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giovedì 23 maggio 2019

Inter-Empoli: partita "trappola"

Sta diventando una trappola Inter-Empoli, in programma domenica prossima al Meazza. L'Inter ha bisogno di vincere, per qualificarsi alla prossima Champions League, ma è reduce da prestazioni scadenti e risultati amari; l'Empoli ha bisogno di vincere, per restare in serie A, è molto meno forte, sulla carta, ma proviene da un periodo pieno di successi e prove convincenti. Spalletti andrà via e lo sa da mesi. La Curva Nord ha fatto un comunicato, nel quale preannuncia dure contestazioni nel caso, malaugurato, di sconfitta. Ma, anche il pareggio non basterebbe all'Inter. I giocatori attuali non hanno grande personalità, continua la fronda contro Icardi, Perisic non gli passa il pallone da mesi, il clima attorno all'Inter è surreale. Anche nel 2004, l'Inter di Zaccheroni, che sapeva di dover lasciare la panchina a Mancini, doveva battere l'Empoli all'ultima giornata. Anche allora i toscani lottavano non per finire in B. Partita tosta, l'Inter vinse 3-2. Doppietta del miglior Adriano di sempre, quello che poi avrebbe trascinato il Brasile alla conquista della Coppa America, e gol di Recoba su punizione. Quanto ci manca Recoba! Da quanti anni non segniamo su punizione! Perché certe partite, in condizioni ambientali difficili, sono i campioni a vincerle. Quelli che latitano nell'Inter di oggi. Eppure penso che, con Perisic in panchina, l'Inter contro l'Empoli vincerebbe.

martedì 7 maggio 2019

I grandi allenatori valorizzano i giocatori: le intuizioni di Pozzo e Zagallo

La bellezza salverà il mondo (Fedor Dostoevskij, L'Idiota)
Si discute, quasi sempre a sproposito, di bellezza del gioco. Eppure il calcio non è una gara di tuffi o di ginnastica artistica, dove si valuti l'armonia e l'adeguatezza di una figura o di un gesto. Nemmeno si può vincere ai punti, come succede nel pugilato. Per questa ragione, trovo inappropriato associare la bravura di un allenatore alla bellezza del gioco espresso dalla sua squadra. Se davvero bisogna intestare un merito ad un allenatore, a me pare che si debba guardare alla capacità che il tecnico abbia di migliorare il rendimento di ogni singolo giocatore, legandolo a quello dei compagni di squadra. Ecco che allora possiamo accedere all'esame di dati più certi.

Partiamo da Vittorio Pozzo, storico allenatore della nazionale italiana. Alla vigilia dei mondiali del 1934, che si disputeranno in Italia, ha tra i suoi giocatori il migliore al mondo, Giuseppe Meazza, che non ha ancora compiuto 24 anni. Centravanti tremendo dalla tecnica mai vista, dallo scatto bruciante, dal perentorio stacco di testa. Quello che oggi tutti ammirano in Cristiano Ronaldo, la sospensione in aria, ad altezze vietate agli altri giocatori, Meazza lo faceva già negli anni '30, sebbene non facesse la vita dell'atleta e fosse non solo il re dell'area di rigore, ma anche del tango ballato nei tabarin, con una sigaretta sempre accesa. Ecco, Pozzo, questo fenomeno di attaccante, decide di arretrarlo a mezzala, perché ha bisogno lì del suo estro impareggiabile, mentre un altro centravanti, meno dotato e spettacolare, comunque ce l'ha: Schiavio. L'Italia sarà campione del mondo! Così pure quattro anni dopo in Francia. Meazza, che nell'Ambrosiana-Inter è centravanti e capocannoniere del campionato, prende l'8, il centravanti lo fa Piola. L'Italia vince il secondo mondiale consecutivo. 

mercoledì 27 marzo 2019

Luci a San Siro: il Meazza è un monumento!

