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giovedì 13 febbraio 2020

Il calcio degli anni '70: da Pelé a Cruijff, da Cubillas a Figueroa

Il calcio degli anni '70 è spesso dimenticato, con l'eccezione di rievocazioni occasionali e per se stesse insufficienti, tanto che molti dei maggiori protagonisti di quell'epoca ancora romantica della pelota sono per lo più degli sconosciuti per le nuove generazioni. Proviamo a rimediare? 

  • Gli anni '70 cominciano con i mondiali messicani, che vedono il successo del maggior campione del decennio precedente, Pelé, guida tecnica del Brasile delle meraviglie, che mette assieme a lui altri quattro numeri 10, Gerson, Jairzinho, Tostao e Rivelino. Un caleidoscopio di classe allo stato puro, con cui il tecnico verdeoro Zagallo smentisce in una volta sola tutte le più scombinate teorie sugli equilibri, il gruppo e la tattica. La prevalenza del talento! Tanto più che il terzino destro, Carlos Alberto, è un fantasista egli pure, dal tocco prezioso e dalla corsa possente, mentre la direzione del gioco è affidato alla ventunenne stella del Santos di Pelé, Clodoaldo. C'è un filmato della finale, che mostra Clodoaldo uscire dal pressing italiano con quattro dribbling consecutivi, con massima eleganza, senza sforzo.

  • Il calcio totale d'Olanda è una rivoluzione, che abbaglia e frastorna. C'è del bello nella novità. Giocatori polivalenti, tutti addestrati fin dalle giovanili al possesso del pallone e alla consapevolezza tecnica, tutti capaci d'interpretare più ruoli e di scambiarsi le posizioni in campo. Ma, c'è anche un equivoco, sottostimato. Nel paese dei tulipani, per una congiura di circostanze fortunate, è fiorita, attorno al magnifico Cruijff, una generazione di talenti irripetibile: Neeskens, Rep, Rensenbrink, Krol, Van Hanegem. E si potrebbe continuare. Non a caso, al tramonto di quest'epoca bella, l'Olanda, dopo i secondi posti ai mondiali del 1974 e del 1978, fallirà le qualificazioni a Spagna 1982 e Messico 1986. Come a dire che l'organizzazione del gioco è sì importante ma non può supplire al valore degli interpreti.

  • Il calcio totale trova molti imitatori anche in Italia. A cominciare dal Torino di Radice, che vince lo scudetto nel 1976. Anche in questo caso, però, al netto dell'efficacia del pressing a tutto campo, dell'aggressività e tutto il resto del credo laico olandese, ci sono grandi giocatori a fare la differenza, dal portiere Castellini, ai gemelli del gol Pulici (3 titoli di capocannoniere) e Graziani, da Zaccarelli e Pecci a centrocampo all'estrosa ala Claudio Sala

  • Nelle coppe europee, si registra il passo indietro dell'Italia, che perde due volte contro l'Ajax di Cruijff la finale di Coppa dei Campioni, nel 1972, con l'Inter, nel 1973, con la Juve. Ajax, dal 1971 al 1973, e Bayern Monaco, dal 1974 al 1976, mettono a segno tris storici.

  • Poi, comincia il lungo dominio inglese, che si estenderà ai primi anni '80. Apristrada il Liverpool di Bob Paisley (subentrato ad un altro tecnico di caratura straordinaria come Bill Shankly) e prosegue il Nottingham Forrest di Brian Clough. Il calcio inglese cambia pelle, mantiene forza, corsa e atletismo, oltre a stadi carichi di passione che mettono in soggezione chiunque oltrepassi le bianche scogliere di Dover, ma inizia a farsi strada anche un gioco meno scontato, da palla lunga e pedalare, dai cross a ripetizione, si vira verso il pass and move. Kevin Keegan, ala destra dal gol facilissimo, sarà due volte pallone d'oro, nel 1978 e nel 1979, ma mancherà la qualificazione ad Argentina '78, venendo l'Inghilterra eliminata proprio dall'Italia.

  • Ai mondiali del 1974, si fa notare la Polonia, terza, del capocannoniere Lato e del centrocampista Deyna. L'Italia, data favorita, va fuori al primo turno. Arriva il congedo di tre giganti del calcio italiano, tutti intorno ai 30 anni: Sandro Mazzola, Gianni Rivera e Gigi Riva. Chinaglia, che aveva appena trascinato la Lazio di Maestrelli ad uno storico scudetto, litiga con Valcareggi e quella resterà l'immagine di una spedizione fallimentare. Resta uno dei centravanti migliori di tutta la sua generazione. Quando parte in progressione e s'ingobbisce ricorda Nordahl. Non è marcabile. Lo ricorderanno, ciascuno a suo modo, prima Elkjaer poi Vieri.

  • I mondiali del 1978, nell'Argentina dei colonnelli, registra il canto del cigno dell'Olanda, battuta in finale, tra le polemiche, dai padroni di casa, capitanati da un libero leggendario, Daniel Passarella, ruvidissimo in marcatura, ma con un mancino raffinato. È la stella della squadra, con l'atipico attaccante Kempes, capocannoniere del torneo, il virtuoso centrocampista Ardiles, dalla tecnica funambolica, la potente ala destra Daniel Bertoni, che negli anni '80 sarebbe sbarcato in Italia, brillando tra Firenze e Napoli. Menotti, tecnico dell'Albiceleste, si concede il lusso di non convocare il giovane Maradona. Che diventerà il più grande di tutti. Ai mondiali argentini, davanti all'Italia quarta, giunge terzo il Brasile, dilaniato dalla rivalità tra Zico, 10 dal dribbling secco, e il mancino al fulmicotone di Dirceu. Entrambi, nei luccicanti anni '80, verranno a giocare in Italia: Zico all'Udinese, Dirceu al Verona, al Napoli, all'Ascoli, al Como e all'Avellino. In quel Brasile, più forte di quanto si sia poi raccontato, giocano anche un goleador implacabile come il centravanti Roberto Dinamite e il fantasista offensivo Reinaldo, più l'elegantissimo Mendonca e il sommo Rivelino, unico reduce del successo iconico ai mondiali messicani del 1970.

