerd Muller, capocannoniere del mondiale messicano con 10 gol. Nel 1974 vince il sovietico, ucraino, Oleg Blochin, velocissimo attaccante della Dynamo Kiev dal calcio super organizzato di Lobanovskyi. Nel 1977, la minuta ala destra danese Simonssen. Nel 1978 e nel 1979, il ricordato inglese Keegan.

  • Dino Zoff è il miglior portiere del decennio. Altri grandi numeri uno sono il tedesco Maier, l'inglese Banks e l'altro inglese Clemence. Tra gli attaccanti, oltre a Gerd Muller, meritano una citazione Gigi Riva, fuoriclasse di caratura mondiale dal sinistro irresistibile che regala uno storico scudetto al Cagliari proprio all'alba del decennio, Roberto Bettega, tra i migliori colpitori di testa della storia, e l'austriaco Krankl.

  • Nella seconda metà del decennio, si affacciano alla ribalta due fuoriclasse che brilleranno nel firmamento del calcio mondiale anche nei primi anni '80. Michel Platini, regista francese dal tocco felpato e dalla lucidissima visione di gioco, elegante e tremendamente efficace sia nell'assist che al tiro. Non affronta contrasti, perché si libera del pallone sempre un attimo prima che il difensore possa intervenire. Farà più avanti la fortuna della Juve. Karl Heinze Rummenigge, attaccante tedesco dalle cosce ipertrofiche e dalla progressione irresistibile, che ha tecnica da fantasista e doti acrobatiche uniche. Comincia ala destra nel Bayern di Beckenbauer, fa la mezzala, l'ala sinistra e il centravanti. Arriverà all'Inter nel 1984, con il meglio della carriera alle spalle e una struttura muscolare tanto poderosa quanto fragile, che gli costerà molti infortuni.