"Luci a San Siro di quella sera, che c'è di strano siamo stati tutti là" (Roberto Vecchioni, Luci a San Siro)
Demolire lo stadio di San Siro in Milano, intitolato alla memoria del maggiore giocatore italiano della storia, Giuseppe Meazza, il più emblematico e rappresentativo e immaginifico ed iconico del calcio italiano?  La sola ipotesi mi pare assurda. E irricevibile. Si  ristrutturi, se del caso. Si valorizzi. Ci s'ingegni a migliorarlo.  Ma, non si abbatta un monumento contemporaneo eppure già classico dal fascino ineguagliabile. Quest'ansia di nuovo, di modernità ad ogni costo è solo un altro indizio di una decadenza culturale, che pare inarrestabile.
"Milano scusa stavo scherzando, luci a San Siro non ne accenderanno più"


lunedì 10 dicembre 2018

Inter-Psv Eindhoven: crocevia della stagione nerazzurra

Il Barcellona non deve perdere, in casa, contro il Tottenham. Questa è la condizione necessaria. Altrimenti avrà poca importanza, se non per le statistiche, il risultato della partita che vedrà l'Inter opposta agli olandesi del Psv Eindhoven, domani sera, stadio Meazza in San Siro. Inter che, nelle ultime sei partite, ha rimediato tre sconfitte ed una sola vittoria. Con un centrocampo ridotto all'osso: Gagliardini e Joao Mario fuori dalla lista Champions, Vecino acciaccato, Nainggolan infortunato. Spalletti si gioca molto domani. Non rischia l'esonero, per carità. Ma, un'Inter che dovesse mancare la qualificazione agli ottavi della Champions League, considerato il distacco solenne già accumulato in campionato, potrebbe decidere di fare a meno di Spalletti. A cominciare dalla prossima stagione. Se invece l'Inter si qualificasse, beh, se l'Inter si qualificasse, l'ambiente riceverebbe una scossa decisiva. L'Inter è squadra sommamente umorale. Ne avrebbe assoluto bisogno.

lunedì 22 ottobre 2018

Icardi punta Altobelli e Meazza

Sesta stagione in corso e Mauro Icardi, ieri autore del gol decisivo contro il Milan, ha raggiunto quota 113 gol con la maglia dell'Inter, in 191 partite: alla media di 0,59 gol partita. Considerato che Icardi ha ancora 25 anni, ne compirà 26 a febbraio, è ragionevole immaginare che, continuando a vestire la maglia dell'Inter, potrà in pochi anni sormontare la soglia dei 200 gol. Che, con l'Inter, è stata valicata solo da due campionissimi: Altobelli, 209 gol in 466 partite, alla media di 0,45 gol a partita, e Giuseppe Meazza, 288 gol, in 408 presenze, alla media di 0,70 gol a partita.
Giuseppe Meazza
288 gol con l'Inter
Alessandro Altobelli
209 gol con l'Inter

mercoledì 7 giugno 2017

La leggenda di Hector Scarone

Le pochissime, sgranate, immagini di repertorio impediscono di restituire, a parole non si può fare, la grandezza di Hector Scarone, leggendario centravanti e poi mezzala, che vinse tutto con l'Uruguay, tra la fine degli anni '10 e gli anni '30. Meazza, che se ne intendeva, dichiarò di ritenerlo il più forte tra i giocatori da lui visti. Il re dei portieri, lo spagnolo Zamora, lo considerava il simbolo del calcio. Quattro Coppe America, due Olimpiadi, 1924 e 1928, ed il primo mondiale del 1930, tra i suoi allori con la nazionale albiceleste. Capocanniere assoluto, con 31 gol, prima di essere superato da un mestierante del gol come Forlan, grazie a tante presenze di più. Da quanto abbia potuto ricostruire, un Rooney ante litteram, per il fisico compatto, la forza e la precisione del tiro, l'implacabile stacco di testa. Più tecnico, più fantasioso, più imprevedibile. Giocò anche nell'Inter, ultratrentenne, e nel Palermo, regalando isolate prodezze. 

lunedì 13 febbraio 2017

I 50 anni di Roberto Baggio. Cinque ragioni per ricordarlo

Il più grande giocatore della storia del calcio italiano, dopo Meazza e prima di Totti. Roberto Baggio, artista prima che calciatore, compirà 50 anni il prossimo 18 febbraio. Ecco cinque ragioni per ricordarlo e celebrarlo.