  • Due giocatori sudamericani, che non provengono dalle potenze tradizionali di Brasile e Argentina ed Uruguay, caratterizzano il decennio. Il 10 peruviano Cubillas, dal tiro poderoso e dalla progressione implacabile: 5 gol a Messico '70, 5 gol ad Argentina '78; il libero cileno Figueroa, uno dei massimi difensori della storia del calcio.

  • Dopo anni di anonimato, riprende vigore anche il calcio dell'est. Della Polonia s'è detto. Nel 1976, a sorpresa, è la Cecoslovacchia a vincere i campionati europei. Panenka segna, con il primo cucchiaio che si ricordi, il rigore decisivo nella finale contro la Germania Ovest di Beckenbauer e di Gerd Muller. Brilla anche la Jugoslavia di Dzajic, già capocannoniere degli Europei vinti dall'Italia nel 1968. Un anno prima della rassegna continentale, c'era stata la vittoria della Coppa delle Coppe da parte della Dinamo Kiev dal calcio super organizzato di Lobanovskij: la stella è Oleg Blochin, velocissimo attaccante che viene premiato con il pallone d'oro.

  • La nazionale olandese è la squadra del decennio, eppure perde le due finali che gioca: quella del 1974, battuta dalla formidabile Germania Ovest di Franz Beckenbauer, libero e condottiero, del dominatore dell'area di rigore, Gerd Muller, del portierone Sepp Maier e del ruvido marcatore Berti Vogts; quella del 1978, come detto, contro l'Argentina. La sua importanza, considerate anche le straordinarie analogie fra le due compagini, è pari a quella dell'Ungheria favolosa degli anni '50. Essa pure sconfitta ai mondiali svizzeri del 1954 dalla Germania Ovest. Il capitano dei tedeschi è il citato Franz Beckenbauer, due volte pallone d'oro, già centrocampista formidabile a inizio carriera, è diventato un libero favoloso, che contrasta, riparte, ispira e conclude. Contende a Cruijff il titolo di asso del decennio.

  • In Italia, prevale la Juve, che si aggiudica cinque campionati su dieci. Gli altri vanno a Cagliari (1970), Inter (1971), Lazio (1974), Torino (1976) e Milan (1979). Segno che la serie A, peraltro priva di calciatori stranieri, è competitiva ed aperta a molti esiti diversi. Non ho memoria di un altro decennio con sei squadre diverse capaci di raggiungere il titolo nel nostro campionato, a parte il decennio immediatamente successivo.

  • La nazionale italiana è seconda ai mondiali del 1970, guidata da Ferruccio Valcareggi, e quarta a quelli del 1978, guidata da Enzo Bearzot, giocando un calcio bello ed efficace, grazie anche alla freschezza di due esordienti come Cabrini e il rapidissimo centravanti Paolo Rossi, che sarà poi l'eroe del terzo mondiale vinto dall'Italia, quattro anni dopo: nel mezzo la ricordata delusione del 1974.

  • Il Pallone d'Oro premia, come ricordato, tre volte l'olandese Cruijff. Due volte è assegnato al tedesco Beckenbauer (1972, 1976). Nel 1970 aveva vinto un altro tedesco, dell'Ovest, perché allora c'erano due Germanie, Gerd Muller, capocannoniere del mondiale messicano con 10 gol. Nel 1974 vince il sovietico, ucraino, Oleg Blochin, velocissimo attaccante della Dynamo Kiev dal calcio super organizzato di Lobanovskyi. Nel 1977, la minuta ala destra danese Simonssen. Nel 1978 e nel 1979, il ricordato inglese Keegan.

  • Dino Zoff è il miglior portiere del decennio. Altri grandi numeri uno sono il tedesco Maier, l'inglese Banks e l'altro inglese Clemence. Tra gli attaccanti, oltre a Gerd Muller, meritano una citazione Gigi Riva, fuoriclasse di caratura mondiale dal sinistro irresistibile che regala uno storico scudetto al Cagliari proprio all'alba del decennio, Roberto Bettega, tra i migliori colpitori di testa della storia, e l'austriaco Krankl.

  • Nella seconda metà del decennio, si affacciano alla ribalta due fuoriclasse che brilleranno nel firmamento del calcio mondiale anche nei primi anni '80. Michel Platini, regista francese dal tocco felpato e dalla lucidissima visione di gioco, elegante e tremendamente efficace sia nell'assist che al tiro. Non affronta contrasti, perché si libera del pallone sempre un attimo prima che il difensore possa intervenire. Farà più avanti la fortuna della Juve. Karl Heinze Rummenigge, attaccante tedesco dalle cosce ipertrofiche e dalla progressione irresistibile, che ha tecnica da fantasista e doti acrobatiche uniche. Comincia ala destra nel Bayern di Beckenbauer, fa la mezzala, l'ala sinistra e il centravanti. Arriverà all'Inter nel 1984, con il meglio della carriera alle spalle e una struttura muscolare tanto poderosa quanto fragile, che gli costerà molti infortuni.