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martedì 7 maggio 2019

I grandi allenatori valorizzano i giocatori: le intuizioni di Pozzo e Zagallo

La bellezza salverà il mondo (Fedor Dostoevskij, L'Idiota)
Si discute, quasi sempre a sproposito, di bellezza del gioco. Eppure il calcio non è una gara di tuffi o di ginnastica artistica, dove si valuti l'armonia e l'adeguatezza di una figura o di un gesto. Nemmeno si può vincere ai punti, come succede nel pugilato. Per questa ragione, trovo inappropriato associare la bravura di un allenatore alla bellezza del gioco espresso dalla sua squadra. Se davvero bisogna intestare un merito ad un allenatore, a me pare che si debba guardare alla capacità che il tecnico abbia di migliorare il rendimento di ogni singolo giocatore, legandolo a quello dei compagni di squadra. Ecco che allora possiamo accedere all'esame di dati più certi.

Partiamo da Vittorio Pozzo, storico allenatore della nazionale italiana. Alla vigilia dei mondiali del 1934, che si disputeranno in Italia, ha tra i suoi giocatori il migliore al mondo, Giuseppe Meazza, che non ha ancora compiuto 24 anni. Centravanti tremendo dalla tecnica mai vista, dallo scatto bruciante, dal perentorio stacco di testa. Quello che oggi tutti ammirano in Cristiano Ronaldo, la sospensione in aria, ad altezze vietate agli altri giocatori, Meazza lo faceva già negli anni '30, sebbene non facesse la vita dell'atleta e fosse non solo il re dell'area di rigore, ma anche del tango ballato nei tabarin, con una sigaretta sempre accesa. Ecco, Pozzo, questo fenomeno di attaccante, decide di arretrarlo a mezzala, perché ha bisogno lì del suo estro impareggiabile, mentre un altro centravanti, meno dotato e spettacolare, comunque ce l'ha: Schiavio. L'Italia sarà campione del mondo! Così pure quattro anni dopo in Francia. Meazza, che nell'Ambrosiana-Inter è centravanti e capocannoniere del campionato, prende l'8, il centravanti lo fa Piola. L'Italia vince il secondo mondiale consecutivo. 

mercoledì 9 maggio 2018

Storia dei mondiali di calcio: Clodoaldo del Brasile '70. Il ritratto dei grandi campioni (22^ puntata)

Giocava nel Brasile più forte di sempre, quello che si aggiudicò definitivamente la Coppa Rimet, nome originario dei mondiali di calcio, nel 1970, battendo 4-1 l'Italia di Valcareggi in finale. Una squadra formidabile, capitanata dal terzino destro Carlos Alberto e che schierava, contemporaneamente, alla faccia degli alchimisti della tattica, del pressing e del fuorigioco e del gruppo, che poi sarebbero venuti, i migliori 5 numeri 10 brasiliani del tempo. L'inarrivabile Pelé, Tostao, Jarzinho, Gerson e Rivelino. Pelé interpretò se stesso. Gli altri si adattarono. Jarzinho da ala destra, Rivelino da ala sinistra, Tostao da centravanti, Gerson da mezzala. Eppure, in campo, comandava Clodoaldo. Il regista basso si direbbe oggi, il volante, appena ventunenne. Un prodigio di tecnica e di corsa, di visione del gioco e di carisma. Quel Brasile, che Zagallo aveva voluto a dispetto di tutte le regole più banali sui ruoli e la complementarietà, si reggeva sulla sapienza strategica, prima, e tattica, poi, di Clodoaldo. Così giovani, in mezzo al campo, solo due altri giocatori sono stati determinanti, nella diversità da Clodoaldo. Duncan Edwards, l'asso del Manchester United precocemente scomparso nella tragedia di Monaco di Baviera, ed il Bernd Schuster, che, con l'allora Germania Ovest, incantò agli Europei d'Italia del 1980. (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata7^ puntata8^ puntata9^ puntata10^ puntata11^ puntata12^ puntata13^ puntata14^ puntata15^ puntata16^ puntata17^ puntata18^ puntata19^ puntata20^ puntata, 21^ puntata)
Brasile-Italia, finale dei campionati del
mondo del 1970 in Messico

giovedì 12 giugno 2014

Brasile - Croazia 3-1: doppietta di Neymar il predestinato

Predestinato. Perché non gioca la miglior partita, ma segna due gol al debutto in un campionato del mondo. A casa sua, davanti al suo pubblico, in Brasile. Neymar ribalta il risultato contro la Croazia. Dopo lo sfortunato, più che comico, autogol di Marcelo. Una conclusione incrociata di sinistro, sulla quale Pletikosa impiega una vita ad arrivare, palo e gol. Poi, nella ripresa, su rigore casalingo concesso per fantomatica trattenuta su Fred. Neymar calcia maluccio, Pletikosa ci arriva, ma la palla entra comunque. Predestinato. Neymar, che sa giocare meglio di così, sarà l'eroe dei mondiali. Quanto al Brasile, non mi è sembrata una squadra molto efficace, pessima la prova di Hulk, altalenante quella di Oscar, che tuttavia quando punta l'uomo in genere lo salta e, poi, ha avuto il merito di segnare il gol del 3-1 finale per il Brasile, quando l'arrembaggio croato aveva costretto Julio Cesar a due faticose respinte. Per le statistiche, infine, con la doppietta di questa sera, Neymar arriva a 33 gol con la nazionale brasiliana, agganciando al settimo posto assoluto due mostri sacri del calcio verdeoro come Jairzinho e Ronaldinho. Prossimi obiettivi, Rivaldo, 34 gol, e Bebeto, 39 gol.

lunedì 15 ottobre 2012

Le dieci migliori ali destre della storia

Veniamo alle migliori ali destre della storia. Non indico Cristiano Ronaldo, ala ai tempi del Manchester United, i primi tre anni, perché poi sulla fascia ci finirono Rooney o Tevez: Cristiano Ronaldo è un attaccante, infatti. Per il resto, scelte obbligate ed esclusioni discutibili. Segue la classfica. Cosa ne pensate?
*Aggiornamento del 28 giugno 2022: estendo la classifica alle 37 migliori ali destre della storia.
  1. Garrincha
  2. Best 
  3. Bruno Conti
  4. Jairzinho
  5. Mattews
  6. Hamrin
  7. Figo
  8. Littbarski
  9. Keegan
  10. Beckham
  11. Jimmy Johnstone
  12. Rep
  13. Julinho
  14. Meroni
  15. Robben
  16. Munoz  (River Plate)
  17. Simonsenn
  18. Dalglish
  19. Omar Corbatta
  20. Di Maria
  21. Causio
  22. Wilkes
  23. Jair
  24. Haller
  25. Hassler
  26. Daniel Bertoni
  27. Frank Arnesen
  28. Donadoni
  29. Vanenburg
  30. Bernd Schneider
  31. Chris Waddle 
  32. Michel
  33. René Van de Kerkhof
  34. Claudio Sala
  35. Bernardo Silva
  36. Steve McManaman
  37. July