Blog di critica, storia e statistica sportiva fondato l'11 maggio 2009: calcio, ciclismo, atletica leggera, tennis ...
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venerdì 22 gennaio 2021
Tour de France 1988: Pedro Delgado
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Tour de France 1988
giovedì 21 gennaio 2021
Tour de France 1986: Greg LeMond, un americano a Parigi
Dopo il terzo posto del 1984, dietro Fignon e Hinault, e dopo il secondo posto del 1985, dietro Hinault, nel 1986 Greg LeMond, primo statunitense nella storia del ciclismo, si aggiudicò il Tour de France. L'anno precedente, quando a molti sembrava che potesse scalzare il compagno di squadra e capitano Hinault, LeMond si attenne, obbediente, agli ordini di scuderia. Hinault osservò ed apprezzò. Promettendo che l'anno dopo avrebbe ricambiato il favore. E andò così.
Tour de France 1986 |
Tuttavia, fu Hinault, dentro la formidabile compagine della squadra francese, La Vie Claire, a indossare per primo la maglia gialla, dopo l'undicesima tappa, da Bayonne a Pau, vinta da Pedro Delgado. Greg LeMond vinse il giorno successivo, ma strappò il simbolo del primato a Hinault soltanto nella diciassettesima tappa con arrivo a Serre Chevalier: vincitore di giornata fu lo spagnolo Chozas, LeMond arrivò terzo, a 6'26", assieme allo svizzero Zimmermann, Hinault, in crisi, solo tredicesimo a 9'47". I tre minuti abbondanti che perse da LeMond non li recuperò più, pur togliendosi la soddisfazione di vincere il giorno dopo sull'Alpe d'Huez, tagliando il traguardo un attimo prima dell'amico/rivale. In quell'edizione della Grande Boucle, furono tre i successi parziali di Hinault, come quelli del velocista italiano Guido Bontempi. Alla fine, a Parigi, primo LeMond con 3'10" su Hinault, secondo, e 10'54" sullo svizzero Urs Zimmermann, terzo. La Vie Claire piazzò quattro corridori tra i primi dieci della classifica generale. Oltre LeMond e Hinault, primo e secondo, anche lo statunitense Hampsten, quarto, e l'elvetico Niki Ruttiman, settimo.
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mercoledì 20 gennaio 2021
Tour de France 1985: Hinault V batte LeMond e Roche
Fu nel 1985 che Bernard Hinault eguagliò il primato dei cinque successi al Tour de France già stabilito, prima di lui, da Anquetil e Merckx.
Tour de France 1985 |
L'asso bretone, in forza alla formazione transalpina La Vie Claire, convisse, durante quel Tour, con il giovane fuoriclasse americano Greg LeMond, che giunse secondo a Parigi: Hinault s'impegnò ad aiutarlo nel Tour successivo, che LeMond poi avrebbe vinto davvero. In quel 1985, il distacco tra i due a Parigi fu solo di 1'42" e molti ritennero che LeMond, se libero di attaccare il suo capitano, avrebbe potuto vestire la maglia gialla finale. Resta, a distanza di tanti anni, una mera congettura. Terzo giunse l'irlandese Stephen Roche, che un suo Tour l'avrebbe conquistato nel 1987. Tra i primi dieci della classifica generale, anche due grandissimi scalatori, come lo spagnolo Pedro Delgado, sesto e vincitore nella tappa pirenaica di Luz-Ardiden e il colombiano Lucho Herrera. Da segnalare, tra cronometro individuali e cronometro a squadra, i 230 km corsi contro il tempo. Il contrario di quanto accade nei Tour degli ultimi anni.