  1. Il dribbling: un fondamentale, che non si allena o che si allena poco. Baggio ne è stato un virtuoso naturale. Grazie alla sapienza innata del tocco, alla padronanza del palleggio, alle finte di corpo ed allo scatto fulmineo. Aveva non solo il primo, ma anche il secondo ed il terzo, qualche volta il quarto dribbling. Come oggi solo Messi. E prima di lui, Meazza, Di  Stefano, Garrincha, Pelé, Sivori, Sandro Mazzola, Cruijff, Best,  Zico e poi Ronaldo, il brasiliano. Me ne dimentico pochi. 
  2. Il senso del gol: 318 gol da professionista, sesto italiano assoluto, dopo Piola, 364 gol, Del Piero, 346 gol, Meazza 338 gol, Totti, 323 gol e Toni, 322 gol. Roberto Baggio ha segnato in tutti i modi, persino di testa ogni tanto, grazie alla precisione chirurgica del tiro, spesso eseguito in anticipo, prendendo il portiere in contropiede. Di destro e di sinistro, in area e fuori dall'area, quasi mai di forza, sempre con eleganza. E tanti gol nelle occasioni solenni, 9 ai mondiali, come Paolo Rossi e Vieri, il quale ultimo, però, segnò solo un gol, contro la Norvegia nel '98, nelle gare ad eliminazione diretta. Baggio, invece, trascinò letteralmente la triste Italia di Sacchi alla finale di Usa '94, perduta ai rigori contro il Brasile. L'errore di Baggio dal dischetto, un dispetto di un destino saragattianamente cinico e baro, fece il giro del mondo. Ma, senza di lui, quell'avventura azzurra sarebbe terminata molto prima.
  3. Il gioco contro tempo: fateci caso, la maggior parte dei calciatori, approssimandosi la porta, accelera, aumenta la frequenza dei passi, si fa frenetica. Baggio, no. Alla vista del portiere, più spesso, rallentava. Aspettava il difensore farglisi sotto e poi, dribbling a rientrare, con il destro od il sinistro, e tiro all'angolo con il piede opposto. Questo incedere caracollante, quasi esitante ed invece colmo di forza consapevole, a Brera, che lo vide nei primi anni di carriera, ricordava il grande Meazza.
  4. L'invidia degli allenatori: sebbene Baggio non avesse il piglio del comando, per tutta la carriera, e forse con la sola eccezione di Mazzone al Brescia, fu sofferto moltissimo dagli allenatori. Su tutti Lippi, che lo mandò via dalla Juve e gli preferì persino Russo all'Inter, e Capello, che lo sostituiva con immancabile puntualità. Ma, anche Ulivieri a Bologna, dove Baggio risorse, 22 gol all'esito di un campionato che lo condusse al suo terzo mondiale, quello di Francia '98. E perché? Perché Baggio, asso naturale, riusciva, quasi senza volerlo, a dimostrare la superiorità del singolo sul gruppo, dell'estro sullo spartito, dell'assolo sulla sinfonia, del guizzo sulla tattica. Sacchi, che ne trasse immensi benefici in nazionale, ancora oggi, trova modo e maniera di punzecchiare Baggio. E solo perché costui si era opposto alla monacazione forzata nei suoi schemi.
  5. L'individualismo ai tempi della mistica del gruppo: Gramsci scrisse che "i più non esistono fuori dell'organizzazione". E tutto sommato è vero. Ecco, Roberto Baggio nel novero dei più non c'è stato e non poteva starci. E' sopravvissuto alla più grande e più inutile rivoluzione della storia del calcio. Quella cominciata proprio da Sacchi, perché il calcio totale olandese era ben altro, come ben altro era stata la meravigliosa Ungheria di Puskas. Giocava da solo Baggio, il che non significa che non servisse assist meravigliosi ai compagni o che non ne ricevesse. Ma, insomma, non rincorreva gli avversari, non ripiegava, come si dice malamente da qualche lustro a questa parte. Non andava a tempo. Epperò decideva. Ha cambiato molte squadre in carriera, diventando il beniamino di tutte le tifoserie. Egregio, perché fuori dal gregge. Un campione senza tempo.

