Riprendo il titolo del post. Perché Giacinto Facchetti è stato un campione unico? Non solo perché il suo nome compare al terzo posto di una formazione leggendaria, dominatrice in Italia, in Europa e nel mondo a metà dei favolosi anni '60, la Grande Inter di Angelo Moratti ed Helenio Herrera, non solo perché fu il capitano della nazionale italiana campione d'Europa nel 1968 e seconda, dietro il miglior Brasile di sempre, ai mondiali del 1970. No, non solo e non tanto per questo.
Giacinto Facchetti, Inter |
Giacinto Facchetti è stato un campione unico, e irripetibile, perché ha inventato un modo di giocare prima sconosciuto. Perché, schierato terzino sinistro, imperversava sulla fascia fino al fondo del campo avversario, come e più di un'ala, perché segnava come un centravanti - 10 gol su azione nella stagione 1964/65-, perché aveva un fisico dominante che gli consentiva progressioni micidiali e di cui non abusava. Osservateli gli avversari che provassero a contrastarlo, sembravano scolaretti alle prese con un colosso. Eppure sempre corretto, esitava ad affondare un tackle, non sgomitava, non spingeva. Era, naturalmente, più forte. Soffrì anche qualche avversario in carriera e arrivò stremato alla finale del mondiale '70, pagando dazio contro due fenomeni come Carlos Alberto e Jairzinho. Sempre corretto, sempre nobile, sempre elegante. Gli inglesi del Liverpool non si capacitavano di come un terzino potesse devastare in quel modo la loro difesa. Facchetti è stato il primo a giocare in quel modo. Nessuno ha saputo imitarlo. Breitner sarebbe stato un terzino sinistro più tecnico e manovriero, Krol anche, Maldini più abile in difesa, Roberto Carlos più devastante al tiro. Ma quel che faceva Facchetti quando attaccava, quando copriva 70 metri di campo in pochi secondi, con la sua falcata regale da quattrocentista, è rimasto impresso nelle retine e nei ricordi di quelli che lo videro allora e sorprende e sbalordisce coloro che lo rivedano oggi. Forse solo il Gareth Bale dei tempi del Tottenham ha restituito quella sensazione d'impotenza, avvertita dagli avversari, che Facchetti diffondeva ad ogni passo di corsa.
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