Rivelino, all'anagrafe brasiliana, Roberto Rivellino, è stato uno dei massimi calciatori della storia brasiliana. Di schiette origini italiane, intraprese la sua leggendaria carriera nel Corinthians di San Paolo. Numero 10, nel Paese, il Brasile, dove quel numero aveva assunto, già prima di Pelé, una dimensione simbolica, narrativa, immaginifica e quasi magica. Quando ancora in Europa si delirava per il 9, il centravanti, i brasiliani subivano l'incantamento delle giocate impreviste e spettinate dei grandi artisti, di cui il 10 sulla maglia era il primo e più immediato segno di distinzione.
Rivelino è un brevilineo dalla corporatura massiccia che occhieggia alla pinguedine. Alto 1,69 m, supera di non poco i 70 kg. Il baricentro basso, unito ad una tecnica da prestigiatore, è il segreto dei suoi improvvisi cambi di direzione, che lasciano sul posto i difensori avversari, che sottopone anche a continui tunnel e ad un dribbling di cui, con il tempo, acquisterà la privativa: l'elastico. Il suo mancino accarezza il pallone, ora da sinistra verso destra e ritorno, ora da destra verso sinistra e ritorno. Va sempre via al malcapitato controllore di turno.
Ai mondiali messicani del 1970, Rivelino è uno dei cinque numeri dieci che l'allenatore Zagallo, già due volte campione del mondo con la nazionale verdeoro da giocatore, pretende di far convivere. Con lui ci sono Gerson, Jairzinho, Tostao e sua maestà Pelè. Il dieci, noblesse oblige, andrà a quest'ultimo, Tostao si adatterà a giostrare da centravanti, Jairzinho agirà da ala destra, Gerson da mezzala e Rivelino andrà all'ala sinistra. Sarà un trionfo. Rivelino incanta.
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Brasile 1970 Rivelino è alla sinistra di Pelé |
Ai mondiali tedeschi del 1974, con il precoce ritiro dal calcio di Tostao e l'abbandono della nazionale da parte di Pelè, sarà proprio Rivelino il giocatore simbolo del Brasile, il cui sogno s'infrangerà contro il gioco totale dell'Olanda. Quarto posto finale.
Il giovane Maradona, argentino, e perciò poco propenso all'ammirazione dei brasiliani, confesserà, all'apice della fama, di essersi ispirato a due campioni degli anni '70: il connazionale Bochini e, come si sarà intuito, Roberto Rivelino. Maestro del dribbling, dell'assist e del tiro.