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giovedì 4 giugno 2020

Giro d'Italia 1978: vince De Muynck, esordisce Saronni

"Ogni evviva si spegne per diventare cordoglio profondo e atto di fede" (Comunicato ufficiale del Giro d'Italia del 9 maggio 1978)
Il Giro d'Italia del 1978 si corse tra il 7 e il 28 maggio di un anno terribile per l'Italia. Due giorni dopo il via, fu ritrovato, in Via Caetani, a Roma, il corpo esanime di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, rimasto prigioniero dei brigatisti rossi per 55 giorni. Quel giorno, il 9 di maggio, a La Spezia, vince Saronni in volata, su Van Linden e Moser, ma nessuno festeggia. L'Italia è frastornata e sgomenta.
Caso Moro - Wikipedia
Ritrovamento di Aldo Moro
 a Roma, in Via Caetani, 9 maggio 1978
Alla vigilia, molti pensavano che il trentino Francesco Moser, secondo dietro il belga Pollentier l'anno prima, avrebbe potuto conquistare il suo primo Giro d'Italia. Si sarebbe invece fermato sul gradino più basso del podio, dietro il vincitore, un altro belga, Johan De Muynck e Baronchelli. De Muynk corre nella Bianchi, sotto la sapiente regia di Felice Gimondi al passo d'addio. Solo due anni prima, nel 1976, Gimondi aveva vinto il suo terzo Giro d'Italia, precedendo proprio De Muynck di soli 19". I molti arrivi veloci di quell'edizione sono contesi da Rik Van Linden, belga manco a dirlo, detto Rik III, perché successore, meno nobile e vincente, di Rik Van Steenbergen e Rik Van Looy, ed il ventenne Giuseppe Saronni, al debutto sulle strade del Giro e capace di aggiudicarsi tre tappe. Moser, che di successi parziali ne coglie quattro, due contro il tempo - indimenticabile quello in piazza San Marco a Venezia -, comincia a sentire con forza la rivalità con Saronni, destinata a diventare proverbiale negli anni a venire.

A Milano, primo De Muynck, secondo Baronchelli a 59", terzo Moser a 2'19", quarto Panizza a 7'57", quinto Saronni a 8'19".

Il successo di De Muynck, in maglia rosa per diciassette tappe, fu storico anche per un'altra ragione. Dopo di allora, nessun corridore belga avrebbe più vinto una grande corsa a tappe. Né sarebbe più salito sul podio di Giro, Tour o Vuelta.

martedì 2 giugno 2020

L'estate della serie A in questo incredibile 2020

La serie A d'estate, della prima estate, per lo meno, è un fatto del tutto inedito. Giugno e luglio sono sempre stati i mesi del ciclismo, del Giro, fino a metà anni '90 e del Tour, sempre corso a luglio. Quest'anno no! Il Tour de France partirà a fine agosto. E tra giugno e luglio, fino al 2 di agosto, la serie A proverà a condurre in porto un campionato  interrotto, difficile come quelli in tempi di guerra.  Potenza del Covid e della narrazione del Covid. L'estate della serie A, allora. E la chiamano estate, cantava Califano.

Giro d'Italia 1975: vince Bertoglio! Le 7 tappe di De Vlaeminck!

Nel 1975, il Giro d'Italia comincia senza il vincitore delle tre edizioni precedenti, il "cannibale" belga Eddy Merckx. Ed anche senza Francesco Moser, che molti, sopravvalutandone le doti da corridore a tappe, pensano possa diventare il riferimento italiano nei grandi giri. Moser andrà al Tour. Il pronostico è più aperto del solito. Ma, la vittoria finale di Fausto Bertoglio rappresenterà comunque una sorpresa.


