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domenica 24 aprile 2022
venerdì 21 gennaio 2022
Giro d'Italia 1981: 1. Battaglin 2. Prim 3. Saronni
Fu l'anno di Giovanni Battaglin, il 1981. Il campione veneto, forte fin dagli esordi nel professionismo, tanto che fu terzo al Giro d'Italia del 1973 dietro Merckx e Gimondi, arrivò al Giro da vincitore della Vuelta a Espana, che allora si disputava tra la fine di aprile e gli inizi di maggio.
Il Giro d'Italia 1981 partì da Trieste con il solito cronoprologo: vinse il norvegese Knudsen, che si sarebbe annesso anche le due successive prove individuali contro il tempo, compresa la tappa finale con arrivo a Verona. Nella seconda frazione, vittoria - la prima di sedici nella storia del Giro - e maglia per il promettente velocista lombardo Guido Bontempi. Dopo la cronosquadre della terza tappa, fu Moser a vestire la prima delle sue due maglie rosa di quell'edizione. Non era in gran forma, il campione trentino, tuttavia. Al netto di un successo di tappa a Salsomaggiore Terme, sarebbe giunto solo ventunesimo in classifica generale. Il suo grande rivale, Saronni, sembrava invece in grado di ripetere il successo del 1979 e vestì la maglia rosa a Rodi Garganico, arrivo della quinta tappa, dopo aver battuto in volata proprio Moser. Seppe ripetersi il giorno dopo a Bari e tenne il simbolo del primato sino alla tredicesima frazione, cronometro vinta dal detto Knudsen, con Visentini passato in testa alla classifica, per esserne spodestato il giorno dopo da Silvano Contini.
Battaglin, sempre regolare in corsa, si aggiudicò l'arrivo in montagna di San Virgilio di Marebbe (19^ tappa) e vestì la maglia rosa il giorno dopo sulle Tre Cime di Lavaredo, dov'era nata la leggenda di Merckx. Fu bravo a difendersi nella cronometro finale di Trieste, dove cedette un solo secondo a Prim, mettendosi alle spalle, sempre per un secondo, Saronni. Alla fine, Battaglin primo, davanti a Prim, a 38" e Saronni, terzo a 50". Quarto Contini, quinto lo svizzero Fuchs. In quel Giro del 1981, ci fu la prima vittoria di Moreno Argentin, che sarebbe diventato uno dei maggiori cacciatori di classiche della storia del ciclismo.
La doppietta Giro-Vuelta, firmata da Battaglin nel 1981, era riuscita a Merckx nel 1973 e sarebbe riuscita poi a Contador, nel 2008, quando però la Vuelta si disputava a settembre, come avviene oggi.
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giovedì 20 gennaio 2022
Giro d'Italia 1982: 1. Hinault 2. Prim 3. Contini
Nel 1982 l'asso francese, melius bretone, Bernard Hinault tornò al Giro d'Italia, con l'idea di realizzare l'accoppiata con il successivo Tour de France. Accoppiata solo sfiorata nel 1980, quando aveva vinto il primo Giro, ma era stato costretto al ritiro alla Grande Boucle in maglia gialla.
Quello di Hinault fu un trionfo annunciato, trapuntato da quattro successi di tappa e quindici giorni complessivi in maglia rosa. L'unico a tenergli testa fu il coriaceo svedese Tommy Prim, secondo sul podio finale di Torino a 2'35" davanti al compagno di squadra alla Bianchi, Silvano Contini a 2'47". Contini qualche settimana prima si era imposto a sorpresa alla Liegi-Bastogne-Liegi.
