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giovedì 18 giugno 2020

Bundesliga: 30 volte Bayern Monaco

Ha vinto anche l'edizione 2019/20 della Bundesliga, il Bayern Monaco. Ottavo titolo consecutivo, trentesimo assoluto. Un dominio nettissimo, laddove si consideri che, dietro la schiacciasassi bavarese c'è il Norimberga, con nove titoli, l'ultimo dei quali, però, risale al 1968! Per di più, attualmente, il Norimberga milita nella serie B tedesca.

La tirannia del Bayern Monaco sul calcio alemanno è tanto più significativa, se si pensi che, dopo il primo scudetto del 1932, dovette aspettare 37 anni per il secondo, nel 1969. Insomma, ancora fino a tutti gli anni '60, non solo il Norimberga, ma anche il Borussia Dortmund e l'Amburgo e il Colonia e lo Shalke 04 avevano fatto meglio.

Tutto cambiò quando un'irripetibile generazione di talenti, da Maier a Beckenbauer a Gerd Muller si ritrovò a vestire assieme la maglia del Bayern Monaco: tre titoli nazionali consecutivi dal 1972 al 1974 (ma anche tre Coppe dei Campioni consecutive dal 1974 al 1976). Ma, in rampa di lancio, per il ruolo di nuovo dominatore della Bundesliga, era anche il Borussia Monchengladbach di Berti Vogts, che aveva vinto nel 1970 e 1971 e avrebbe vinto anche nel 1975, 1976 e 1977. Prevalse il Bayern. Con la sua nuova stella, Karl Heinz Rummenigge, giunsero i titoli del 1980 e del 1981. Quindi una tripletta, con Lothar Matthaus e Brehme e Augenthaler tra il 1984 e il 1987, quando avvenne il sorpasso, con 10 titoli a nove, ai danni del Norimberga. Dopo di allora, altri 33 campionati di Bundesliga - nel frattempo alla Germania Ovest si sarebbe riunita la Germania Est - e 20 titoli, per giungere ai 30 di oggi!

Molte nobili del calcio tedesco di un tempo, soprattutto Amburgo e Colonia, sono decadute. Ha tenuto botta soltanto il Borussia Dortmund, che, negli ultimi 33 anni ha vinto cinque titoli. E poi il Werder Brema, che ne ha assommati tre. Per gli altri, soltanto le briciole. Poco, per ritenere davvero competitivo il campionato tedesco. Eppure la Germania, sempre considerando gli ultimi 33 anni, ha vinto: 2 Mondiali (1990 e 2014), 1 Europeo (1996) ed è stata ai mondiali anche una volta seconda (2002) e due volte terza (2006 e 2010), giocando altresì due finali europee (1992 e 2008).

lunedì 5 novembre 2018

Van der Vaart si ritira

Talento mancino della terza generazione d'oro olandese, Rafael Van der Vaart, 35 anni, decide di appendere le scarpette al chiodo. Da qualche anno, la traiettoria della sua carriera era discendente. Eppure il talento messosi in luce nell'Ajax di Amsterdam, è stato a lungo il leader di quella pattuglia di talenti, Robben, Sneijder, Huntelaar e Van Persie, tutti nati tra il 1983 e il 1984, che sfiorò il successo ai mondiali sudafricani del 2010. Centrocampista offensivo completo, resistente e veloce, dal tiro secco e preciso. Baricentro basso, controllo pieno del pallone, sapeva reggere il confronto spalla a spalla con difensori più alti e più robusti di lui. Calciava le punizioni a foglia morta, saltava gli avversari con facilità, ma sapeva anche comandare il gioco offensivo con grande naturalezza. Ha brillato oltre che nell'Ajax, nell'Amburgo e nel Tottenham, con una parentesi, in chiaroscuro, nel Real Madrid. Ha vinto, in carriera, molto meno di quanto il suo talento gli avrebbe permesso. Chiude con 198 gol in carriera, proprio come Recoba: il talento mancino, tolto Maradona, per eccellenza.