File:Fausto Bertoglio 1975.jpg - Wikipedia
Fausto Bertoglio


Il percorso è disegnato per scalatori. Torriani immagina che Baronchelli, giunto ad una manciata di secondi da Merckx nel 1974, possa annettersi il Giro in salita. Giro che, non a caso, terminerà sullo Stelvio. Baronchelli, però, è giovane e patisce le attese. Le molte salite premiano lo scalatore spagnolo Galdòs, a lungo maglia rosa. Che perde proprio in favore di Bertoglio nella cronoscalata della 14^ tappa, che il medesimo Bertoglio si aggiudica. La porterà fino alla fine, precedendo Galdos di 41" e Felice Gimondi di 6'18". La difesa della maglia rosa sui tornanti dello Stelvio, raccontata da Claudio Ferretti sulla moto della Rai, entrò nella grande storia del ciclismo. Quarto, nella classifica generale, sarà il belga da classiche Roger De Vlaeminck, l'unico con i connazionali Van Looy ed Eddy Merckx a vincere tutte e cinque le classiche monumento. Il quarto posto al Giro del 1975 sarà il suo miglior piazzamento in una gara a tappe, impreziosito dal trionfo in sette traguardi parziali!

lunedì 1 giugno 2020

Addio a Bobby Joe Morrow: 3 ori a Melbourne 1956

Aveva solo 21 anni, Bobby Joe Morrow, velocista statunitense quando, alle Olimpiadi di Melbourne del 1956, conquistò tre ori nella velocità: 100 m, 200 m e 4×100 m. Come i connazionali Owens, prima di lui a Berlino 1936, e Carl Lewis, dopo di lui, a Los Angeles 1984, e come Usain Bolt, sia a Londra 2012 che a Rio de Janeiro 2016. Owens e Lewis vinsero però anche un quarto oro nel salto in lungo. Morrow ebbe una carriera luminosa, con tanto di primato del mondo sui 200 piani, ma breve, mancando la qualificazione alle successive Olimpiadi di Roma del 1960.

sabato 30 maggio 2020

Icardi va al Psg per meno di 60 milioni (bonus compresi)

Al netto delle valutazioni tecniche, ha vinto la linea di Marotta. Icardi lascia l'Inter. Va al Psg, anzi ci resta, per 50 milioni più altri 7/8 di bonus. Ha tenuto in piedi la baracca in tempi bui. Segnato 124 gol. Spesso decisivi. E desiderato sempre di restare all'Inter.  Aveva ormai quasi tutta la tifoseria nerazzurra contro. Io, che proprio non riesco ad accodarmi alla maggioranza, l'avrei tenuto. Ora, mi auguro che almeno resti Lautaro. 

venerdì 29 maggio 2020

Il 29 maggio 1940 la prima maglia rosa di Coppi

"Fu allora, sotto la pioggia che veniva giù mescolata alla grandine, che io vidi venire al mondo Coppi" (Orio Vergani)
Sono trascorsi 80 anni dal 29 maggio del 1940. Quel giorno, all'esito dell'undicesima tappa del Giro d'Italia, da Firenze a Modena, dopo magnifica fuga sull'Abetone battuto dalla pioggia, il ventenne Fausto Coppi, compagno di squadra di Gino Bartali nella Legnano, conquistò la prima maglia rosa della sua leggendaria carriera, portandola fino a Milano. Dove precedette Enrico Mollo e Giordano Cottur. Coppi era partito come un giovane corridore di belle speranze al servizio del capitano Bartali, che cercava il tris sulle strade del Giro, dopo i trionfi del 1936 e del 1937. Una caduta del campionissimo toscano nella seconda tappa, lungo la discesa ligure del Passo della Scoffera, aprì a Coppi la possibilità di mettersi in proprio e di cogliere un successo che sarebbe stato il primo di moltissimi.

giovedì 28 maggio 2020

La Serie A riparte il 20 giugno. Il 13 e il 14 semifinali di Coppa Italia

Audioconferenza, perché la dignità d'italiano e dell'italiano m'impedisce di scrivere conference call,  tra Spadafora, F.I.G.C., Lega, calciatori, arbitri: la serie A ripartirà il 20 giugno 2020. Prima, il 13 e il 14, previste le semifinali di ritorno della Coppa Italia, con finale il 17 giugno.

L'Inter dovrebbe trattenere Lautaro

Una grande squadra trattiene i grandi campioni, specialmente se giovani e destinati ad una grande carriera. Lautaro Martinez è un grande campione e deve ancora compiere 23 anni. Lasciarlo andare al Barca sarebbe un errore imperdonabile da parte dell'Inter. Come accadde con Roberto Carlos, che pure aveva 23 anni, mandato al Real Madrid nel 1996. Per conto mio, sarebbe un errore anche non riprendere Icardi!