Silvano Contini |
Quarto il grande scalatore belga Lucien Van Impe, che aveva quasi 36 anni eppure debuttava sulle strade del Giro, a 4'31". I grandi rivali del ciclismo italiano, Saronni e Moser, giunsero rispettivamente sesto e ottavo in classifica generale, con tre successi di tappa per il lombardo e due per il trentino. Saronni, in particolare, s'impose nella penultima tappa, la Cuneo-Pinerolo, che rievocava quella mitica conquistata da Coppi e raccontata da Mario Ferretti al Giro del 1949.
mercoledì 19 gennaio 2022
Giro d'Italia 1983: bis di Saronni davanti a Visentini
All'edizione 1983 del Giro d'Italia, Beppe Saronni giunse con i gradi favorito, stante il declino di Moser, che sarebbe poi agonisticamente risorto l'anno dopo, e l'assenza annunciata del campione uscente, Bernard Hinault. D'altra parte Saronni arrivava da una serie straordinaria di vittorie. Nel 1982, oltre a tre tappe al Giro d'Italia, aveva vinto il Giro della Svizzera, il campionato del mondo con la tremenda volata trascesa in fuga a Goodwood e poi il Giro di Lombardia. Nel 1983, finalmente, dopo tre secondi posti, era arrivato il trionfo alla Milano-Sanremo. Il tracciato della corsa organizzata dalla Gazzetta sembrava favorirlo, con una cronometro a squadre e due cronometro individuali ed altre tappe adatte alla sua resistente velocità.
La prima maglia rosa fu dello svedese Primm, dopo la cronosquadre d'esordio vinta dalla sua Bianchi. Il giorno dopo, successo in volata di Bontempi a Comacchio e maglia rosa allo svizzero Freuler. Dalla terza tappa, il simbolo del primato passò sulle spalle di Rosola, per due giorni, e poi di Silvano Contini, per altri due. Saronni passò in testa dopo la settima tappa conclusa a Salerno e vi rimase sino all'arrivo finale ad Udine. Suo grande rivale fu Roberto Visentini, che, in salita, cercò di spodestarlo. Memorabile fu la difesa, più di testa che di gambe, di Saronni, attaccato a fondo da Visentini, nella terzultima tappa da Selva di Val Gardena ad Arabba. Saronni, complessivamente, vinse tre frazioni a Todi, a Parma contro il tempo e a Bergamo. Visentini vinse l'ultima cronometro a Udine. Molti suivers scrissero che le energie spese da Saronni per conquistare quel suo secondo Giro, dopo quello del 1979, misero fine alla parte migliore della sua carriera. Può essere. Se si pensi che nel 1984 e nel 1985, Saronni entrò in un cono d'ombra, per uscirne solo nel 1986, quando fu secondo al Giro proprio dietro Visentini e davanti all'eterno rivale Moser, e rientrarvi di lì al ritiro dalle corse, avvenuto nel 1990. Resta certo che tra il 1982 e il 1983, il dominio di Saronni nel ciclismo mondiale fu pressoché assoluto. Gli mancò solo il palcoscenico del Tour, sempre disertato fino ad una svogliata e breve apparizione nel 1987.
Tornando al Giro d'Italia 1983, Saronni vinse con 1'07" su Visentini e 3'40" sullo spagnolo Alberto Fernandez, terzo. Quarto fu lo scalatore Beccia, quinto il tedesco Thurau, sesto lo spagnolo stakanovista Marino Lejarreta, reduce dal secondo posto alla Vuelta, che aveva vinto l'anno prima. Saronni e Paolo Rosola vinsero tre tappe a testa. Da ricordare anche i due successi parziali del giovane Moreno Argentin e del velocista Guido Bontempi.
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venerdì 14 gennaio 2022
Giro d'Italia 1979: trionfo di Saronni su Moser
Il Giro d'Italia nel 1979 partì da Firenze, con una breve cronometro di 8 km e si concluse, secondo tradizione prevalente, a Milano. La prima maglia rosa fu appannaggio di Francesco Moser, che sperava di vincere la sua prima grande corsa a tappe. E invece ad imporsi fu il giovane avversario, Beppe Saronni, classe 1957, che con Moser avrebbe dato corpo e anima e polemiche ad una rivalità clamorosa, seconda solo a quella tra Bartali e Coppi, nel ciclismo italiano. Almeno per l'intensità con cui la vissero i tifosi dell'uno e dell'altro.