giovedì 14 gennaio 2021
Tour de France 1980: Zoetemelk
Il primato dei sei secondi posti al Tour de France difficilmente sarà sottratto a Joop Zoetemelk. Eppure ne vinse anche uno, di Tour, il grande campione olandese, nel 1980, qualche mese prima della soglia biologica fatidica nelle grandi corse a tappe: i 34 anni. Fu per il ritiro di Bernard Hinault, vincitore delle due edizioni precedenti e delle due successive? Nessuno può dirlo. L'asso bretone fu messo fuori causa da una tendinite, che lo costrinse al ritiro mentre guidava la classifica con 21" di vantaggio. Epperò Zoetemelk vinse quel Tour. Dopo essere stato secondo dietro Merckx nel 1970 e nel 1971, dietro Van Impe, nel 1976, quindi proprio dietro Hinault, nel 1978 e nel 1979. E sempre dietro al Tasso avrebbe concluso di nuovo il Tour, nel 1984, a quasi 38 anni.
Tour de France 1980 |
In quell'edizione 1980 della Grande Boucle, Zoetemelk precedette in classifica il connazionale Kuiper di 6'55" e il francese Raymond Martin di 7'56". Fu l'apoteosi di una lunghissima carriera, nella quale raccolse anche la Vuelta a Espana del 1979 e corse di un giorno di prestigio, come la Freccia Vallone, l'Amstel Gold Race e, soprattutto, il campionato del mondo del 1985 a Giavera del Montello, in Italia, precedendo Greg LeMond e Moreno Argentin. Tornando al Tour de France 1980, Zoetemelk si aggiudicò due frazioni a cronometro. Ma, nelle edizioni passate, dal grande passista scalatore che era, aveva per esempio colto due successi sull'Alpe d'Huez. Il trionfo olandese fu completato dal secondo posto di Kuiper e dal decimo di Lubberding nonché da 11 complessivi successi di tappa di corridori dei Paesi Bassi, di cui tre furono colti da Raas.
mercoledì 8 luglio 2020
Tour de France 1984: l'apoteosi di Fignon
L'anno precedente il giovane Laurent Fignon aveva conquistato a sorpresa il suo primo Tour de France. Dando prova di classe superiore, soprattutto in salita. Tuttavia, la critica, e specialmente quella transalpina, aveva osservato e molto sottolineato l'assenza di Hinault, il dominatore del tempo delle grandi corse a tappe.
Nel 1984, Hinault, alla ricerca della quinta Grande Boucle, era però al via. Tutta la Francia attendeva il duello tra Fignon e Hinault. Che, tuttavia, si svolse più sui giornali che in corsa. Fignon aveva invece da smaltire la delusione sofferta al Giro, dove Moser gli aveva strappato la maglia rosa nella cronometro conclusa all'Arena di Verona, montando le avveniristiche ruote lenticolari.
Tour de France 1984 |
Dopo il successo nel cronoprologo da parte di Hinault, cominciò infatti la grande cavalcata di Fignon. Che vinse, sul terreno prediletto dal gran Tasso bretone, la lunga cronometro individuale da Alencon a Le Mans: Hinault fu terzo a 49", preceduto anche dall'irlandese Sean Kelly. Il divario, tra i due grandi rivali si approfondì sui Pirenei. Nell'undicesima tappa, con arrivo a Guzet-Neige, Fignon diede altri 52" al rivale. Eppure Hinault sembrava ancora in corsa.
Il trionfo di Fignon si celebrò sulle Alpi. Cominciò con il successo nella cronoscalata a La-Ruchere, il secondo posto, dietro il colombiano Lucho Herrera, sull'Alpe d'Huez che lo vestì di giallo, e i quasi tre minuti di distacco inflitti a Hinault, e l'ulteriore successo a La Plagne, dove Fignon diede altri tre minuti scarsi ad Hinault.
