Le pochissime, sgranate, immagini di repertorio impediscono di restituire, a parole non si può fare, la grandezza di Hector Scarone, leggendario centravanti e poi mezzala, che vinse tutto con l'Uruguay, tra la fine degli anni '10 e gli anni '30. Meazza, che se ne intendeva, dichiarò di ritenerlo il più forte tra i giocatori da lui visti. Il re dei portieri, lo spagnolo Zamora, lo considerava il simbolo del calcio. Quattro Coppe America, due Olimpiadi, 1924 e 1928, ed il primo mondiale del 1930, tra i suoi allori con la nazionale albiceleste. Capocanniere assoluto, con 31 gol, prima di essere superato da un mestierante del gol come Forlan, grazie a tante presenze di più. Da quanto abbia potuto ricostruire, un Rooney ante litteram, per il fisico compatto, la forza e la precisione del tiro, l'implacabile stacco di testa. Più tecnico, più fantasioso, più imprevedibile. Giocò anche nell'Inter, ultratrentenne, e nel Palermo, regalando isolate prodezze.