Torniamo alla corsa. Moser mantenne la maglia rosa fino alla settima tappa, per cederla proprio a Saronni dopo la cronoscalata dell'ottava, 28 km da Rimini a San Marino. Saronni l'avrebbe tenuta fino a Milano, conquistando il primo di due Giri d'Italia, garantendosi anche tre successi parziali, compresa la cronometro conclusiva da Cesano Maderno al capoluogo lombardo. Moser avrebbe chiuso al secondo posto della generale a 2'09", terzo lo svedese Bernt Johansonn, già nono l'anno prima, che vantava anche l'oro olimpico in linea alle Olimpiadi di Montreal 1976. Quarto posto per il francese Laurent, vincitore della Freccia Vallone del 1978, quinto per Contini. Da segnalare anche il decimo posto di Visentini, coetaneo di Saronni, cui avrebbe conteso la vittoria finale nel 1983, perdendo, e nel 1986, vincendo.
La vittoria di Saronni, in parte annunciata, fece molto rumore. Era dai tempi del Coppi debuttante, nel 1940, che un corridore così giovane, 22 anni ancora da compiere, non s'imponeva in un grande giro con tanta, disarmante personalità. Il Giro del 1979, peraltro, era stato disegnato dal grande Torriani per favorire Moser, dislocando cinque prove contro il tempo lungo il percorso, che avrebbero dovuto spianare la strada al grande specialista trentino. Saronni superò il rivale tre volte sul suo terreno: oltre ai detti successi di San Marino e Milano, Saronni superò Moser anche nella crono della decima tappa da Lerici a Portovenere, vinta da Knudsen.
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martedì 9 giugno 2020
Giro d'Italia 1985: il tris di Hinault! "Il Tasso" correva solo per vincere
Al Giro d'Italia del 1985 tornò a correre, per la terza volta, l'asso francese, anzi bretone, Bernard Hinault. Che aveva già conquistato la corsa della Gazzetta nel 1980 e nel 1982. Due su due. Che sarebbero diventate tre su tre.
Parigi-Roubaix 1981: nel velodromo di Roubaix, Hinault precede De Vlaeminck e Moser |
Moser, campione uscente dopo il sorprendente trionfo del 1984, coronato dalla straordinaria rimonta nella cronometro di Verona ai danni di Fignon, cercava un difficile bis. Molta attesa c'era anche per Saronni, dopo la deludente ultima stagione. E molta curiosità destava il giovane americano Greg LeMond.
Moser fu subito maglia rosa, aggiudicandosi, ancora a Verona, il cronoprologo. Alla terza tappa, il simbolo del primato si trasferì sulle spalle del suo grande rivale, Giuseppe Saronni, grazie all'affermazione della sua Del Tongo-Colnago, nella cronosquadre, bissata dal successo individuale a Pinzolo, il giorno dopo. In Val Gardena, passò al comando Visentini, che da anni dava segni di poter vincere il Giro, sempre senza riuscirci. Tenne la maglia rosa nove giorni, fino a Maddaloni, quando Hinault sbaragliò la concorrenza contro il tempo, balzò in testa alla classifica e ci rimase fino a Lucca, dove il Giro terminò con un'altra cronometro, questa volta appannaggio di Moser. Primo Hinault, secondo Moser a 1'08", terzo LeMond a 2'55". Saronni, pur vincitore di due tappe, non andò oltre il quindicesimo posto in classifica generale.