Laurent Fignon |
A Parigi, dopo aver dominato anche l'ultima cronometro del giorno prima, Fignon vinse con 10'32" su Hinault e 11'46" sul giovane campione del mondo Greg LeMond: un'apoteosi. Il vertice più alto della carriera di Laurent Fignon. Per la prima volta in carriera, Hinault non vinceva una grande corsa a tappe portata a termine. Fignon, a quasi 24 anni, pareva predestinato ad una carriera leggendaria. Un corridore antico, Fignon perché costantemente votato all'attacco o al contrattacco, mai attendista, sempre avviato ad azioni sorprendenti e spettacolari. Distacchi come quelli appena ricordati, inflitti a corridori di tale spessore, profumano di anni '40 e '50. In quel Tour, Fignon e LeMond correvano nella stessa squadra. Fino all'anno prima, Fignon era stato compagno di squadra di Hinault. L'anno dopo, 1985, LeMond sarebbe passato in quella di Hinault. Cinque anni dopo, nel 1989, Fignon avrebbe perso da LeMond il possibile terzo Tour per la miseria di 8". Insomma, un podio magnifico, intricato, premonitore e letterario, quello del Tour de France 1984. Fignon, Hinault e LeMond hanno vinto, insieme, dieci Tour de France.
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martedì 9 giugno 2020
Giro d'Italia 1985: il tris di Hinault! "Il Tasso" correva solo per vincere
Al Giro d'Italia del 1985 tornò a correre, per la terza volta, l'asso francese, anzi bretone, Bernard Hinault. Che aveva già conquistato la corsa della Gazzetta nel 1980 e nel 1982. Due su due. Che sarebbero diventate tre su tre.
Parigi-Roubaix 1981: nel velodromo di Roubaix, Hinault precede De Vlaeminck e Moser |
Moser, campione uscente dopo il sorprendente trionfo del 1984, coronato dalla straordinaria rimonta nella cronometro di Verona ai danni di Fignon, cercava un difficile bis. Molta attesa c'era anche per Saronni, dopo la deludente ultima stagione. E molta curiosità destava il giovane americano Greg LeMond.
Moser fu subito maglia rosa, aggiudicandosi, ancora a Verona, il cronoprologo. Alla terza tappa, il simbolo del primato si trasferì sulle spalle del suo grande rivale, Giuseppe Saronni, grazie all'affermazione della sua Del Tongo-Colnago, nella cronosquadre, bissata dal successo individuale a Pinzolo, il giorno dopo. In Val Gardena, passò al comando Visentini, che da anni dava segni di poter vincere il Giro, sempre senza riuscirci. Tenne la maglia rosa nove giorni, fino a Maddaloni, quando Hinault sbaragliò la concorrenza contro il tempo, balzò in testa alla classifica e ci rimase fino a Lucca, dove il Giro terminò con un'altra cronometro, questa volta appannaggio di Moser. Primo Hinault, secondo Moser a 1'08", terzo LeMond a 2'55". Saronni, pur vincitore di due tappe, non andò oltre il quindicesimo posto in classifica generale.
Hinault, di lì a poco, avrebbe vinto anche il suo quinto Tour de France, precedendo proprio LeMond, peraltro suo compagno di squadra a La Vie Claire. L'anno dopo, il 1986, sarebbe accaduto il contrario al Tour, primo LeMond, secondo Hinault. Che poi decise di ritirarsi, a soli 32 anni! Aveva sempre corso per vincere, generalmente riuscendoci, Hinault, e non avrebbe potuto accontentarsi di andare avanti per dei piazzamenti. Osservate la sua determinazione feroce nella foto, sopra riportata, della volata vittoriosa alla Parigi-Roubaix, corsa che detestava, ma che inseguì e conquistò con volontà incrollabile. Il manifesto della sua carriera: vincere! Nel 1993, commentando il duello Indurain/Rominger per la maglia gialla, Hinault sbottò, osservando la condotta di gara troppo arrendevole dello svizzero: "Corre per essere secondo, non è bello per il ciclismo". Soltanto Merckx, che sprintava anche per i traguardi volanti, ha avuto, nel ciclismo, un desiderio di successo superiore a quello di Hinault. Desiderio di successo che Hinault, secondo il costume del tasso, in corsa dissimulava, in attesa di piazzare il colpo risolutivo. Non è, pertanto, un caso che, in una classifica a punti, certo opinabile, dei maggiori ciclisti della storia, Merckx ed Hinault siano risultati primo e secondo.