mercoledì 1 febbraio 2017

Totti 323 gol in carriera: segna il rigore della vittoria contro il Cesena. Roma in semifinale di Coppa Italia contro la Lazio

Allo scadere e più che allo scadere, Totti torna al gol, ancora su calcio di rigore, parecchio dubbio, contro il Cesena: 2-1 in Coppa Italia e Roma in semifinale. Sarà derby con la Lazio. Per Totti si tratta del terzo gol stagionale nonché del gol n. 323 in carriera. Segue classifica dei primi dieci cannonieri italiani.

  1. Piola 364 gol 
  2. Del Piero 346 gol 
  3. Meazza 338 gol 
  4. Totti 323 gol
  5. Toni 322 gol 
  6. Roberto Baggio 318 gol 
  7. Inzaghi 316 gol 
  8. Di Natale 311 gol 
  9. Altobelli 298 gol 
  10. Vialli 286 gol 

giovedì 12 gennaio 2017

La nazionale di tutti i tempi: da Zenga a Meazza

Se ne parla in questi giorni, dopo la nazionale di tutti i tempi proposta da Ventura fino a quella indicata da Sconcerti sul Corriere della Sera. Qui sotto propongo la mia, panchina compresa (in tutto 23 giocatori, come ai mondiali attuali, con tre portieri). Zenga in porta, con Bergomi terzino destro marcatore, Nesta stopper, Facchetti terzino sinistro e Scirea libero e primo regista della squadra. A centrocampo Tardelli e l'immenso Valentino Mazzola. Totti 10, a raccordare, con il suo gioco di prima, centrocampo ed attacco, guidato da Meazza centravanti, sostenuto dall'estro di Roberto Baggio e dalla potenza di Riva.

 
ZENGA
 
SCIREA
 
 
BERGOMI                            NESTA            FACCHETTI
 
                       
        TARDELLI                                    V. MAZZOLA
 
 
TOTTI
 
             R. BAGGIO                                           RIVA
 
 
MEAZZA
 
 
In panchina: Zoff, Buffon, Burgnich, Maldini, F. Baresi, B. Conti, Pirlo, Rivera, S. Mazzola,  Berti, Altobelli, P. Rossi, 