Hinault, di lì a poco, avrebbe vinto anche il suo quinto Tour de France, precedendo proprio LeMond, peraltro suo compagno di squadra a La Vie Claire. L'anno dopo, il 1986, sarebbe accaduto il contrario al Tour, primo LeMond, secondo Hinault. Che poi decise di ritirarsi, a soli 32 anni! Aveva sempre corso per vincere, generalmente riuscendoci, Hinault, e non avrebbe potuto accontentarsi di andare avanti per dei piazzamenti. Osservate la sua determinazione feroce nella foto, sopra riportata, della volata vittoriosa alla Parigi-Roubaix, corsa che detestava, ma che inseguì e conquistò con volontà incrollabile. Il manifesto della sua carriera: vincere! Nel 1993, commentando il duello Indurain/Rominger per la maglia gialla, Hinault sbottò, osservando la condotta di gara troppo arrendevole dello svizzero: "Corre per essere secondo, non è bello per il ciclismo". Soltanto Merckx, che sprintava anche per i traguardi volanti, ha avuto, nel ciclismo, un desiderio di successo superiore a quello di Hinault. Desiderio di successo che Hinault, secondo il costume del tasso, in corsa dissimulava, in attesa di piazzare il colpo risolutivo. Non è, pertanto, un caso che, in una classifica a punti, certo opinabile, dei maggiori ciclisti della storia, Merckx ed Hinault siano risultati primo e secondo.
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giovedì 4 giugno 2020
Storia breve del Giro della Svizzera (Tour de Suisse)
Il Giro della Svizzera è la più breve delle grandi corse a tappe o la più lunga delle brevi corse a tappe. Di certo, dopo Tour de France, Giro d'Italia e Vuelta a Espana, è la gara a tappe di maggior prestigio. Eppure, in questo 2020 terremotato dal Covid, il Giro della Svizzera non si correrà. Non ha trovato posto nel nuovo calendario.
Giro della Svizzera 2010: vinse Frank Schleck |
La prima edizione del Tour de Suisse si tenne nel lontano 1933, la Vuelta avrebbe visto la luce solo due anni più tardi. Il primo a vincere fu il corridore austriaco Max Bulla. Nel 1938, giunse il primo successo italiano, quello di Valetti, possente passista scalatore che in quell'anno aveva vinto il Giro d'Italia, replicandone il successo nel 1939 davanti a Gino Bartali. Proprio Bartali si sarebbe aggiudicato due edizioni consecutive del Giro della Svizzera, nel 1946 e nel 1947. D'altra parte, i corridori italiani sono secondi solo agli svizzeri per successi finali: 19 vittorie azzurre contro le 23 elvetiche. E Pasquale Fornara, con quattro trionfi (1952, 1954, 1957, 1958), è tuttora il plurivincitore del Tour de Suisse.
Pasquale Fornara vincitore di 4 Giri della Svizzera |
Questione discussa, nel ciclismo, è se sia la corsa a far grande un corridore o viceversa. Di certo, l'albo d'oro di una grande corsa non mente: annovera molti grandi corridori. Così è per il Giro della Svizzera, da sempre incastonato, nel calendario, tra Giro d'Italia e Tour de France. I successi di Bartali e di Kubler e Koblet, campioni svizzeri anche fuori dalla Svizzera, come i successi di Motta, Adorni, Merckx, De Vlaeminck, Saronni, Kelly, Hampsten, Ullrich, Cancellara, altro svizzero d'esportazione, e, da ultimo, Bernal sono la prova della competitività della corsa elvetica. Di solito lunga nove tappe, con almeno una prova a cronometro, e molte frazioni alpine. Il primato delle tappe vinte appartiene ad un altro campione assoluto, questo contemporaneo: lo slovacco tre volte campione del mondo Peter Sagan. Che ha alzato le braccia 18 volte in terra elvetica. [aggiornamento al 17 giugno 2022]
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Giro d'Italia 1978: vince De Muynck, esordisce Saronni
"Ogni evviva si spegne per diventare cordoglio profondo e atto di fede" (Comunicato ufficiale del Giro d'Italia del 9 maggio 1978)Il Giro d'Italia del 1978 si corse tra il 7 e il 28 maggio di un anno terribile per l'Italia. Due giorni dopo il via, fu ritrovato, in Via Caetani, a Roma, il corpo esanime di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, rimasto prigioniero dei brigatisti rossi per 55 giorni. Quel giorno, il 9 di maggio, a La Spezia, vince Saronni in volata, su Van Linden e Moser, ma nessuno festeggia. L'Italia è frastornata e sgomenta.