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martedì 26 maggio 2020
I migliori cronomen della storia del ciclismo
Propongo una classifica dei migliori cronomen della storia del ciclismo.
- Jacques Anquetil
- Eddy Merckx
- Fausto Coppi
- Miguel Indurain
- Greg LeMond
- Francesco Moser
- Bernard Hinault
- Fabian Cancellara
- Learco Guerra
- Chris Boardman
- Ferdi Kubler
- Ercole Baldini
- Alex Zulle
- Bradley Wiggins
- Jan Ullrich
- Chris Froome
- Tom Dumoulin
- Tony Rominger
- Erik Breukink
- Alberto Contador
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mercoledì 29 aprile 2020
Tour de France 1991: vinse Indurain, ma poteva vincere Bugno
Nel 1991, il Tour de France si annunciava, e davvero lo sarebbe stato, combattuto e spettacolare. Intanto, andava in scena un duro scontro generazionale. La vecchia guardia, vecchia si fa per dire, perché non superava i 30 anni d'età, con LeMond, Fignon e Delgado, sei Grande Boucle in tre, si preparava a resistere agli assalti della nuova leva ciclistica, quella del '64, capitanata da Bugno, Breukink, Alcala e Indurain. In quest'ordine. Si tenga presente, al riguardo, che il leader della Banesto era ancora Delgado e Indurain il suo aiutante di campo. Poi, c'era Chiappucci, classe 1963, secondo a sorpresa un anno prima, ma pure secondo al Giro d'Italia 1991, vinto da Chioccioli, con Bugno solo quarto! Ciò nondimeno, Bugno, che si era poi aggiudicato il campionato italiano, volava. Ma, iniziò la corsa avendo nella testa i pronostici dei maggiori suiver dell'epoca, che vedevano in LeMond l'uomo da battere e, pertanto, il principale avversario da curare in corsa. Un errore che gli sarà fatale. A Bugno, intendo.
La corsa.
Il cronoprologo, manco a dirlo va a Thierry Marie, i francesi lo prevedono per lui. LeMond prende la maglia gialla il giorno dopo, per cederla subito al danese da classiche, Sorensen. Poi, una mai chiarita intossicazione alimentare mette fuori gioco tutta la PDM, con Breukink e Kelly in piena lotta per la generale. Il sigillo del primato torna a Marie e poi ancora a LeMond. Alla decima tappa, Indurain esce dal cono d'ombra di Delgado, annettendosi la cronometro, di 73 km!, da Argentan ad Alencon. Il trono di LeMond vacilla. Nell'undicesima e nella dodicesima tappa, Mottet mette a segno una memorabile doppietta, all'esito della quale Luc Leblanc è maglia gialla. La Francia, che pure aspettava un altro idolo di casa, Fignon, esulta. Il 19 luglio, si decide il Tour. Tredicesima tappa con arrivo a Val Louron. Tappone pirenaico. Caldo, il clima prediletto da Bugno, che potrebbe staccare tutti - ma cura LeMond, un LeMond affaticato sebbene tenace - già sull'Aubisque. E invece si limita ad un attacco dimostrativo nell'ultimo chilometro. Più avanti, sul mitico Tourmalet, passano in testa Chiappucci, Indurain, Bugno, Mottet, Leblanc. C'è la discesa. E Bugno, che in discesa non è un drago, lascia andare Indurain. Perché lo sottovaluta. E poi Chiappucci. Arriva a perdere oltre due minuti e mezzo. Poi, perché sta bene, meglio di tutti, si sveglia, stacca gli altri, recupera nella salita verso Val Louron, rapporto lungo, il suo, pedalata tonda, la sua, eleganza assoluta, la sua. Perde però un minuto e mezzo, in una tappa che avrebbe potuto vincere. E che va invece a Chiappucci. Batterà Indurain sull'Alpe d'Huez, già sua l'anno prima. Ma, ormai, Indurain ha il giallo addosso. E vincerà anche la cronometro, 57 km!, di Macon. Primo Indurain, a Parigi, secondo Bugno a 3'36", terzo Chiappucci a 5'56". Poi tre francesi in fila, Mottet, Leblanc e Fignon. LeMond solo settimo davanti al connazionale Hampsten, Delgado, detronizzato da Indurain, nono. La rivoluzione è compiuta. Una nuova leva di corridori è al comando. Guidata da Indurain. Bugno ha perso, definitivamente, sebbene ancora non lo sappia, la possibilità di diventare la leggenda che il suo talento gli avrebbe permesso. Un Tour perso in discesa!