Quando ricomincia la serie A? La Premier il 17 giugno

"Il popolo sa tutto e non falla mai" (Dialoghetti sulle materie correnti nell'anno 1831, Monaldo Leopardi)
Decisione in giornata, pare. Quando ricomincia la serie A? Una domanda che tiene banco da quasi tre mesi. E dovranno rispondere il Governo, la Lega di Serie A, le singole squadre della massima divisione italiana. Previa, immagino, consultazione di virologi, infettivologi, epidemiologi. Consulteranno anche maghi e cartomanti? D'altra parte, se uno vale uno, perché no! Strani questi tempi del Covid.

Ore 18:07: ancora nessuna notizia sulla ripresa della serie A, al netto del parere positivo del Comitato Tecnico Scientifico, che non so cosa sia. Sappiamo invece che la Premier League riprenderà il 17 giugno 2020.

mercoledì 27 maggio 2020

Giro d'Italia 1962: vince Balmamion. Quando ancora non c'erano i Beatles

Dal 19 maggio al 9 giugno 1962 si corse la quarantacinquesima edizione del Giro d'Italia. In piena guerra fredda, l'Italia era retta dal IV Governo Fanfani. Un cauto esperimento di centro-sinistra, perché ai partiti di maggioranza: DC, PRI e PSDI recava un soccorso esterno il PSI di Pietro Nenni.

Fu un Giro che si corse quando ancora non c'erano i Beatles, per citare il titolo di un fortunato sceneggiato televisivo di fine anni '80. Non nella formazione nota, quella con Ringo Starr, che sostituì Pete Best nel settembre del 1962. Capelli lunghi, in giro, non se ne vedevano. I Juke-box trasmettevano Quando, quando di Tony Renis, Ogni Giorno di Paul Anka, Pregherò e Stai lontana da me di Adriano Celentano.

Il ciclismo italiano attraversava una fase di transizione. Dopo il tramonto della stagione dei grandissimi, Bartali, Coppi e Magni, erano stati Nencini e Baldini a raccoglierne il testimone nella seconda metà degli anni '50, fino al successo di Gastone Nencini al Tour de France del 1960. Mancava il grande campione, che sarebbe tornato con Adorni, Motta e Gimondi. Nel 1961 al Giro s'era imposto Pambianco. Nel 1962, fu la volta del piemontese Franco Balmamion, un passista capace di difendersi in salita, dagli assalti degli scalatori puri come Imerio Massignan, Vito Taccone e gli spagnoli Angelino Soler, vincitore di tre tappe, e José Perez Francés, poi sesto nella generale. L'assenza di un dominatore permise che la maglia rosa cambiasse padrone sei volte prima di finire definitivamente sulle spalle di Balmamion. Che fu primo a Milano senza aver conquistato un solo successo parziale. Balmamion si sarebbe ripetuto, sempre senza il sigillo di una tappa, anche nel 1963. Secondo fu Massignan a 3'57", terzo Nino Defilippis a 5'02". Da segnalare le affermazioni a Chieti e a Castrocaro Terme del campione del mondo del 1960 e 1961, il grande campione belga Rik Van Looy
File:Balamion.jpg - Wikipedia
Franco Balmamion

Il Giro d'Italia del 1962 conobbe anche la prima edizione della storica trasmissione ideata e condotta da Sergio Zavoli: Il processo alla tappa, che raccontava il ciclismo in modo nuovo, coinvolgendo i corridori, anche i meno famosi, i personaggi dello spettacolo e gli intellettuali. Una formidabile narrazione di costume.

martedì 26 maggio 2020

I migliori cronomen della storia del ciclismo

Propongo una classifica dei migliori cronomen della storia del ciclismo.
  1. Jacques Anquetil
  2. Eddy Merckx
  3. Fausto Coppi
  4. Miguel Indurain
  5. Greg LeMond
  6. Francesco Moser
  7. Bernard Hinault
  8. Fabian Cancellara
  9. Learco Guerra
  10. Chris Boardman
  11. Ferdi Kubler
  12. Ercole Baldini
  13. Alex Zulle
  14. Bradley Wiggins
  15. Jan Ullrich
  16. Chris Froome
  17. Tom Dumoulin
  18. Tony Rominger
  19. Erik Breukink
  20. Alberto Contador