Ritrovamento di Aldo Moro a Roma, in Via Caetani, 9 maggio 1978 |
Alla vigilia, molti pensavano che il trentino Francesco Moser, secondo dietro il belga Pollentier l'anno prima, avrebbe potuto conquistare il suo primo Giro d'Italia. Si sarebbe invece fermato sul gradino più basso del podio, dietro il vincitore, un altro belga, Johan De Muynck e Baronchelli. De Muynk corre nella Bianchi, sotto la sapiente regia di Felice Gimondi al passo d'addio. Solo due anni prima, nel 1976, Gimondi aveva vinto il suo terzo Giro d'Italia, precedendo proprio De Muynck di soli 19". I molti arrivi veloci di quell'edizione sono contesi da Rik Van Linden, belga manco a dirlo, detto Rik III, perché successore, meno nobile e vincente, di Rik Van Steenbergen e Rik Van Looy, ed il ventenne Giuseppe Saronni, al debutto sulle strade del Giro e capace di aggiudicarsi tre tappe. Moser, che di successi parziali ne coglie quattro, due contro il tempo - indimenticabile quello in piazza San Marco a Venezia -, comincia a sentire con forza la rivalità con Saronni, destinata a diventare proverbiale negli anni a venire.
A Milano, primo De Muynck, secondo Baronchelli a 59", terzo Moser a 2'19", quarto Panizza a 7'57", quinto Saronni a 8'19".
Il successo di De Muynck, in maglia rosa per diciassette tappe, fu storico anche per un'altra ragione. Dopo di allora, nessun corridore belga avrebbe più vinto una grande corsa a tappe. Né sarebbe più salito sul podio di Giro, Tour o Vuelta.
giovedì 21 maggio 2020
Roberto Visentini al Giro d'Italia: trionfo '86, amarezza '87. L'attacco di Roche nella tappa di Sappada
Contravveniva ad una delle regole non scritte del ciclismo, essendo di famiglia agiata. Come se avesse importanza! Roberto Visentini, classe 1957, era un corridore di moltissima classe, che ebbe un ruolo di primo piano al Giro d'Italia durante gli anni '80 e che avrebbe potuto recitare da protagonista anche al Tour de France, se soltanto non l'avesse disertato, come allora facevano i migliori ciclisti italiani da Moser a Saronni a Baronchelli. Tutti loro preferivano i ricchi ingaggi offerti dai circuiti che si organizzavano in tutta la Penisola nel mese di luglio!
Giro d'Italia 1986
Giro d'Italia 1986
Già nel 1983 aveva sfiorato il successo, Visentini, chiudendo secondo dietro il miglior Saronni di sempre. Visentini del resto, era un corridore completo, forte sul passo, abile in salita. Si rifece al Giro del 1986, l'ultimo della rivalità infinita tra Saronni e Moser. E se Moser, dopo l'inaspettato successo del 1984, era reduce dalla piazza d'onore dietro Hinault nel 1985, Saronni riemergeva da due stagioni agonisticamente buie. Proprio Saronni, grazie alla superiorità della Del Tongo nella cronosquadre, prese la maglia rosa nella terza tappa, salvo cederla per due giorni a Baronchelli, e riprenderla all'esito della Cosenza-Potenza, sesta tappa, quando vinse proprio Roberto Visentini.
Saronni correva con il piglio del leader ed inseguiva il terzo successo al Giro, che l'avrebbe appaiato a Brunero, Bartali e Gimondi. Tra i rivali, oltre Visentini, Moser e Greg LeMond, già terzo al Giro 1985 e prossimo trionfatore del Tour de France del 1986. La corsa si decise nella sedicesima tappa, da Erba a Foppolo, quando vinse lo spagnolo Pedro Munoz e Saronni perse più di due minuti da Visentini. Che avrebbe mantenuto la maglia rosa sino all'arrivo finale di Merano. Primo Visentini, secondo Saronni a 1'02", terzo Moser, a 2'14", quinto Greg LeMond a 2'26".