Rafael Van der Vaart

mercoledì 12 settembre 2018

John Robertson: il Picasso del Nottingham Forest di Brian Clough

Il Nottingham Forest della seconda metà degli anni '70 rappresenta qualcosa di eccezionale, se non di unico, nella storia del calcio. Intanto, Nottingham. Nella cui contea, fiorì la leggenda del più popolare eroe inglese: Robin Hood. Uno che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Un antagonista, si direbbe oggi. Ecco il Nottingham Forest, in quegli anni, interpretò l'antagonismo con una naturalezza predestinata. Condotto da un uomo ruvido e scostante come Brian Clough, un autentico rivoluzionario, uno che voleva, oltremanica, possesso di palla e gioco largo, avvolgente. Uno che, in carriera, vinse due titoli nazionali, dove nessuno prima e nessuno poi. Con il Derby County e, appunto, con il Nottingham Forest. In Italia, qualcosa di paragonabile era stato fatto solo da Fulvio Bernardini: scudetto con Fiorentina e Bologna. Solo che quello con il Bologna era il settimo titolo dei felsinei. Ma, torniamo a Nottingham. Che vince la First Division nel 1978. Mentre cominciava ad imperversare il Liverpool del pass and move di Bob Paisley. Solo che Liverpool una sua storia calcistica ce l'aveva, Nottingham no. E il Nottingham Forest di Clough arrivò a vincere anche due Coppe dei Campioni consecutive, nel 1979 e nel 1980. Senza stelle, vuole la vulgata. E invece no. Una stella, in quel Nottingham Forest, c'era. John Robertson, scozzese, fisico da impiegato, e piedi da artista. Il Picasso del calcio, l'avrebbe definito proprio Brian Clough. John Robertson era un'ala sinistra. Destro, ma con un mancino educatissimo. Terrorizzava il terzino avversario, destinato a perdersi in mezzo ad un mare di finte, scarti, cambi di direzione annunciati eppure repentini, inesorabili. Fino al cross. Sentenzioso. Con la palla che finiva sempre sulla testa o sul piede di un compagno. La precisione. Avete presenti i cross che Candreva spedisce addosso all'avversario, come ha fatto anche Biraghi venerdì scorso contro la Polonia? Ecco, Robertson, anche con avversario addosso, con pochi centimetri guadagnati, il cross lo faceva. Ed era un assist vincente. Sempre, o quasi sempre. E, poi, c'erano i gol. Grazie al tiro secco e preciso. Faceva i tiri a giro quando non li faceva nessuno, a parte Corso dieci anni prima. Rigorista implacabile. Eseguì l'assist per il gol di Francis contro il Malmoe, finale di Coppa dei Campioni 1979. Segnò il gol vittoria contro l'Amburgo, finale di Coppa dei Campioni 1980. Due mondiali con la Scozia, a segno nel 1982. Eroe di un calcio di provincia, che s'issò sul tetto d'Europa. A dispetto di una corporatura grossolana. Di una velocità normale e forse meno che normale. Grazie a piedi d'artista. Al dominio visivo, e spesso visionario, degli spazi. Scorgendo sentieri, dove altri avrebbero notato solo ostacoli.

domenica 28 luglio 2013

Terza finale consecutiva per Fognini sulla terra rossa. Ad Umago, alle 20:15, affronterà lo spagnolo Robredo

La metamorfosi è compiuta. Dopo l'acuto di Stoccarda ed il do di petto di Amburgo, Fabio Fognini, astro nascente del tennis azzurro, ha raggiunto la finale anche sulla terra rossa di Umago, Croazia, dove, alle 20:15, affronterà il quotato spagnolo Robredo. Come ho scritto in altri post, Fognini parte battuto sulla terra soltanto contro Nadal. Tutti gli altri giocatori, anche i migliori del circuito, sono alla sua portata. Battesse Robredo stasera, sarebbe il terzo titolo Atp della carriera, per di più consecutivo. Impresa non da poco, laddove si consideri che l'ultimo capace di aggiudicarsi tre tornei Atp uno dopo l'altro è stato Andy Murray, nel 2011. Vediamo come va a finire: nel frattempo, da domani, Fognini entrerà nella top 20 Atp. E' l'ottavo italiano a riuscirci nell'era Open. Magari non arriverà ad essere quarto come Adriano Panatta, ma la top 10 è nel mirino.
*Aggiornamento del 29 luglio 2013: ad Umago, ha vinto Robredo, si a ferma tredici la striscia di vittorie consecutive di Fabio Fognini. 

