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Visualizzazione post con etichetta Maldini. Mostra tutti i post
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martedì 6 giugno 2023

Maldini lascia il Milan

Stagione deludente più di quanto la stampa amica abbia voluto raccontare. Maldini ha chiesto investimenti cospicui, come avrebbe potuto fare un tifoso, pur essendo un dirigente apicale. La proprietà gli ha dato il benservito. Niente di strano. Soprattutto considerando i tanti soldi spesi per De Ketelaere, presentato come un fuoriclasse e rivelatosi modestissimo. Contano i risultati. Quelli dello scorso anno - con uno scudetto vinto nelle ultime cinque giornate, mentre le squadre avversarie si aprivano davanti al Milan come il Mar Rosso davanti a Mosé - erano stati un abbaglio. Sipario. 

venerdì 4 settembre 2020

Perché Giacinto Facchetti è stato un campione unico

Riprendo il titolo del post. Perché Giacinto Facchetti è stato un campione unico? Non solo perché il suo nome compare al terzo posto di una formazione leggendaria, dominatrice in Italia, in Europa e nel mondo a metà dei favolosi anni '60, la Grande Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera, non solo perché fu il capitano della nazionale italiana campione d'Europa nel 1968 e seconda, dietro il miglior Brasile di sempre, ai mondiali del 1970. No, non solo e non tanto per questo. 

Giacinto Facchetti - Wikipedia
Giacinto Facchetti, Inter

Giacinto Facchetti è stato un campione unico, e irripetibile, perché ha inventato un modo di giocare prima sconosciuto. Perché, schierato terzino sinistro, imperversava sulla fascia fino al fondo del campo avversario, come e più di un'ala, perché segnava come un centravanti - 10 gol su azione nella stagione 1964/65-, perché aveva un fisico dominante che gli consentiva progressioni micidiali e di cui non abusava. Osservateli gli avversari che provassero a contrastarlo, sembravano scolaretti alle prese con un colosso. Eppure sempre corretto, esitava ad affondare un tackle, non sgomitava, non spingeva. Era, naturalmente, più forte. Soffrì anche qualche avversario in carriera e arrivò stremato alla finale del mondiale '70, pagando dazio contro due fenomeni come Carlos Alberto e Jairzinho. Sempre corretto, sempre nobile, sempre elegante. Gli inglesi del Liverpool non si capacitavano di come un terzino potesse devastare in quel modo la loro difesa. Facchetti è stato il primo a giocare in quel modo. Nessuno ha saputo imitarlo. Breitner sarebbe stato un terzino sinistro più tecnico e manovriero, Krol anche, Maldini più abile in difesa, Roberto Carlos più devastante al tiro. Ma quel che faceva Facchetti quando attaccava, quando copriva 70 metri di campo in pochi secondi, con la sua falcata regale da quattrocentista, è rimasto impresso nelle retine e nei ricordi di quelli che lo videro allora e sorprende e sbalordisce coloro che lo rivedano oggi. Forse solo il Gareth Bale dei tempi del Tottenham ha restituito quella sensazione d'impotenza, avvertita dagli avversari, che Facchetti diffondeva ad ogni passo di corsa.

lunedì 27 maggio 2019

Quanto era sopravvalutato il Milan di Sacchi!

La narrativa calcistica italiana è piena di luoghi comuni. Uno dei più frequentati è il Milan di Sacchi. Cui molti riconoscono una rivoluzione che non ci fu. Prendo spunto dall'intervista, bella comunque, che gli ha fatto Paolo Condòandata in onda su Sky in questi giorni. Con Sacchi che si annette meriti altissimi, che si atteggia a grande riformatore, una sorta di Martin Lutero del rettangolo di gioco. Che evoca i padri fondatori - quattro annoiati studenti universitari inglesi, poco o punto consapevoli della fortuna che il gioco da loro codificato avrebbe avuto - per sostenere che il calcio dovrebbe essere offensivo, perché così nacque, o non essere. E abbiamo dovuto ascoltare il solito sermone sul catenaccio, che, ho provato a ricordarlo in un altro post, non nacque in Italia ma in Svizzera, sulla mentalità sparagnina degli allenatori italiani di maggioranza e sulla necessità, invece, tutta nordeuropea e modernista, di correre e assaltare e divertire, che, secondo Sacchi, il suo Milan avrebbe messo al centro del villaggio. Ho altri ricordi e alcune obiezioni:


  1. Il pressing, alto, portato persino dagli attaccanti, lungi dall'essere espressione di calcio offensivo, è invece il paradigma di una difesa perpetua, incessante. E stressante. Il pressing alto, la squadra corta e il sistematico ricorso al fuorigioco furono i canoni del gioco sacchiano. Gioco difensivo per eccellenza! 
  2. L'avvento di Berlusconi al Milan ottenne di sommuovere gli equilibri del calcio italiano, donando ai rossoneri un vantaggio competitivo incomparabile, che principiò nell'era sacchiana e culminò ai tempi di Capello, quando il Milan aveva di fatto due squadre e gli altri una. Sacchi, questo, non lo ricorda? Sacchi aveva uno squadrone, quando vinse contro la Steaua Bucarest, nel 1989: Gullit e Van Basten, Rijkaard e Baresi, Ancelotti e Donadoni e Maldini. E andate a rivedere quei quattro gol rifilati ad una difesa allegra e sbandata. Guardate Gullit, lasciato solo ai limiti dell'area, che stoppa di petto e tira, con tutta calma. 
  3. Quel Milan, in Italia, vinse solo uno scudetto in quattro anni. Grazie al tracollo inaspettato del Napoli di Maradona. Osservate il gol di Van Basten dell'1 maggio 1988 al San Paolo: Gullit si fa 60 metri palla al piede. Epperò non incontra un avversario sul suo cammino. Non uno che provi a fermarlo. Grande progressione, per carità. Ma, il Napoli non c'era più. Da un paio di mesi.
Ecco, Sacchi queste cose non le ha ricordate. E, poi, vedemmo quante difficoltà ebbe in nazionale. Che, con lui in panchina, spesso giocò male. Che raggiunse la finale a Usa 1994 solo grazie all'estro di Roberto Baggio e fu malamente eliminata agli Europei inglesi di due anni dopo. E ricordiamo anche la fallimentare esperienza di Sacchi al ritorno sulla panchina rossonera nella stagione 1996/97. Allora, quale rivoluzione? Grande società, grandi giocatori, pochi avversari di livello in Europa - squadre inglesi assenti per un quinquennio - e la cura maniacale di una difesa, che cominciava subito, con Van Basten, e non finiva più. A tutto campo e per tutto il tempo, questo sì, per indulgere ad una locuzione tanto cara a Sacchi. Per concludere: quanti giocatori ricordate, così, a memoria, del Nottingham Forest che vinse la Coppa dei Campioni nel 1979 e nel 1980? E quanti del Milan che fece doppietta dieci anni dopo? Rispondete. Dopo aver risposto, avrete un'idea su chi abbia inciso di più tra Brian Clough ed Arrigo Sacchi.

mercoledì 9 dicembre 2015

Recoba maestro del dribbling: grandi prodezze contro Nesta e Thuram, Zanetti e Simeone, Cafu e Vieira, Gattuso e De Rossi. Il giudizio di Veron su Recoba: non fu il migliore al mondo solo perché non volle

Ritiratosi lo scorso giugno, di Recoba capita di leggere e di sentir parlare sempre meno. Per ricordare il talento più puro degli ultimi 20 anni, sebbene non abbia dato il frutto sperato, segnalo una raccolta di dribbling, finte e giocate a sensazione messe in mostra contro i migliori difensori e centrocampisti della sua generazione, da Nesta a Samuel, da Maldini a Bergomi, da Gattuso a Cafu, da Cordoba a Vieira, da Desailly a Demichelis, da Davids a Thuram, da De Rossi a Simeone, da Montero a Zanetti ad Ayala. Tutti saltati, scherzati, disorientati: uno due, accelerazioni, tunnel e sombreri. Fateci caso: Recoba era una mezzala, partiva spesso dalla propria metà campo. Eppure è stato quasi sempre schierato da attaccante e giudicato soltanto dai gol segnati. Un errore. Di Recoba si è detto e scritto tutto ed il contrario di tutto, ma penso che il giudizio più avveduto su di lui l'abbia dato Juan Sebastian Veron: "el Chino no fue el mejor del mundo porque no quiso" (il Chino non fu il miglior al mondo perché non volle"). Dacché i mezzi per esserlo li aveva tutti.