Giro d'Italia 1987
Giro d'Italia 1987
Nel 1987 la Carrera di Visentini era un autentico squadrone, paragonabile al team Ineos dei tempi nostri. Tutti assieme correvano Visentini, per l'appunto, l'irlandese Roche, già terzo dietro Hinault e LeMond al Tour del 1985, Guido Bontempi, ormai re dello sprint, ma anche Leali e Chiappucci, allora soltanto un gregario, e Schepers. E tutti loro erano al via del Giro d'Italia 1987.
Visentini vinse il cronoprologo di Sanremo e fu sua la prima maglia rosa. Che cedette subito a Breukink, olandese classe 1964, che proveniva anch'egli da famiglia agiata, di casa presso i Reali dei Paesi Bassi. La cronosquadre di Lido di Camaiore, vinta, ca va sans dire, dalla Carrera, mise sul trono della corsa Roche, che si era prima aggiudicato la cronometro dal Poggio a Sanremo: sì, non c'è errore, tre prove contro il tempo nello spazio di quattro giorni!
Sarebbe stata un'altra cronometro, di 46 km, da Rimini a San Marino, a restaurare il dominio di Visentini, capace d'infliggere al compagno di squadra Roche più due minuti di distacco. A quel punto, il bis di Visentini sembrava in cassaforte. Il corridore più forte, con il luogotenente più forte, quale molti ingenuamente credevano Roche, con la squadra più forte, e sul punto dubbi non ce n'erano, la Carrera. E invece no!
Nella tappa da Lido di Jesolo a Sappada, Roche mosse all'attacco della maglia rosa. E si obietterà: anche Coppi, nel 1949, nella Briancon-Aosta, attaccò con Bartali in maglia gialla e gliela portò via. Sì, ma Bartali era caduto e dolorante. E Binda, commissario tecnico della nazionale italiana, ordinò a Coppi di attaccare. Invece, in quel Giro 1987, Roche fece di testa sua. Si sentiva più forte di Visentini e disobbedì a Boifava che gli chiedeva di desistere da quell'azione. Ch'era azione d'insubordinazione. La Carrera, tolto il belga Schepers, tirò per riprendere Roche, senza riuscirci. La tappa andò a Van der Velde. Visentini accusò Roche di tradimento del patto di squadra. Polemiche feroci. Roche da lì sino alla fine in maglia rosa, cercando fuori dalla Carrera il sostegno di cui aveva bisogno in corsa, fu oggetto di dure contestazioni sulla strada. Da parte non solo dei tifosi di Visentini, ma della gran parte dei tifosi italiani.
Stephen Roche in maglia rosa al Giro d'Italia 1987 |
L'irlandese avrebbe legittimato il successo nella cronometro conclusiva da Aosta a Saint-Vincent, mentre Visentini si era già ritirato per una caduta. E, in quell'anno 1987, per lui incredibile ed irripetibile, Stephen Roche avrebbe conquistato anche Tour de France e campionato del mondo! Una sbornia di vittorie che l'avrebbe convinto a non correre per tutto il 1988. La carriera di Visentini, per contro, almeno ad alti livelli, finì lì.
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martedì 19 maggio 2020
I migliori velocisti del ciclismo
Propongo una classifica dei migliori velocisti della storia del ciclismo.