Il cronoprologo, manco a dirlo va a Thierry Marie, i francesi lo prevedono per lui. LeMond prende la maglia gialla il giorno dopo, per cederla subito al danese da classiche, Sorensen. Poi, una mai chiarita intossicazione alimentare mette fuori gioco tutta la PDM, con Breukink e Kelly in piena lotta per la generale. Il sigillo del primato torna a Marie e poi ancora a LeMond. Alla decima tappa, Indurain esce dal cono d'ombra di Delgado, annettendosi la cronometro, di 73 km!, da Argentan ad Alencon. Il trono di LeMond vacilla. Nell'undicesima e nella dodicesima tappa, Mottet mette a segno una memorabile doppietta, all'esito della quale Luc Leblanc è maglia gialla. La Francia, che pure aspettava un altro idolo di casa, Fignon, esulta. Il 19 luglio, si decide il Tour. Tredicesima tappa con arrivo a Val Louron. Tappone pirenaico. Caldo, il clima prediletto da Bugno, che potrebbe staccare tutti - ma cura LeMond, un LeMond affaticato sebbene tenace - già sull'Aubisque. E invece si limita ad un attacco dimostrativo nell'ultimo chilometro. Più avanti, sul mitico Tourmalet, passano in testa Chiappucci, Indurain, Bugno, Mottet, Leblanc. C'è la discesa. E Bugno, che in discesa non è un drago, lascia andare Indurain. Perché lo sottovaluta. E poi Chiappucci. Arriva a perdere oltre due minuti e mezzo. Poi, perché sta bene, meglio di tutti, si sveglia, stacca gli altri, recupera nella salita verso Val Louron, rapporto lungo, il suo, pedalata tonda, la sua, eleganza assoluta, la sua. Perde però un minuto e mezzo, in una tappa che avrebbe potuto vincere. E che va invece a Chiappucci. Batterà Indurain sull'Alpe d'Huez, già sua l'anno prima. Ma, ormai, Indurain ha il giallo addosso. E vincerà anche la cronometro, 57 km!, di Macon. Primo Indurain, a Parigi, secondo Bugno a 3'36", terzo Chiappucci a 5'56". Poi tre francesi in fila, Mottet, Leblanc e Fignon. LeMond solo settimo davanti al connazionale Hampsten, Delgado, detronizzato da Indurain, nono. La rivoluzione è compiuta. Una nuova leva di corridori è al comando. Guidata da Indurain. Bugno ha perso, definitivamente, sebbene ancora non lo sappia, la possibilità di diventare la leggenda che il suo talento gli avrebbe permesso. Un Tour perso in discesa!