lunedì 9 gennaio 2017

L'arte del dribbling: 2. Cevenini III

Quando il calcio arrivò in Italia, ancora si trattava di ammassarsi in mezzo al campo, alla ricerca sbandata del gol. L'unico schema, oltre alla carica bersaglieresca, spettacolare anche, ma pure comica e confusa, era quello inglese. I traversoni per la testa degli attaccanti. I calciatori del tempo, alcuni, pochi, venivano dalla ginnastica, cavallo, quadro svedese e cose simili, avevano forza fisica ma tocco pessimo o mediocre, altri, i più, dalla strada, avevano tempo da perdere e poca voglia di lavorare. Considerato che tirar calci ad un pallone, fino almeno alla prima guerra mondiale, rendeva pochissimo anche ai livelli più alti, anche nella massima divisione. Il primo a rompere la monotonia di questo dilettantismo fu Luigi Cevenini, passato alla storia come Cevenini III, fratello mezzano di altri quattro, tutti calciatori, tutti più o meno celebri, ma non come lui. Ecco Cevenini III, per stare almeno al calcio italiano, fu il primo grande, e  per alcuni inarrivato, artista del dribbling. Fisico asciutto, prima che la vita dolce l'arrotondasse un poco, e nervoso, disprezzo del gioco di squadra, uso a dileggiare i compagni al primo errore e gli avversari ad ogni colpo riuscito, Cevenini III era inafferrabile con la palla al piede. Per lo scatto ed il repentino cambio di direzione, per il tocco sapientissimo, perché naturale e quella infinita varietà di finte e controfinte, che mandava ai matti i suoi controllori. Un asso. Un autentico asso, che dribblava e segnava, solo con l'Inter 158 gol in campionato. Cercò anche l'avventura oltremanica e gli inglesi l'avrebbero messo sotto contratto, perché, alle loro latitudini, il dribbling, prima che iniziasse Stanley Matthwes, era  più che una rarità. Epperò rompevano le scatole con la serietà e la puntualità e la decenza. E Luigi Cevenini, detto Zizì, perché straparlava e dava fastidio come una zanzara, era solito entrare in campo con la sigaretta accesa. E se ne fregava del fair play. E così se ne tornò in Italia. Quando, nel 1926, cambiò di nuovo la regola sul fuorigioco, dai quattro iniziali, si era passati prima a tre e poi, appunto nel 1926 a due avversari tra l'attaccante e la porta per essere in gioco, Cevenini III, che giocava da solo e saltava tutti, divenne meno decisivo, perché meno indispensabile. Dall'uno contro tutti si migrava verso l'uno contro uno. Poi, nel 1927, si affacciò nell'Inter il giovane Giuseppe Meazza, il massimo calciatore italiano di sempre, e Cevenini, che aveva occhi per il talento, lo capì subito ed intese pure che il tempo suo stava finendo. All'Inter almeno. Continuò la sua vita randagia, sempre eccellendo in tutti i giochi con la palla, dal biliardo alle bocce. Finì quasi dimenticato. Ma, il suo dribbling ha avuto pochi eguali nella storia del calcio. Il simbolo calcistico dei "ruggenti anni venti".

domenica 25 settembre 2016

Totti 250 gol in serie A, 322 gol in carriera. Leggendario

Totti segna su rigore il gol n. 250 in serie A, 322 gol in carriera. Leggendario. Piola, a 274 gol, non è più così lontano. Ai fini del risultato, però, poco cambia, perché la Roma, disordinata, perde 3-1 sul campo di un ottimo Torino. Segue classifica dei primi dieci cannonieri italiani.

  1. Piola 364 gol 
  2. Del Piero 346 gol 
  3. Meazza 338 gol 
  4. Toni 322 gol 
  5. Totti 322 gol
  6. Roberto Baggio 318 gol
  7. Inzaghi 316 gol 
  8. Di Natale 311 gol 
  9. Altobelli 298 gol 
  10. Vialli 286 gol 

domenica 18 settembre 2016

Inter-Juve 2-1: trionfo nerazzurro. Immenso Icardi, che pareggia il gol di Lichsteiner e serve a Perisic l'assistenza per la vittoria

Ci siamo. Inter contro Juve. Derby d'Italia, al quale l'Inter arriva malconcia e De Boer già sotto assedio mediatico. Epperò, partite come questa seguono una logica autonoma, hanno troppa storia e troppi significati. Vince l'Inter. Dominio nerazzurro interrotto dal gol immeritato di Lichsteiner, servito da un incontenibile Alex Sandro. I webeti, secondo l'azzeccato neologismo coniato da Mentana, se la prendono con Santon. Che non avrebbe potuto fare di più. Pareggia di testa un monumentale Icardi. Che poi ispira con un esterno dolcissimo il gol di testa del subentrato Perisic. Guademus! Inter 2 Juve 1. La faccia di Marotta è emblematica. Nemmeno l'espulsione di Banega cambia il risultato. Juventus demolita sul piano del gioco. Icardi, dimenticavo, è un centravanti immenso. Oggi gli avversari gli rimbalzavano addosso. Oggi ha dimostrato, sia pure per la prima volta, di meritare la fascia di capitano. 

domenica 15 maggio 2016

Di Natale (#DiNatale) 311 gol in carriera

Di Natale si ritira segnando il suo ultimo gol in campionato , il n. 209 in serie A nonché il n. 311 in carriera. Segue classifica dei primi dieci cannonieri italiani in tutte le competizioni.