- Rik Van Steenbergen (Belgio)
- Mario Cipollini (Italia)
- Rik Van Looy (Belgio)
- Miguel Poblet (Spagna)
- Mark Cavendish (Regno Unito)
- Giuseppe Saronni (Italia)
- Erik Zabel (Germania)
- Freddy Maertens (Belgio)
- Oscar Freire Gomez (Spagna)
- Alessandro Petacchi (Italia)
- Tom Boonen (Belgio)
- Peter Sagan (Slovacchia)
- André Greipel (Germania)
- Djamolidine Abdoujaparov (Uzbekistan)
- Robbie McEwen (Australia)
- Marino Basso (Italia)
- Jean-Paul Van Poppel (Olanda)
- Raffaele Di Paco (Italia)
- Marcel Kittel (Germania)
- Guido Bontempi (Italia)
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martedì 12 maggio 2020
Giro d'Italia 1988: Hampsten e la tempesta sul Gavia. L'impresa mancata di Johan Van der Velde
"Vidi Van der Velde passare su con le maniche corte, come era partito, con la neve sui capelli" (Claudio Gregori, intervista concessa a Roberto Cauz e Riccardo Spinelli, "Chissà che l'utopia non vinca")Il Giro d'Italia del 1988 fu una corsa in bianco e nero, perché il 5 giugno, durante la quattordicesima tappa verso Bormio, sul Passo del Gavia, una tempesta da romanzo gotico si abbatté sulla corsa. Mai vista tanta neve nel mese di giugno. Freddo glaciale. Corridori assiderati. Moltissimi costretti al ritiro. Le lancette dell'orologio del ciclismo volarono indietro a ritmo impensato. Distacchi come negli anni '30, tanti finirono fuori tempo massimo. Quel giorno, un americano, Hamspten, vestì la maglia rosa, per tenerla sino a Milano.
Gavia, Giro d'Italia 1988 |
Facciamo un passo indietro. Alla vigilia, si annunciava un grande Giro. Al via, i favoriti erano Visentini, vincitore nel 1986, protagonista del litigio di squadra con Roche nel 1987, lo spagnolo Pedro Delgado, già vincitore di una Vuelta e secondo al Tour dell'anno prima, e poi l'irlandese polivalente Sean Kelly, l'olandese Breukink e, soprattutto, il francese Jean-Francois Bernard. Che agli osservatori pareva il più talentuoso ed era in rampa di lancio dopo il terzo posto colto al Tour del 1987. E Bernard fu la prima maglia rosa, indossata dopo il successo nel cronoprologo di Urbino, cui sarebbero seguite altre due affermazioni parziali in quel Giro. A sfilare la maglia rosa al francese, alla quarta tappa, fu un gregario di fondo, Massimo Podenzana dopo una lunga fuga conclusa sul traguardo di Rodi Garganico. L'avrebbe tenuta nove giorni. L'acuto della sua carriera. Prima di vincere due campionati italiani e di finire settimo al Giro del 1994. Sulla salita di Campitello Matese, successo di Chioccioli, che, nel volto e solo nel volto, somigliava a Fausto Coppi, e perciò era detto Coppino. Chioccioli correva nella Del Tongo capitanata da Saronni. Alla vigilia della tappa del Gavia, Chiccioli era primo, Saronni nono.
Jean-Francois Bernard |
Poi, il Gavia. I corridori, quel giorno, dovettero provare le stesse sensazioni avvertite da Octave Lapize sul Tourmalet, nel Tour de France del 1910. Sofferenza assoluta, sforzo innaturale. Sul Gavia passa per primo, da solo, Johan Van der Velde, in maglia ciclamino. La neve sta cadendo sempre più copiosa mentre l'olandese si avvicina al gran premio della montagna. Inizia la discesa verso Bormio e non si copre: errore tremendo. Sarà un calvario per lui. E per tanti altri. Parte la corsa alle mantelline, ma nulla servirebbe come un giornale, più giornali da mettere sotto la maglietta. Terremoto in classifica. Sono i più magri, ma i ciclisti sono tutti magri, a patire di più. Saronni e Visentini persero mezz'ora. Bernard, lì finì la sua carriera nelle grandi corse a tappe, poco meno di dieci minuti. Van der Velde, che aveva dovuto fermarsi in camper e poi ripartire per un principio di congelamento, arrivò anche dopo. Il successo di tappa andò a Breukink, olandese assiduo frequentatore della casa reale. Polemiche si abbattono sull'organizzazione della corsa e sulla decisione di Torriani di non neutralizzare la tappa. Andy Hampsten, si diceva, prese la maglia rosa, legittimandola con il successo nella cronoscalata del Valico del Vetriolo. A Milano, vittoria di Hampsten, primo statunitense a vincere il Giro, secondo Breukink a 1'43", terzo lo svizzero Zimmermann a 2'45". Nessun italiano sul podio: quarto Giupponi, quinto Chioccioli, sesto Giovannetti.