lunedì 29 aprile 2019

Storia del ruolo del libero: il catenaccio

  1. Il catenaccio è, oggi, il più disprezzato e incompreso sistema di gioco nel calcio. Eppure ha dato frutti copiosissimi, specialmente alle squadre italiane. Nato in Svizzera, negli anni '30, dietro l'intuizione del tecnico austriaco Karl Rappan, che tolse uno dei tre attaccanti, per aggiungere un battitore libero, che agisse dietro i difensori, rimediasse ai loro errori, sapesse leggere le traiettorie e spazzasse l'area di rigore, il catenaccio fu perfezionato in Italia, da Viani, alla Salernitana. Per raggiungere vette di eccellenza con Nereo Rocco, al Milan, ed Helenio Herrera, all'Inter, che vi si convertì dopo essere giunto in Italia con la fama di spregiudicato offensivista: il suo Barcellona, illuminato dal genio di Suarez, che poi volle all'Inter, e Kubala, faceva gol a grappoli e batteva in campionato il Real Madrid delle cinque Coppe dei Campioni consecutive. Capì, da noi, quanto importante fosse la difesa e, più ancora, la fase difensiva. L'Italia, di Coppe dei Campioni, se ne aggiudicò quattro negli anni '60, 2 con il Milan e 2 con l'Inter, con squadre attrezzate per difesa e contropiede, sebbene anche ricche di estro e di giocatori estrosi. E il catenaccio, che nel libero aveva la propria pietra d'angolo, divenne decisivo e proverbiale e, secondo alcuni, Brera su tutti, didascalico di una vocazione nazionale.
  2. Il libero, dicevo, è stato, checché ne dica la vulgata dispregiativa, una delle ultime grandi invenzioni della tattica calcistica. Armando Picchi fu il primo grandissimo interprete del ruolo. Studiato dappertutto, come dappertutto fu studiato il modo di giocare di Facchetti, primo terzino sinistro capace di attaccare come un'ala e di segnare come un centravanti. Picchi aveva a lungo giostrato da terzino, con esiti buoni ma non memorabili. Divenuto libero, il suo carisma, la sua acutissima intelligenza calcistica, la sua innata capacità di posizionarsi dove il pallone sarebbe finito o potuto finire, la sua pulizia di battuta, ne fecero il perno della Grande Inter, capace di resistere indenne agli assalti dei migliori attacchi del tempo. I tedeschi, che criticano gli italiani, ma nel fondo li ammirano fino alla gelosia, furono i primi in Europa ad abbracciare la nuova filosofia. Franz Beckenbauer, ch'era stato centrocampista grande, divenne libero sommo. Conferendo al ruolo le peculiarità della sua maestria tecnica e della sua esuberanza atletica. Non solo chiudeva in ultima battuta, ma usciva dalle situazioni più intricate palla al piede, lanciava o scambiava con i centrocampisti, spesso arrivando a liberare il suo gran tiro. Elegante e comandante. Il Kaiser. E nacque il libero alla tedesca. Stielike e Sammer avrebbero giocato come lui. Nati centrocampisti. Anche Schuster, Thon e Matthaus avrebbero chiuso la carriera da liberi. Alla tedesca. La rivoluzione di Beckenbauer avrebbe ispirato un'interpretazione più offensiva del ruolo anche in Italia. Scirea, tecnicamente superiore, Franco Baresi ma anche Graziano Bini sarebbero stati liberi eleganti e primi registi della squadra. Nello stesso periodo, in Argentina, Daniel Passarella, al netto delle durezze tipiche del suo calcio, avrebbe fatto il libero a quel modo, grazie ad un sinistro chirurgico. Ancora ai mondiali del 1982, tanto per dire, le punizioni erano una sua privativa, sebbene con lui giocasse il giovane Maradona. Stesso di discorso per il cileno Figueroa, leader della difesa e della squadra, uno dei migliori giocatori del mondo in assoluto degli anni '70, e per Krol, che nato terzino sinistro nell'Ajax e con l'Olanda, da libero incantò nella seconda parte della carriera e fu un idolo della tifoseria del Napoli nei primi anni '80.
  3. Il catenaccio entrò in crisi alla fine degli anni '80, con il sacchismo, avendo invece resistito alla rivoluzione del calcio posizionale degli olandesi degli anni '70. Si passò alla difesa a zona, all'affollamento in mezzo al campo, al fuorigioco sistematico, al fallo tattico, al pressing ossessivo. Soprattutto, si abdicò al calcio verticale. Ed entrò in crisi anche il ruolo di libero. Come entrò in crisi il ruolo del n. 10, del giocatore di classe e fantasia, di cui non si tolleravano più le pause. I calciatori si trasformarono in qualcosa di molto vicino ai culturisti. Diminuì la cifra tecnica complessiva. Il gioco si velocizzò moltissimo. L'ultimo esempio di grande libero vincente, fu, nell'Inter di Simoni, Beppe Bergomi: lo storico capitano nerazzurro già grandissimo terzino destro-marcatore, che si era disimpegnato anche a sinistra, con Hodgson, e da stopper, all'occorrenza, divenne il perno difensivo di una squadra, illuminata dal talento futurista di Ronaldo da Lima, capace di vincere la Coppa Uefa e di sfiorare uno scudetto, che, sul campo, avrebbe meritato: anno di grazia 1998.


lunedì 5 giugno 2017

Classifica dei primi dieci difensori goleador della storia del calcio

Provo a proporre una classifica, da aggiornare, dei primi dieci difensori goleador della storia del calcio, precisando che, alcuni di loro, hanno fatto la spola tra centrocampo e difesa. Per quanto siano stati, per lo più, difensori. Escludo il grandissimo Breitner, che, dopo alcuni anni da terzino sinistro, spese la più parte della carriera a centrocampo. E Sammer, che giocò a lungo a centrocampo, e fu poi libero alla tedesca.


  1. Ronald Koeman 253 gol
  2. Daniel Passarella 175 gol
  3. Fernando Hierro 156 gol
  4. Laurent Blanc 152 gol
  5. Roberto Carlos 122 gol
  6. Franz Beckenbauer 113 gol
  7. Sinisa Mihajlovic 106 gol
  8. Giacinto Facchetti 78 gol
  9. Andreas Brehme 73 gol
  10. John Terry 73 gol