  1. Piola 364 gol
  2. Del Piero 346 gol
  3. Meazza 338 gol
  4. Toni 322 gol
  5. Totti 320 gol
  6. Roberto Baggio 318 gol
  7. Inzaghi 316 gol
  8. Di Natale 311 gol
  9. Altobelli 298 gol
  10. Vialli 286 gol

domenica 8 maggio 2016

Toni (#Toni) 322 gol in carriera: rigore a cucchiaio contro la Juve

Rigore a cucchiaio contro la Juve e Toni, al passo d'addio, sale a 322 gol in carriera. Segue classifica dei primi dieci cannonieri italiani.

  1. Piola 364 gol
  2. Del Piero 346 gol
  3. Meazza 338 gol
  4. Toni 322 gol
  5. Totti 320 gol
  6. Roberto Baggio 318 gol
  7. Inzaghi 316 gol
  8. Di Natale 310 gol
  9. Altobelli 298 gol 
  10. Vialli 286 gol


mercoledì 20 aprile 2016

#Totti 247 gol in serie A: leggendario. Una sua doppietta regala la vittoria alla Roma contro il Torino. Totti segna il gol n. 319 in carriera, superato Roberto Baggio. Tutti in piedi per il più grande calciatore italiano degli ultimi 20 anni

Una partita letteraria, un finale straordinario e sorprendente, sorprendente per chi non sa di calcio, perché Totti, che del calcio è uno dei massimi interpreti, entra, fregandosene delle critiche, e segna. Come a Bergamo. Soltanto che stasera di gol ne fa due e la Roma, che stava perdendo, vince contro il Torino, mette al sicuro il terzo posto, complice la caduta dell'Inter sul campo del Genoa, e dimostra che, a quasi 40 anni, è più forte e decisivo di tanti podisti senza tecnica e senza tocco, senza estro e senza fantasia. E Spalletti fa spallucce. Ché altro non può fare. Totti ha ribaltato la partita, il suo ingresso in campo ha scosso compagni ed avversari. Vecchio? Neanche per sogno. Campione, campionissimo. Arriva a 247 gol in serie A nonché a 319 gol in carriera, superando un mito come Roberto Baggio. Dove stanno adesso i suoi detrattori, i sapienti del tempio del nulla, i soloni, i fini intenditori? Che immenso giocatore Francesco Totti! Ecco la classifica dei primi dieci cannonieri italiani in tutte le competizioni.

  1. Piola 364 gol
  2. Del Piero 346 gol
  3. Meazza 338 gol
  4. Toni 321 gol
  5. Totti 319 gol
  6. Roberto Baggio 318 gol
  7. Inzaghi 316 gol
  8. Di Natale 310 gol 
  9. Altobelli 298 gol
  10. Vialli 286 gol

domenica 20 dicembre 2015

Toni 321 gol in carriera: a 38 anni è ancora un grandissimo goleador

Gol su azione, questa volta, contro il Sassuolo, e Toni approda a 321 gol in carriera: a 38 anni suonati, Toni resta un implacabile goleador. Il migliore italiano in attività. Segue classifica dei primi dieci cannonieri italiani.

  1. Piola 364 gol
  2. Del Piero 346 gol 
  3. Meazza 338 gol 
  4. Toni 321 gol
  5. Roberto Baggio 318 gol
  6. Inzaghi 316 gol
  7. Totti 316 gol
  8. Di Natale 310 gol
  9. Altobelli 298 gol
  10. Vialli 286 gol

domenica 13 dicembre 2015

Toni 320 gol in carriera: segna su rigore contro il Milan

Gol su rigore contro il Milan e Toni approda a 320 gol in carriera. Segue classifica dei primi dieci cannonieri italiani.