Fu il secondo anno consecutivo senza italiani sul podio della corsa della Gazzetta: nel 1987 aveva vinto Roche, su Millar e Breukink. Era accaduto anche nel 1972, con Merckx primo, Fuente secondo e Galdòs terzo, sarebbe successo di nuovo nel 1995, con vittoria di Rominger su Berzin e Ugrjumov, nel 2012, con Hesjedal, Joaquim Rodriguez e De Gendt e nel 2018, con Froome, Tom Dumoulin e Miguel Angel Lopez. Sei volte in 102 edizioni!
Fu il secondo anno consecutivo senza italiani sul podio della corsa della Gazzetta: nel 1987 aveva vinto Roche, su Millar e Breukink. Era accaduto anche nel 1972, con Merckx primo, Fuente secondo e Galdòs terzo, sarebbe successo di nuovo nel 1995, con vittoria di Rominger su Berzin e Ugrjumov, nel 2012, con Hesjedal, Joaquim Rodriguez e De Gendt e nel 2018, con Froome, Tom Dumoulin e Miguel Angel Lopez. Sei volte in 102 edizioni!
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lunedì 11 maggio 2020
Giro d'Italia 1980: il trionfo di Hinault, le sette tappe di Saronni
"La differenza fra martire ed eroe è minima, un colpo di vento, la sfortuna. Io non voglio essere martire". (Bernard Hinault)Quando, nel 1980, il bretone Bernard Hinault, detto Il Tasso, approdò al Giro d'Italia, nel suo palmares figuravano già una Vuelta a Espana e due Tour de France. L'Italia aveva un'agguerrita schiera di pretendenti alla maglia rosa finale, guidata da Saronni e Moser, rispettivamente primo e secondo nel Giro del 1979. E oltre a loro Baronchelli e il giovane Visentini, Panizza e Battaglin. Hinault era reduce dai freschi successi alla Liegi-Bastogne-Liegi e al Giro di Romandia.
Bernard Hinault, al Giro del 1982 (che pure avrebbe vinto) |
Cronoprologo a Moser, prima maglia rosa a Genova. Hinault s'impossessò del simbolo del primato a Pisa, dopo la seconda prova contro il tempo del Giro. Saronni uscì presto di classifica, avrebbe comunque chiuso al settimo posto e, quel che più conta, avrebbe vinto sette tappe! Impresa alla Binda o alla Guerra degli anni eroici del ciclismo. Nella settima tappa, ad Orvieto, acuto di Visentini, che strappò la maglia rosa ad Hinault, tenendola fino a Roccaraso, dove al successo parziale dell'asso francese fece seguito il primato in classifica dello scalatore Wladimiro Panizza, sempreverde dopo 35 primavere e tredici anni di carriera! Eppure Hinault già correva da padrone. A 26 anni mostrava, alla prima esperienza al Giro, la sicurezza del veterano. Scortato da un luogotenente d'eccezione, il connazionale Bernaudeau, uno spesso tra i primi dieci tra Tour e Vuelta. Proprio Bernaudeau avrebbe vinto la Cles-Sondrio, dopo fuga avviata per propiziare l'attacco di Hinault sullo Stelvio: strategia vincente. Hinault sfilò la maglia rosa a Panizza e la tenne fino a Milano. Primo Hinault, secondo Panizza a 5'43", terzo Battaglin a 6'30".
Waldimiro Panizza al Tour de France del 1976 |
Bernard Hinault avrebbe vinto altri due Giri d'Italia, in tutto tre in tre partecipazioni, nel 1982 e nel 1985, un'altra Vuelta e altri tre Tour de France: dieci grandi corse a tappe, solo una meno di Eddy Merckx! Ma fu anche dominatore di classiche. Persino della Parigi-Roubaix, che pure detestava, ritenendola un'anacronistica via crucis. Diceva di sé di essere prima bretone e poi francese. Fu amato, in Francia, meno di Anquetil, molto meno di Poulidor. Ma, i francesi hanno graduatorie di affetto tutte loro.
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