Del personaggio non aveva la vocazione né l'attitudine né la costante ispirazione. Tutto in lui, dal modo di parlare, sempre pacato al tono degli abiti, rimandava al curato di campagna. Eppure Luigi Simoni, detto Gigi, nato a Crevalcore il 22 gennaio 1939, divenne, malgré lui, il simbolo della più grande ingiustizia avvenuta su un campo di calcio, popolarissimo a causa di quella sciagurata primavera calcistica del 1998, quando, alla guida dell'Inter di Massimo Moratti e sua e di Beppe Bergomi e di Ronaldo, si vide strappare uno scudetto strameritato. E il modo ancor m'offende.
Simoni aveva masticato calcio sin da piccolo. Ed era stato calciatore di buon livello. Ala destra. Nel Mantova e nel Napoli e poi nel Torino. Persino nella Juve, per curioso scherzo del destino, chiudendo infine la carriera nel Genoa.
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Gigi Simoni con la maglia
del Genoa |
Proprio con i rossoblu aveva intrapreso la carriera di allenatore, guidando Il Grifone a due promozioni dalla B alla A e a cinque salvezze nella massima serie, tra la metà dei '70 e la metà degli '80. Poi, era entrato in un cono d'ombra, allenando per lo più tra i cadetti, fino al ritorno al grande calcio, riportando la Cremonese in serie A e tenendocela tre anni. Nel 1996, l'approdo al Napoli. Bei risultati che convincono Moratti a regalargli la panchina dell'Inter, mentre ancora vi siede Hodgson.
Nel 1997, Simoni è il tecnico dell'Inter. E dovrà allenare il miglior giocatore del mondo, Ronaldo. E con lui, davanti, Djorkaeff, Zamorano, ma anche Branca e Ganz, che presto cambieranno aria, e il giovanissimo Recoba. E ci sarebbe anche Kanu, reduce da un'operazione al cuore. Simoni è serio e preparato, abituato a suscitare il meglio dai suoi giocatori. Tra i quali ha voluto Diego Simeone, combattente argentino del centrocampo, e Moriero, ala com'era ala lui da giocatore. Restituisce a Bergomi un posto da titolare e lo vuole libero: decisione che regalerà al capitano nerazzurro il suo quarto mondiale, dopo l'esilio deciso da Sacchi.
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Gigi Simoni con Luiz Nazario da Lima, Ronaldo |
Il problema è che, al netto di Ronaldo e delle attese, l'Inter stenta all'inizio. E voci di esonero si propagano ad agosto. Sarà Recoba, con il suo sinistro tonitruante, a salvare la panchina di Simoni contro il Brescia, rovesciando lo svantaggio firmato da Hubner. E tutto questo mentre tutti attendevano l'esordio con goleada di Ronaldo. Che si sblocca però la giornata successiva contro il Bologna. La squadra si compatta e diventa l'avversaria massima della Juve di Lippi. Contro cui Simoni vince all'andata. Fuga di Ronaldo sulla destra e tocco in rete di Djorkaeff a porta vuota. L'Inter si avvia a conquistare il suo quattordicesimo scudetto, rispettando la cadenza temporale dell'ultimo trentennio, uno ogni nove anni, nel 1971, nel 1980, nel 1989 e 1998. Invece no. La più maldestra, bizzarra, pacchiana e comica serie di errori arbitrali che io ricordi, toglie punti all'Inter, per darli alla Juve. Mi costerebbe troppo elencarli tutti. Certo che il gol annullato all'Empoli contro la Juve, con la palla dentro di un metro, e il celeberrimo atterramento di Ronaldo da parte di Iuliano, nella decisiva Juve-Inter del ritorno, si stagliano sugli altri per ineffabilità. In quell'ultimo caso, Simoni, il garbatissimo, elegantissimo Simoni, trascinato dallo sdegno, che è il contrario dell'ira ed invece il marchio del candore, entrò in campo, dicendo: vergogna. Fu espulso. L'Inter perse lo scudetto, conquistò la Coppa Uefa a Parigi, contro la Lazio, con un perentorio 3-0.
L'anno dopo Simoni ebbe da gestire un attacco pieno di stelle: a Ronaldo e Djiorkaeff e Zamorano e Recoba si aggiunsero Pirlo, allora trequartista, e Ventola, e sua maestà Roberto Baggio. Forse troppo. Farli giocare tutti assieme non si poteva e non si sarebbe potuto. L'Inter in Coppa dei Campioni perde nettamente all'andata al Bernabeu. Al ritorno, però, con doppietta del subentrato Baggio, il Real Madrid campione uscente viene regolato 3-1, qualificandosi ai quarti di finale. L'Inter vince anche la domenica in campionato. E Moratti, mentre Simoni ritira un premio come miglior allenatore della passata stagione, lo esonera. Perché? Mai capito, mai davvero spiegato. Moratti, anni dopo confesserà l'errore. Simoni venne poi sempre rimpianto dai tifosi nerazzurri. Per la signorilità, sì e senz'altro, per le vittorie, colte e sfumate, per l'ingiustizia del suo allontanamento, per i torti di un sistema che aveva mostrato la sua faccia feroce e ridicola proprio nel 1998. Sì, per tutto questo. Ma, anche perché seppe dare vita ad una squadra amata come poche altre nella storia dell'Inter. Per me, seconda solo a quella del 1989. Sì, ho amato l'Inter di Simoni più dell'Inter del triplete. E mi pare, nel ricordare Simoni, che non ci sia da aggiungere altro.
P.S.: andate a rivedere i minuti finali della vittoria in Coppa Uefa contro la Lazio. Sentirete Pizzul e il coro che dal Parco dei Principi si leva ritmato e solenne, accompagnando le battute finali di quel trionfo: Gigi Simoni, Gigi Simoni, Gigi Simoni...