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lunedì 27 aprile 2020
Tour de France 1990: il tris di LeMond, l'illusione di Chiappucci. L'imboscata di Saint-Etienne
Il Tour de France 1990 fu l'ultima gara a tappe corsa secondo i canoni del ciclismo antico. Accadde davvero di tutto. Molti pensavano, i francesi lo speravano, che sarebbe andata in scena la rivincita di Fignon su LeMond, dopo la risicata, emozionante vittoria del californiano nella cronometro di Parigi del 1989. Fignon invece fu costretto al ritiro, come gli era già successo al Giro, dominato da un magnifico Bugno: maglia rosa dalla prima all'ultima tappa. Come Girardengo, Binda e Merckx prima di lui. Come nessuno, dopo di lui. Ma, torniamo al Tour. Il francese Marie vince il cronoprologo. Il giorno dopo, avviene l'imprevisto. La "fuga bidone", che porta il canadese Bauer in maglia gialla, con Maasen vincitore di giornata. Tra i fuggitivi, che infliggono al gruppo più di dieci minuti di distacco, anche Claudio Chiappucci. Ventisettenne scalatore, cresciuto nella Carrera, a lungo gregario di Visentini e di Roche. Appena quattordicesimo al Giro dominato da Bugno. I condottieri del plotone capiranno presto di aver usato troppa indulgenza verso quegli attaccanti. Particolarmente coriacea si dimostrerà la resistenza di Chiappucci. Che presto smette i panni dell'imbucato alla grande festa del ciclismo mondiale. Il suo vantaggio si erode ma non sfuma. Anzi, sulle Alpi, dopo il trionfo di Bugno su LeMond all'Alpe d'Huez, Chiappucci tiene. E nella cronometro che arriva a Villard-de-Lans, vinta da Breukink, si veste di giallo. Il suo vantaggio su LeMond e Breukink è ancora rassicurante. Senonché, in una tappa intermedia, la classica tappa vallonata del Tour, da cui nessun suiver si attende sconquassi, il genio strategico di LeMond ribalta i giochi. Spedisce all'attacco il compagno di squadra Pensec, un altro dei miracolati del secondo giorno di corsa. Chiappucci abbocca, temendo di perdere la maglia. Ma, stremato, non sa replicare al contrattacco di LeMond e Breukink, perdendo, sul traguardo di Saint-Etienne, oltre quattro minuti e mezzo. Fatali. Perché nella cronometro della penultima tappa, vinta ancora da Breukink, LeMond gli porterà via, secondo pronostico, il primato. LeMond vincerà il Tour, con 2'16" su Chiappucci e 2'29" su Breukink. Quarto Delgado, decimo il suo luogotenente Indurain, che, allora nessuno se l'aspetta, farà suoi i prossimi cinque Tour. Sembra, infatti, il meno dotato, e forse lo è, della generazione del 1964, anno di nascita anche di Breukink, Alcala e Bugno! Quinto è lo spagnolo Lejarreta, un maratoneta delle due ruote, che, quasi ogni anno correva, nell'ordine d'allora, Vuelta, Giro e Tour (quindici volte tra i primi dieci della generale!). Settimo è Bugno, vincitore di giornata anche a Bordeaux, che ha corso il Tour dopo il trionfo al Giro e che, a parere di scrive, era il più forte in gara. Ma, non lo sapeva. Come lo sarebbe stato l'anno dopo, nel 1991, pur chiudendo secondo dietro Indurain. Ma, questa è un'altra storia.
Tour de France 1990 |
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giovedì 23 aprile 2020
Tour de France 1989: LeMond e Fignon. Il romanzo di due campioni leggendari e di una rivalità unica
Il Tour più bello e avvincente, cui mi sia capitato di assistere, resta quello del 1989. Al via, il grande favorito era il beniamino di casa Laurent Fignon, il professore, così detto per via di occhialini dalla montatura dorata che gli conferivano un'aria molto seria. Fignon era tornato competitivo nelle gare tappe proprio al Giro d'Italia appena vinto su Flavio Giupponi.
Laurent Fignon
Talento precoce, aveva già conquistato, nel 1983 e nel 1984 due Tour de France consecutivi e sembrava destinato a stabilire una lunga tirannia nel mondo delle due ruote: nel 1984 aveva appena 24 anni, essendo nato a Parigi il 12 agosto del 1960. Ecco, quell'anno, il 1984, quello delle Olimpiadi di Los Angeles, Fignon aveva sfiorato anche il Giro, perdendo la maglia rosa nella cronometro finale che giungeva all'Arena di Verona: decisivo l'apporto tecnologico fornito a Moser dalle ruote lenticolari. Al Tour, però, aveva dato dieci minuti a sua maestà Bernard Hinault e undici al campione del mondo in carica Greg LeMond. Invece, da quel momento cominciò un periodo di buio agonistico per Fignon, dovuto anche a ripetuti infortuni. Hinault avrebbe vinto il Tour del 1985, il suo quinto e rimasto l'ultimo per i francesi!, davanti a LeMond, con Fignon assente. Lemond avrebbe vinto, primo americano della storia, il Tour del 1986, Hinault secondo e pronto al ritiro a soli 32 anni. Il professore francese avrebbe dovuto attendere, si diceva, il Giro del 1989 per tornare a fare classifica in un grande giro. Nel frattempo, si era annesso, noblesse oblige, due Milano-Sanremo consecutive ('88 e '89).