domenica 8 giugno 2014

Storia dei mondiali di calcio. 18^ puntata (2002, in Corea del Sud e Giappone trionfa il Brasile)

Due terribili infortuni, due anni senza giocare, quelli del 2002 furono i mondiali della resurrezione calcistica di Luis Nazario da Lima in arte Ronaldo, il miglior centravanti della storia. Capocannoniere di quella stramba edizione dei mondiali d'oriente, tra Giappone e Corea del Sud. L'Italia di Trapattoni, che lasciò colpevolmente a casa Roberto Baggio, dopo un girone stentato uscì agli ottavi contro i coreani, tra mille polemiche per via dello scandaloso arbitraggio casalingo di Moreno. Ma, ancora si ricorda un erroraccio di Vieri sotto misura, e Maldini immobile sullo stacco di testa di Ahn, che pure gli cedeva parecchi centimetri. Delusero Francia ed Argentina, fuori addirittura al primo turno.Impressionò lo strapotere atletico della Germania guidata dal grande Ballack e da un giovane centravanti che avrebbe conquistato, è accaduto ieri, il primato di reti in nazionale: Klose. Si arrese soltanto in finale al Brasile di Scolari. Un errore di respinta di Kahn su tiro di Rivaldo permise il gol Ronaldo, che raddoppiò di lì a poco con un superbo rasoterra incrociato: otto reti e titolo di capocannoniere per l'asso brasiliano. Quinto titolo mondiale per il Brasile, Germania seconda, Turchia terza e rivelazione del torneo, Corea del Sud quarta, dopo aver buttato fuori ingiustamente prima l'Italia e poi la Spagna di Raul. (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata7^ puntata8^ puntata9^ puntata10^ puntata11^ puntata12^ puntata13^ puntata14^ puntata15^ puntata16^ puntata, 17^ puntata)

lunedì 26 maggio 2014

Storia dei mondiali di calcio: 15^ puntata (Italia '90, vince la Germania Ovest)

Dopo 56 anni, l'Italia torna ad ospitare i mondiali dopo quelli, peraltro stravinti, del 1934. L'Italia di Vicini, reduce dalle semifinali agli Europei del 1988 in Germania Ovest, ha i gradi di favorita, assieme alla stessa Germania ed all'Olanda di Van Basten, Gullit e Rijkard. L'inzio, però, è stentato. Vittoria sofferta contro l'Austria. Vialli è travolto dalle attese, il suo compagno d'attacco Carnevale capisce cosa significhi giocare senza Maradona alle spalle e ci vuole il subentrato Schillaci a rompere il ghiaccio con un gol di testa. Ne segnerà altri cinque e diverrà il capocannoniere di Italia '90, dei mondiali delle notti magiche come recita il titolo di una gettonatissima canzone cantata da Bennato e dalla Nannini. Contro gli Usa, seconda partita del girone, Vialli sbaglia un rigore prima di infortunarsi più o meno diplomaticamente. L'Italia vince con uno strepitoso gol del suo regista Giannini davanti ad uno stadio Olimpico festante. Contro la Cecoslovacchia ancora Schillaci e, finalmente accantonato Vialli, Roberto Baggio il grande. Parte da sinistra, scambia con Giannini, salta due avversari, e calcia con finta sapiente sul palo del portiere. Il mondo scopre il talento purissimo di un genio assoluto del calcio: in lui, Brera rivede i guizzi di Meazza. L'Italia avanza anche agli ottavi, battuto l'Uruguay con gol di Schillaci e di Aldo Serena, ed ai quarti, superata l'Irlanda ancora con Schillaci. In semifinale, l'Italia lascia Roma per giocare a Napoli contro l'Argentina di Maradona, che di Napoli è il re, gli hanno intonato canzoni, dedicato statue e finisce che i tre quarti del pubblico tifino Argentina piuttosto che Italia. L'Albiceleste, tolto l'immenso Maradona è poca cosa. Si salvano Burruchaga, che non è più saettante come in Messico, il libero Ruggeri, e l'attaccante "belli capelli" Caniggia. Vicini rispolvera Vialli e lascia in panchina Baggio: errore sesquipedale. L'Italia va in vantaggio ancora con Schillaci, ma Caniggia pareggia nella ripresa. La vulgata incompetente vuole Zenga responsabile di quel gol ed addirittura dell'eliminazione che seguirà. Una volta per tutte, Caniggia indirizza di testa all'angolino appena dentro l'area piccola. Se anche Zenga non fosse uscito, la palla sarebbe probabilmente entrata comunque. Peraltro, Caniggia viene lasciato colpire dallo stopper Ferri e non viene contrastato dal libero Franco Baresi, tutti campionissimi, che con Bergomi, capitano, e Maldini terzino sinistro, formano la difesa più forte che una nazionale italiana abbia mai schierato. Quello è il primo gol che Zenga subisce ai mondiali, dopo un primato d'imbattibilità che ancora resiste nella Coppa del mondo di calcio. Detto questo il tempo per recuperare ci sarebbe, ma Vicini non riesce a trasmettere la giusta carica ai suoi. Seguono supplementari e rigori. L'Italia viene eliminata, come accadrà anche quattro ed otto anni dopo. Nell'altra semifinale, sempre ai rigori, passa la Germania Ovest, capitanata da Matthaeus contro l'Inghilterra di uno strepitoso Gascoigne. In finale, sarà un rigore di Brehme ad assegnare alla Germania Ovest il terzo mondiale della sua storia. Seconda l'Argentina di Maradona, terza l'Italia che batte l'Inghilterra nella finale per il terzo posto. (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata7^ puntata8^ puntata9^ puntata10^ puntata11^ puntata12^ puntata13^ puntata, 14^ puntata)