mercoledì 25 giugno 2014

Le brutte dichiarazioni di Buffon e De Rossi

Ma quanta insopportabile protervia! Buffon e De Rossi hanno reso dichiarazioni imbarazzanti accolte dalla piccola stampa italiana come fossero un nuovo discorso della montagna. Prima di tutto, reduci da un pessimo mondiale, avrebbero dovuto usare l'accortezza di tacere. Poi, avrebbero dovuto evitare attacchi personali a Balotelli, che non ha fatto peggio di loro. Anzi. Balotelli ha fallito l'occasione, sia chiaro, e voglio scriverlo con chiarezza. Ma, Buffon e De Rossi non hanno titoli per potersi impancare a censori. Mai, in passato, si sono addossate ai compagni le responsabilità di una sconfitta. Certi atteggiamenti da capetti, come quelli di Buffon e De Rossi, sono imperdonabili. Buffon ha dormito in occasione del gol della Costa Rica o l'ha dimenticato? De Rossi ha soltanto camminato e mai corso in questo mondiale, sbagliando appoggi elementari. O forse crede di essere Beckenbauer?  Per questa ragione, voglio segnalare un articolo apparso su Il Sole 24 ore che sull'argomento è illuminante. Qualunque cosa avessero avuto da ridire non avrebbe dovuto varcare le soglie degli spogliatoi. Spero che Buffon e De Rossi abbiano chiuso con la nazionale.

lunedì 19 maggio 2014

Storia dei mondiali di calcio: 11^ puntata (1974, la Germania Ovest trionfa in casa, fuori l'Italia al primo turno)

Una lunga imbattibilità di Zoff, vittorie in serie contro grandi avversarie, l'Italia si avvia ai mondiali del 1974, ospitati dalla Germania Ovest, con i gradi di favorita. Sarà una disfatta, figlia di divisioni interne, le solite tra Rivera e Mazzola, ma anche figlia del tramonto di una generazione. Riva, dopo tanti infortuni, ha perso scatto e potenza. Il centravanti della Lazio campione d'Italia, invece, il possente Chinaglia perde le staffe e litiga con Valcareggi davanti alle televisioni di tutto il mondo. Clima teso, la Polonia sorpresa di quell'edizione dei mondiali, ci elimina al primo turno. Tutti pronosticano una vittoria dell'Olanda delle meraviglie, la cosiddetta "arancia meccanica" dal titolo dello sconvolgente film di Kubrick del 1971, calcio totale, tanti eclettici che si scambiano ruoli e posizioni, corsa, tecnica raffinata, ma anche forza ed acume tattico, Cruijff, Neeskens, Krol. Quell'Olanda è talmente forte che costringe i brasiliani campioni uscenti a picchiare per tutta la partita, difficile da credersi ma accadde proprio questo. In finale, l'Olanda sfida i padroni di casa. Una fittissima rete di passaggi dopo il fischio d'inizio, poi, palla a Cruijff, che dribbla in accelerazione uno, due, tre tedeschi e viene atterrato in area. Rigore, fucilata di Neeskens e Sepp Maier è battuto. I tedeschi accusano il colpo ma sono sempre quelli descritti da Tacito: fingono e credono. Fingono di essere più forti degli olandesi e ci credono fino a ribaltare il risultato. Pareggio su rigore di Breitner, terzino sinistro dal tiro violento, che poi passerà a centrocampo il resto della carriera, ed il solito gol del solito Gerd Muller. Franz Beckenbauer può alzare la coppa. Germania Ovest per la seconda volta campione del mondo. Lato, ala della Polona che giunge a sorpresa terza, è capocannoniere con sette reti: uno dei giocatori rivelazione della manifestazione, assieme ai connazionali Deyna e Szarmach, autori di 3 e 5 gol. Si distingue anche il longilineo centravanti svedese Edstrom, che segna 4 reti.  (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata7^ puntata8^ puntata9^ puntata, 10^ puntata, 11^ puntata, 12^ puntata)

venerdì 16 maggio 2014

Storia dei mondiali di calcio: 9^ puntata (1966, l'Inghilterra trionfa in casa, disfatta azzurra contro la Corea del Nord)