Laurent Fignon (FRA) |
Greg LeMond
Greg LeMond era un predestinato. Ciclista dove, negli Usa, il ciclismo era sport di puro diletto, aveva messo a profitto il fatidico incontro con un italoamericano di origini marchigiane, Fred Mengoni. Suo ispiratore e mentore. LeMond, nato in California il 26 giugno 1961, era stato campione del mondo nel 1983, dopo il secondo posto inflittogli da Saronni a Goodwood nel 1982. Ma, era anche magnifico corridore da gare a tappe. In carriera, faceva il Giro per preparare il Tour. Eppure arrivò con facilità terzo e quarto nella corsa della Gazzetta ('85 e 86). S'è detto del Tour che vinse su Hinault nel 1986. Poi, il fato volle esigere da lui un prezzo elevatissimo dalla gloria ottenuta. Un incidente, un banale incidente di caccia, rimase ferito e forzatamente lontano dalle competizioni per due lunghi anni, essendosi temuto per la sua carriera oltre che per la sua vita. Tornava alle corse proprio nel 1989. Quando comincia la nostra storia.
Greg Lemond (USA) |
Tour de France 1989
Dopo anni contrappuntati da assenze dolorose, al via della Grande Boucle, ci sono tutti i migliori. Fignon, appunto, fresco vincitore del Giro, LeMond, risorto, Pedro Delgado, vincitore, tra le polemiche, del Tour del 1988, la corazzata della PDM, che schiera, tutti assieme, Theunisse, Rooks, Alcala e Kelly: finiranno tutti e quattro tra i primi dieci della classifica generale, pur mancando il podio. La corsa comincia con un coup de theatre: lo spagnolo Delgado, nel cronoprologo del Lussemburgo, si presenta al via con due minuti e mezzo di ritardo. Perché? Si tireranno in ballo i sospetti di doping che avevano adombrato la sua vittoria dell'anno prima. Delgado dovrà correre in rimonta tutto il Tour e chiuderà terzo, nonostante la superiorità manifesta in salita. La prima maglia gialla è dell'olandese Breuking, classe 1964, uno che aveva più reputazione nelle corse a tappe, allora, dei coetanei Bugno e Indurain, luogotenente di Delgado. Fignon prende la maglia gialla alla quinta tappa. LeMond gliela porta via alla decima, dopo una cronometro interminabile, 73 km, che giunge a Futuroscope. Fignon la riprende a Superbagneres, sui Pirenei, e la cede di nuovo a LeMond, a Gap, all'esito della quarta cronometro di quel Tour! Fignon va meglio in salita. E si veste ancora di giallo dopo l'Alpe d'Huez, domata dall'olandese Theunisse. Fino alla cronometro, la quinta, che giunge a Parigi da Versailles, il 23 luglio 1989. La Francia è tutta con Fignon. Con l'eccezione degli inconsapevoli organizzatori, che hanno infarcito il Tour di 190,3 km contro il tempo, cronosquadre compresa! Fignon lotta, ma LeMond vola. E vince il Tour de France 1989 con il vantaggio più esiguo e beffardo della storia del ciclismo: 8"! Otto, tremendi secondi, che porranno fine alla carriera di Fignon ad alti livelli. La seconda beffa per Fignon, dopo quella di Verona 1984. Troppo. LeMond vincerà anche il Tour, il suo terzo, del 1990.
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