Play-off per la serie A? Idea sbagliata

I Play-off sono un'americanata. Mi hanno sempre convinto pochissimo. Anche nella pallacanestro. Figuriamoci nel calcio. La serie A 2019/20, l'ho già scritto molte volte, o non riprende oppure è giusto, opportuno e ragionevole che riparta da dove s'era interrotta. Un campionato premia, da sempre, la costanza di rendimento. I play-off sono condizionati da molto altro. Dalla forma delle squadre in quel mese in cui si giochino, dagli accoppiamenti delle squadre. Certo, anche dalla capacità, che non tutti possiedono, di giocare molto bene nelle occasioni solenni. Ed allora chiarisco: è certo che nei Play-off emergano i giocatori migliori. Per contro, non è detto che prevalga la squadra migliore. Ma, lo scudetto va assegnato alla squadra migliore.

lunedì 25 maggio 2020

Recoba serviva più assist di Pirlo

Questo blog è sempre stato recobiano. Premessa necessaria. Sono sempre stato recobiano. Detto questo, qual era il ruolo Alvaro Recoba? Io ho sempre pensato che fosse una mezzala. La classica mezzala sudamericana, votata all'attacco, inteso come offesa alla squadra avversaria, con poca o nessuna attitudine alla fase difensiva. Insomma, un interno sinistro. Chi abbia visto tutte le sue partite, io le ho viste quasi tutte, anche nel campionato uruguaiano e con la Celeste, sa che Recoba partiva da dietro e veniva a prendersi palla anche nella sua metà campo. Per muovere in progressione o liberare il suo fantastico lancio. Come in un derby contro il Milan: lancio di quaranta metri per Vieri. In Europa, dovette adattarsi a giocare seconda punta, per lo più, faticando spalle alla porta, centrocampista di fascia sinistra, con Cuper!, o attaccante esterno con Zaccheroni. O riserva di lusso, con quasi tutti. Solo Novellino, a Venezia, gli concesse tutta la libertà indispensabile. Però, sappiamo che ci sono tanti però. Incostanza di rendimento, prove opache in mezzo a molte superlative. Ancora oggi, per tanti è stato il titolare del miglior sinistro degli ultimi 40 anni, dopo quello di Maradona, per altri un dissipatore neghittoso di talento, per altri addirittura un estroso sopravvalutato. Perché tanta difformità di vedute? L'equivoco, a mio parere, è nato dal ruolo. Non averlo capito ha sviato molti giudizi. 
File:Álvaro Recoba - FC Inter 1997-98.jpg - Wikipedia
Alvaro Recoba, Inter
E allora stabilisco un confronto tra uno dei massimi centrocampisti degli ultimi 20 anni, Andrea Pirlo, e Recoba, restringendo il campo d'indagine alla serie A. Pirlo, nato trequartista, divenne regista arretrato, e il suo merito principale, fra i molti, era riconosciuto nella capacità di servire assist ai compagni. Ebbene, dopo ricerca, voglio offrire un dato per riflettere. 
Andrea Pirlo - Wikipedia
Andrea Pirlo, Juve
Pirlo: 493 partite in serie A, 58 gol e 86 assist
Recoba: 207 partite in serie A, 62 gol, 52 assist


Insomma, Recoba, sempre giudicato solo per i gol, che non furono pochi, ha servito 0,25 assist a partita. Pirlo, 0,17 assist a partita. E, chiarisco, non giocavano nello stesso ruolo. Pirlo era meno offensivo di Recoba e molto più regista. Ma, Recoba mandava a rete i compagni come e più di Pirlo. Non trovò il suo Mazzone o il suo Ancelotti. Un allenatore che gli desse una maglia da titolare a centrocampo, per valorizzarne le doti tecniche e di visione che possedeva in modo eminente. I numeri non dicono tutta la verità. Ma, non mentono. 