Negli anni '60, Londra è il centro del mondo. Come l'era stata Parigi negli anni '20, come sarebbe stata New York negli anni '80. A Londra, la Quant escogita la minigonna, anno 1962, che sconvolge i costumi. A Londra nascono i primi complessi pop, dai Beatles ai Rolling Stones, Londra è la città europea cui le nuove generazioni guardano per copiare mode, intuizioni, tendenze. E' la swinging London raccontata dal film Blow - Up di Michelangelo Antonioni. Nel 1966, tocca propriamente all'Inghilterra di organizzare i mondiali di calcio. Gli inglesi hanno una grande squadra, dal capitano Bobby Moore, il miglior stopper della storia del calcio, a Bobby Charlton, centravanti arretrato di superiore intelligenza tattica. Impressiona anche il Portogallo di Eusebio, un attaccante potentissimo, capace di accelerazioni proverbiali, forte quasi quanto Pelé. Eusebio sarà capocannoniere del mondiale con nove reti e guiderà il Portogallo ad uno storico terzo posto. Il Brasile, invece, esce prematuramente dal torneo. Pelé è fuori forma, mentre la generazione del '58 e del '62, da Djalma Santos a Garrincha è ormai al tramonto sportivo. L'Italia rimedia un'altra figuraccia. Sebbene possa contare su Mazzola, Rivera, Bulgarelli, Facchetti, lo stesso Riva, che tuttavia resta in tribuna, finisce eliminata dalla sconosciuta Corea del Nord. Un infortunio di Bulgarelli, che resta in campo perché le sostituzioni non sono ancora permesse, e la sottovalutazione dei veloci coreani, determinano una sconfitta che convincerà la Figc a chiudere le frontiere del campionato italiano agli stranieri: un embargo che durerà quattordici anni fino al 1980. In finale, gli inglesi affrontano la Germania Ovest del giovane Beckenbauer, che ancora gioca a centrocampo, prima di arretrare a libero, nel ruolo esaltato da Picchi nella Grande Inter di Herrera. Vincono gli inglesi tra le polemiche, perché uno dei tre gol segnati da Hurst pare che non sia entrato del tutto. Gli inglesi, però, sono i padroni di casa, le ferite della seconda guerra mondiale sono ancora fresche, vincono loro. Sarà la prima e, per ora, ultima volta. (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata7^ puntata8^ puntata, 9^ puntata, 10^ puntata, 11^ puntata, 12^ puntata)

venerdì 12 ottobre 2012

I dieci migliori liberi della storia

Veniamo ai dieci migliori liberi della storia del calcio. La figura del libero nasce in Italia negli anni '50 e per due, tre decenni, conosce fortuna in tutto il mondo. Alla fine degli anni '80, perde rilievo, ma, insomma nella classica ho voluto considerare assieme ai liberi classici anche i registi difensivi, che ci sono sempre, anche con la difesa schierata a zona. Segue la classifica. Cosa ne pensate?
* Aggiornamento del 03 giugno 2024: estendo la classifica ai primi trenta.

1. Beckenbauer
2. Krol
3. Scirea
4. Figueroa
5. Picchi
6. Passarella
7. Franco Baresi
8. Mauro Ramos  (Brasile)
9. Stielike
10. Ruggeri
11. Koeman
12. Marquinos 
13. Hector Chumpitaz
14. Sammer
15. Frank De Boer
16. Alan Hansen
17. Carlo Parola
18. Morten Olsen
19. John Terry
20. Hulshoff
21. Augenthaler
22. Hierro
23. Tony Adams
24. Tresor
25. Di Bartolomei
26. Blanc
27. Belodedici
28. Montero
29. Mihajlovic
30. Cesare Maldini
31. Jonquet
32. Shesternyov
33. Graziano Bini

giovedì 10 maggio 2012

Nesta saluta la serie A: è stato uno dei migliori difensori di sempre

Nesta, ai tempi della Lazio, era un fenomeno autentico. Un fuoriclasse della difesa, capace di reggere il confronto con Beckenbauer e Moore. Testa alta, rapidità, forza fisica, tempi esatti d'intervento, tecnica, avvicinava la perfezione. Vicino a lui, persino un Mihailovic appesantito con tanto di pappagorgia, sembrava un asso. Perché Nesta faceva reparto da solo, entrava in scivolata, rigorosamente sul pallone, che intercettava, si rialzava e partiva palla al piede, una finta, avversario disorientato e lancio. Gli infortuni ne hanno limitato il rendimento in nazionale, altissimo solo ad Euro 2000. Dopo la Lazio, di cui è stato capitano e bandiera, il Milan, raccogliendo successi sempre, da biancoceleste e da rossonero. A 36 anni, lascia il Milan e la serie A e merita i complimenti per la saggezza di farsi da parte prima che sia tardi, lasciando intatto il ricordo del grandissimo campione che è stato. In tanti anni, l'ho visto davvero in difficoltà soltanto con il primo Ronaldo nonché, in un famoso derby perso dalla Lazio, con Montella.