lunedì 22 luglio 2013

Fognini conquista Amburgo dopo Stoccarda: trionfale campagna di Germania del campione ligure, ora n. 19 Atp

Trionfale campagna di Germania per Fabio Fognini, che a 26 anni, almeno sulla terra rossa, è diventato capace di competere con tutti. E di battere tutti. Fognini nel giro di otto giorni, ha conquistato i primi due tornei Atp della carriera: prima Stoccarda, poi Amburgo, che, tolto il Roland Garros, per prestigio, tradizione ed albo d'oro, viene subito dopo Roma e Montecarlo. E' un campione fatto e finito Fognini, da oggi numero 19 della classifica Atp. Ha il tennis ed il fisico per entrare tra i primi dieci giocatori del mondo, a condizione di giocare con più tenacia sulle superfici veloci. Sulla terra rossa, tolto Nadal, ormai tutti debbono temerlo. Tornando all'attualità: Stoccarda, bis ad Amburgo e se arrivasse il tris ad Umago?

sabato 20 luglio 2013

Fognini in finale ad Amburgo

Seconda finale consecutiva nel circuito Atp per Fabio Fognini. Questa volta, sulla terra rossa di Amburgo, torneo prestigioso già conquistato in passato, tra gli italiani, da Bertolucci. Fognini ha sconfitto il forte spagnolo Almagro in due set. La vera sorpresa, però, è che in finale Fognini non troverà sua maestà Roger Federer, superato a sorpresa per l'appunto dallo sconosciuto argentino Delbonis. Federer, da qualche tempo, si smarrisce al tie-break, un tempo suo dominio incontrastato. Tornando a Fognini, si tratta della nona vittoria consecutiva. A 26 anni, il tennista ligure pare davvero aver raggiunto la maturità agonistica a lungo inseguita.

giovedì 26 gennaio 2012

Continua la sindrome Nadal, Federer perde in semifinale a Melbourne

Ultima vittoria contro il maiorchino in una prova dello Slam: Wimbledon 2007. Da quel momento, Roger Federer è sempre uscito sconfitto negli scontri con Nadal in un torneo dello Slam. Riuscendo, invece, a sconfiggere l'eterno rivale al Masters, ad Amburgo, a Madrid. Insomma, dappertutto, ma non nei momenti davvero topici della stagione tennistica. Se non è una sindrome questa? Oggi, semifinali degli Open d'Australia, aveva iniziato bene, conquistando il primo set al tie-break, ma si era sciolto nel secondo, perso, 6-2, la svolta, nel terzo, che Nadal si aggiudicava al tie-break. Il quarto, com'era del tutto prevedibile, finiva all'asso spagnolo, che approda in finale, dove, con ogni probabilità, ritroverà Djokovic. E perderà. Cosa sarebbe stata, mi chiedo a questo punto, la carriera di Federer senza Nadal? Lo svizzero avrebbe da tempo varcato la soglia dei venti titoli dello Slam. Poi, mi chiedo ancora una cosa: ma, Nadal un poco di stanchezza non l'accusa? Possibile che rallenti soltanto ad ottobre? Corre, corre, corre, corre troppo. Come il Barcellona.

mercoledì 9 novembre 2011

Parigi Bercy 2011: Seppi batte Almagro

Vittoria importante di Seppi a Parigi Bercy: l'altoatesino sconfigge lo spagnolo Almagro in due set per 6-3, 7-5 ed accede agli ottavi di finale, dove approdano anche Djokovic, che appare ristabilito dall'infortunio patito a Basilea, e Roger Federer, il giocatore più in forma del momento. Oltre che il migliore di sempre. Per Seppi, va detto, è uno dei migliori risultati della carriera in un torneo che, per montepremi e prestigio, è tra quelli che seguono immediatamente gli Slam. Soltanto nel 2008, Seppi fece più strada, raggiungendo le semifinali ad Amburgo, sulla terra battuta più veloce del circuito, dove venne eliminato proprio da Federer. Vediamo come continua la sua avventura parigina.