venerdì 7 marzo 2014

Classifica dei dieci calciatori italiani con più presenze in carriera

Abbozzo una classifica dei dieci calciatori italiani con più presenze in carriera. Conteggio le partite nei campionati professionistici, nelle coppe nazionali, nelle coppe europee, nella nazionale under 21, nella nazionale olimpica e nella nazionale maggiore. Di Vierkowod, segnalo, non sono riuscito a recuperare il dato delle presenze nelle coppe europee, in forza delle quali potrebbe scalare almeno una posizione. Guida la graduatoria Paolo Maldini.
  1. Maldini P.    1041 presenze
  2. Zoff               954 presenze
  3. Del Piero       864 presenze
  4. Buffon           852 presenze
  5. Bergomi        844 presenze
  6. Viechowod   808 presenze (+ le presenze nelle coppe europee)
  7. Baresi F.       806 presenze
  8. Mancini        799 presenze
  9. Pirlo              799 presenze
  10. Totti              766 presenze

venerdì 5 ottobre 2012

I dieci migliori terzini sinistri della storia

Veniamo ai dieci migliori terzini sinistri della storia (ora siamo ai primi 30, 03 maggio 2022). Sulla prima posizione, assegnata a Giacinto Facchetti, non ci possono essere dubbi. Il primo difensore - attaccante, si sarebbe poi detto fluidificante della storia, talmente efficace sotto porta che Brera scrisse per anni di vederlo attaccante ed una volta Herrera l'accontentò. Il suo gol al Liverpool in Coppa Campioni, i suoi dieci gol in un campionato di serie A, senza rigori e punizioni, ne testimoniano la grandezza. Secondo al pallone d'oro nel 1965 ci fu invidiato per anni da tutto il mondo. Sugli altri nomi, si potrà discutere, ma, c'è l'eccellenza del ruolo, da Nilton  Santos, a Brehme, da Roberto Carlos a Maldini. La prevalenza degli italiani è evidente. Inizialmente non citavo l'asso olandese Ruud Krol, solo perché l'avevo collocato in posizione eminente nella classifica dei migliori liberi. Stesso discorso per il brasiliano Junior, che compare anche nella classifica dei centrocampisti. Ho deciso di rimediare, essendo stato straordinario in entrambi i ruoli. Cosa ne pensate?
1. Facchetti
2. Maldini
3. Roberto Carlos
4. Brehme
5. Krol
6. Nilton Santos
7. Cabrini
8. Breitner
9. Maroso
10. Schnellinger
11. Camacho
12. Rava
13. Briegel
14. Lantos
15. De Vecchi
16. Lizarazu
17. Marcelo
18. Van Tiggelen
19. Branco
20. Rocca
21. Everaldo
22. Alaba
23. Van Bronckhorst
24. Tarantini
25. Chivu
26. 
Candela
27. Ray Wilson
28. Junior 
29. Jordi Alba
30. Andrew Robertson