Sta ripartendo la serie A: 13 o 20 giugno 2020?

La Bundesliga ha già ripreso da dieci giorni. La serie A è ancora in aperta fase di discussione, come si sarebbe detto in quelle patetiche assemblee degli anni '60 e '70. Certo, il periodo è difficile. La cautela è necessaria. Le preoccupazioni abitano in ciascuno di noi. Però, non c'è molto da decidere. O si gioca e allora va indicata una data, e sarebbe stato possibile indicarla, salvo correzioni in corsa, anche prima. Oppure non si gioca. Ora, stando alle ultime notizie, si dovrebbe riprendere a giugno. Il 13 o, sette giorni dopo, il 20. Giocare però, in Italia, alcune partite alle 16:30, sarebbe una grossa sciocchezza. Oltre che irrispettoso degli atleti. Mai prima delle 19:00! Per mettersi alle spalle caldo e afa. Ed anche per avere spettatori, non allo stadio, ma davanti ai televisori.

domenica 24 maggio 2020

Inter: Cavani o Icardi. I precedenti di Batistuta e Forlan

Batistuta, centravanti tremendo della Fiorentina e dell'Argentina, fu a lungo un pallino di Moratti. Che decise di portarlo all'Inter a 34 anni, un anno e mezzo dopo che Batistuta aveva regalato il terzo scudetto della sua storia alla Roma. Fu un mezzo fallimento. Perché Batistuta era logoro. Non funzionò. E ricordo Forlan, assai meno forte di Batistuta, e meno forte anche di Cavani, intendiamoci, ma che era pur sempre stato due volte capocannoniere della Liga: arrivò in un'Inter declinante, a 32 anni, recitando da comparsa. Ora si parla di Cavani all'Inter. Arriverebbe a 33 anni e mezzo. Dopo 15 anni di professionismo ai massimi livelli. E dopo un grave infortunio. Goleador magnifico, attaccante totale. Fuoriclasse. Non dico di no. Però, 33 anni e mezzo non sono 30 o 31. Lecito avere dei dubbi. Non ci giro intorno. Con tutto il rispetto per Cavani, riprenderei Icardi!

venerdì 22 maggio 2020

In morte di Gigi Simoni. La sua Inter fu amatissima

Del personaggio non aveva la vocazione né l'attitudine né la costante ispirazione. Tutto in lui, dal modo di parlare, sempre pacato al tono degli abiti, rimandava al curato di campagna. Eppure Luigi Simoni, detto Gigi, nato a Crevalcore il 22 gennaio 1939, divenne, malgré lui, il simbolo della più grande ingiustizia avvenuta su un campo di calcio, popolarissimo a causa di quella sciagurata primavera calcistica del 1998, quando, alla guida dell'Inter di Massimo Moratti e sua e di Beppe Bergomi e di Ronaldo, si vide strappare uno scudetto strameritato. E il modo ancor m'offende.

Simoni aveva masticato calcio sin da piccolo. Ed era stato calciatore di buon livello. Ala destra. Nel Mantova e nel Napoli e poi nel Torino. Persino nella Juve, per curioso scherzo del destino, chiudendo infine la carriera nel Genoa.
File:Luigi Simoni - Genoa 1893 1973-74.jpg - Wikipedia
Gigi Simoni con la maglia
del Genoa

Proprio con i rossoblu aveva intrapreso la carriera di allenatore, guidando Il Grifone a due promozioni dalla B alla A e a cinque salvezze nella massima serie, tra la metà dei '70 e la metà degli '80. Poi, era entrato in un cono d'ombra, allenando per lo più tra i cadetti, fino al ritorno al grande calcio, riportando la Cremonese in serie A e tenendocela tre anni. Nel 1996, l'approdo al Napoli. Bei risultati che convincono Moratti a regalargli la panchina dell'Inter, mentre ancora vi siede Hodgson

Nel 1997, Simoni è il tecnico dell'Inter. E dovrà allenare il miglior giocatore del mondo, Ronaldo. E con lui, davanti, Djorkaeff, Zamorano, ma anche Branca e Ganz, che presto cambieranno aria, e il giovanissimo Recoba. E ci sarebbe anche Kanu, reduce da un'operazione al cuore. Simoni è serio e preparato, abituato a suscitare il meglio dai suoi giocatori. Tra i quali ha voluto Diego Simeone, combattente argentino del centrocampo, e Moriero, ala com'era ala lui da giocatore. Restituisce a Bergomi un posto da titolare e lo vuole libero: decisione che regalerà al capitano nerazzurro il suo quarto mondiale, dopo l'esilio deciso da Sacchi.