  1. Piola 364 gol
  2. Del Piero 346 gol 
  3. Meazza 338 gol 
  4. Toni 320 gol
  5. Roberto Baggio 318 gol
  6. Inzaghi 316 gol
  7. Totti 316 gol
  8. Di Natale 310 gol
  9. Altobelli 298 gol
  10. Vialli 286 gol

giovedì 3 dicembre 2015

Elzeviro: 4. Alessandro "Spillo" Altobelli, il centravanti per eccellenza, ha compiuto 60 anni

Quando debbo pensare ad un centravanti, al centravanti per eccellenza, e seguo il calcio da più di 30 anni, il primo nome che faccio è sempre quello: Altobelli, detto "Spillo", per undici anni consecutivi numero nove di un'Inter che avrebbe meritato di vincere di più. Per restituire la dimensione della sua grandezza agonistica, basti ricordare che con la maglia nerazzurra mise a segno la bellezza di 209 gol in 466 partite, secondo solo all'inarrivabile Meazza, 282 gol, fra il 1977 ed il 1988, alla media di 19 gol a stagione. In un'epoca, converrà ricordare, nella quale l'attenzione alla fase difensiva era massima, tutte le squadre del campionato italiano, con un paio di eccezioni, marcavano a uomo e schieravano un libero di ruolo, il campionato era a sedici squadre, trovarsi in linea con l'ultimo difensore avversario era fuorigioco, in caso di retropassaggio il portiere poteva giocare il pallone con le mani. Il compito di un attaccante, insomma, era assai disagevole. Altobelli seppe eccellere a quei tempi, in tutte le competizioni, dalla serie A, alla nazionale, dove chiuse con 25 gol in 61 partite, come Baloncieri. Quando smise, soltanto Riva, Meazza e Piola avevano segnato più di lui. Lasciò il calcio nel 1990, dopo un'ultima stagione in serie B con il Brescia, assommando 298 gol tra i professionisti: allora, soltanto i soliti Piola e Meazza avevano segnato di più. Anche il primato di reti nelle coppe europee, 39, fu suo a lungo. E tale sarebbe probabilmente rimasto senza l'invenzione della Champions a gironi, che, garantendo un numero minimo di partite, avrebbe permesso ad Inzaghi e Del Piero di superarlo. In Coppa Italia è ancora oggi, 25 anni dopo la fine della carriera, il capocannoniere di tutti i tempi, con 56 gol. Che centravanti era Altobelli? Asciutto, anzi smilzo, ma alto per i tempi, 1,81 m, per questa ragione lo chiamavano "Spillo", aveva tecnica di primissimo ordine. Soltanto quando andava a battere dal dischetto, poteva dirsi che fosse destro, dacché calciava altrimenti con eguale disinvoltura anche con il mancino. Fortissimo nel gioco aereo, grazie ad elevazione e scelta di tempo, aveva naturali doti acrobatiche e di coordinazione, che gli consentirono numerose, spettacolari conclusioni al volo. Segnava di rapina e dopo aver saltato l'avversario, in contropiede e calciando dal limite dell'area. La sua acutissima visione del gioco gli permetteva anche di dirigere, all'occorrenza, il gioco offensivo, arretrando sulla trequarti. Corretto, mai i gomiti alti, esultava sempre in modo contenuto, quasi a domandare scusa dell'ennesima prodezza. Una sola volta, al Meazza, perse le staffe, mollando un buffetto ad Hansi Muller, stagione 1982-83, tedesco di fantasia, il calcio è luogo di ossimori, che non passava la palla per principio. Con l'Inter conquistò uno scudetto, nel 1979-80, formando una proverbiale coppia d'attacco con l'estroso Evaristo Beccalossi e due Coppe Italia, andando sempre a sbattere contro il Real Madrid nelle coppe: semifinale di Coppa dei Campioni nel 1981,quarti di finale di Coppa delle Coppe nel 1983, semifinali di Coppa Uefa nel 1985 e nel 1986. Campione del mondo nel 1982, con meraviglioso terzo gol in finale contro la Germania Ovest di Schumacher, pagò nei primi anni la preferenza che Bearzot accordò a Paolo Rossi. Promosso titolare nel 1984, guidò l'attacco fino al 1987, con quattro gol in quattro partite ai mondiali messicani del 1986. E trovò ancora il tempo di mettere la sua firma agli Europei del 1988, appena subentrato a Mancini, contro la Danimarca. L'antipatia di Trapattoni, che a Milano veniva sommerso dai fischi dei tifosi appena osava sostituire Altobelli, lo costrinse a passare, e fu un errore, alla Juve per un anno, comunque segnando con la solita, disarmante, regolarità. A metà degli anni '80, Altobelli fu il miglior centravanti del mondo. Sebbene non sia mai andato oltre il decimo posto, 1986, nella classifica per il pallone d'oro. Un giocatore con il suo repertorio, oggi farebbe sfracelli in serie A ed in Europa. Dei centravanti che poi l'Inter ha avuto, soltanto Ronaldo è stato più forte, sebbene meno completo di lui. Tanto per dare una misura della grandezza di Alessandro Altobelli, detto "Spillo".