File:FC Inter 1997-98 - Ronaldo e Luigi Simoni.jpg - Wikipedia
Gigi Simoni con Luiz Nazario da Lima, Ronaldo
Il problema è che, al netto di Ronaldo e delle attese, l'Inter stenta all'inizio. E voci di esonero si propagano ad agosto. Sarà Recoba, con il suo sinistro tonitruante, a salvare la panchina di Simoni contro il Brescia, rovesciando lo svantaggio firmato da Hubner. E tutto questo mentre tutti attendevano l'esordio con goleada di Ronaldo. Che si sblocca però la giornata successiva contro il Bologna. La squadra si compatta e diventa l'avversaria massima della Juve di Lippi. Contro cui Simoni vince all'andata. Fuga di Ronaldo sulla destra e tocco in rete di Djorkaeff a porta vuota. L'Inter si avvia a conquistare il suo quattordicesimo scudetto, rispettando la cadenza temporale dell'ultimo trentennio, uno ogni nove anni, nel 1971, nel 1980, nel 1989 e 1998. Invece no. La più maldestra, bizzarra, pacchiana e comica serie di errori arbitrali che io ricordi, toglie punti all'Inter, per darli alla Juve. Mi costerebbe troppo elencarli tutti. Certo che il gol annullato all'Empoli contro la Juve, con la palla dentro di un metro, e il celeberrimo atterramento di Ronaldo da parte di Iuliano, nella decisiva Juve-Inter del ritorno, si stagliano sugli altri per ineffabilità. In quell'ultimo caso, Simoni, il garbatissimo, elegantissimo Simoni, trascinato dallo sdegno, che è il contrario dell'ira ed invece il marchio del candore, entrò in campo, dicendo: vergogna. Fu espulso. L'Inter perse lo scudetto, conquistò la Coppa Uefa a Parigi, contro la Lazio, con un perentorio 3-0.

L'anno dopo Simoni ebbe da gestire un attacco pieno di stelle: a Ronaldo e Djiorkaeff e Zamorano e Recoba si aggiunsero Pirlo, allora trequartista, e Ventola, e sua maestà Roberto Baggio. Forse troppo. Farli giocare tutti assieme non si poteva e non si sarebbe potuto. L'Inter in Coppa dei Campioni perde nettamente all'andata al Bernabeu. Al ritorno, però, con doppietta del subentrato Baggio, il Real Madrid campione uscente viene regolato 3-1, qualificandosi ai quarti di finale. L'Inter vince anche la domenica in campionato. E Moratti, mentre Simoni ritira un premio come miglior allenatore della passata stagione, lo esonera. Perché? Mai capito, mai davvero spiegato. Moratti, anni dopo confesserà l'errore. Simoni venne poi sempre rimpianto dai tifosi nerazzurri. Per la signorilità, sì e senz'altro, per le vittorie, colte e sfumate, per l'ingiustizia del suo allontanamento, per i torti di un sistema che aveva mostrato la sua faccia feroce e ridicola proprio nel 1998. Sì, per tutto questo. Ma, anche perché seppe dare vita ad una squadra amata come poche altre nella storia dell'Inter. Per me, seconda solo a quella del 1989. Sì, ho amato l'Inter di Simoni più dell'Inter del triplete. E mi pare, nel ricordare Simoni, che non ci sia da aggiungere altro.

P.S.: andate a rivedere i minuti finali della vittoria in Coppa Uefa contro la Lazio. Sentirete Pizzul e il coro che dal Parco dei Principi si leva ritmato e solenne, accompagnando le battute finali di quel trionfo: Gigi Simoni, Gigi Simoni, Gigi Simoni...