mercoledì 2 dicembre 2015

Di Natale 310 gol in carriera: doppietta all'Atalanta in Coppa Italia

Aggiorniamo subito le statistiche relative a Di Natale: doppietta all'Atalanta, ottavi della Coppa Italia 2015/16 e 310 gol in carriera per il capitano dell'Udinese. Non credo che, come pure si è vociferato, Di Natale possa ritirarsi tra poche settimane. Segue  classifica dei primi dieci cannonieri italiani.
  1. Piola 364 gol
  2. Del Piero 346 gol
  3. Meazza 338 gol
  4. Toni 319 gol
  5. Roberto Baggio 318 gol
  6. Inzaghi 316 gol
  7. Totti 316 gol
  8. Di Natale 310 gol
  9. Altobelli 298 gol
  10. Vialli 286 gol

martedì 27 ottobre 2015

Storia dell'Inter: 5^ puntata (gli scudetti del '30 e del '38).

Il primo scudetto assegnato dopo un campionato a girone unico, 1929-30, è dell'Inter, che però da qualche anno si chiama Ambrosiana, in omaggio al Santo patrono di Milano. Al fascismo l'idea che una squadra possa chiamarsi Internazionale, da cui Inter, con gli immancabili rimandi al socialismo ed al comunismo, disturba piuttosto che no. Dal 1932, dopo energica protesta dei tifosi, la denominazione sarà il frutto di un compromesso: Ambrosiana - Inter. Meazza è il simbolo di questa squadra, il campione inarrivabile, che gioca senza spartito, si allena poco, fuma, frequenta i locali notturni, piace alle donne, che ricambia con generosità. Sarà tre volte capocannoniere, nel '30, nel '36 e nel '38. Quando l'Inter, dopo la Coppa Italia del 1937, conquista il suo quinto scudetto, dopo il lungo regno della Juventus di Edoardo Agnelli, quella dei cinque titoli consecutivi, e la doppietta del Bologna, retoricamente ricordato come "lo squadrone che tremare il mondo fa". L'Inter della stagione 1937/38, in particolare, gioca un calcio arioso e spregiudicato, illuminata dalla regia di Giovanni Ferrari, mentre all'ala destra impazza Annibale Frossi, che gioca con gli occhiali, campione olimpico con Pozzo nel 1936: è un velocista che corre i 100 piani in poco più di 11"4, palla al piede, mentre il primato del mondo di Owens, stabilito proprio ai giochi Berlino, è di 10"2. Il decennio si chiude con un campionato in tono minore, l'inizio della seconda guerra mondiale, da cui l'Italia resta inizialmente fuori, ed il "piede gelato" di Meazza: l'asso nerazzurro, a soli ventinove anni, starà fermo un anno intero. Comincia, inaspettato, il precoce declino del più grande campione della storia del calcio italiano. (cfr. 1^ puntata, 2^ puntata3^ puntata, 4^ puntata)