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martedì 12 maggio 2020

Giro d'Italia 1988: Hampsten e la tempesta sul Gavia. L'impresa mancata di Johan Van der Velde

"Vidi Van der Velde passare su con le maniche corte, come era partito, con la neve sui capelli" (Claudio Gregori, intervista concessa a Roberto Cauz e Riccardo Spinelli, "Chissà che l'utopia non vinca")
Il Giro d'Italia del 1988 fu una corsa in bianco e nero, perché il 5 giugno, durante la quattordicesima tappa verso Bormio, sul Passo del Gavia, una tempesta da romanzo gotico si abbatté sulla corsa. Mai vista tanta neve nel mese di giugno. Freddo glaciale. Corridori assiderati. Moltissimi costretti al ritiro. Le lancette dell'orologio del ciclismo volarono indietro a ritmo impensato. Distacchi come negli anni '30, tanti finirono fuori tempo massimo. Quel giorno, un americano, Hamspten, vestì la maglia rosa, per tenerla sino a Milano.

File:Gavia1998.jpg - Wikipedia
Gavia, Giro d'Italia 1988
Facciamo un passo indietro. Alla vigilia, si annunciava un grande Giro. Al via, i favoriti erano Visentini, vincitore nel 1986, protagonista del litigio di squadra con Roche nel 1987, lo spagnolo Pedro Delgado, già vincitore di una Vuelta e secondo al Tour dell'anno prima, e poi l'irlandese polivalente Sean Kelly, l'olandese Breukink e, soprattutto, il francese Jean-Francois Bernard. Che agli osservatori pareva il più talentuoso ed era in rampa di lancio dopo il terzo posto colto al Tour del 1987. E Bernard fu la prima maglia rosa, indossata dopo il successo nel cronoprologo di Urbino, cui sarebbero seguite altre due affermazioni  parziali in quel Giro. A sfilare la maglia rosa al francese, alla quarta tappa, fu un gregario di fondo, Massimo Podenzana dopo una lunga fuga conclusa sul traguardo di Rodi Garganico. L'avrebbe tenuta nove giorni. L'acuto della sua carriera. Prima di vincere due campionati italiani e di finire settimo al Giro del 1994. Sulla salita di Campitello Matese, successo di Chioccioli, che, nel volto e solo nel volto, somigliava a Fausto Coppi, e perciò era detto Coppino. Chioccioli correva nella Del Tongo capitanata da Saronni. Alla vigilia della tappa del Gavia, Chiccioli era primo, Saronni nono.

File:Jean-François BERNARD.jpg - Wikimedia Commons
Jean-Francois Bernard
Poi, il Gavia. I corridori, quel giorno, dovettero provare le stesse sensazioni avvertite da Octave Lapize sul Tourmalet, nel Tour de France del 1910. Sofferenza assoluta, sforzo innaturale. Sul Gavia passa per primo, da solo, Johan Van der Velde, in maglia ciclamino. La neve sta cadendo sempre più copiosa mentre l'olandese si avvicina al gran premio della montagna. Inizia la discesa verso Bormio e non si copre: errore tremendo. Sarà un calvario per lui. E per tanti altri. Parte la corsa alle mantelline, ma nulla servirebbe come un giornale, più giornali da mettere sotto la maglietta. Terremoto in classifica. Sono i più magri, ma i ciclisti sono tutti magri, a patire di più. Saronni e Visentini persero mezz'ora. Bernard, lì finì la sua carriera nelle grandi corse a tappe, poco meno di dieci minuti. Van der Velde, che aveva dovuto fermarsi in camper e poi ripartire per un principio di congelamento, arrivò anche dopo. Il successo di tappa andò a Breukink, olandese assiduo frequentatore della casa reale. Polemiche si abbattono sull'organizzazione della corsa e sulla decisione di Torriani di non neutralizzare la tappa. Andy Hampsten, si diceva, prese la maglia rosa, legittimandola con il successo nella cronoscalata del Valico del Vetriolo. A Milano, vittoria di Hampsten, primo statunitense a vincere il Giro, secondo Breukink a 1'43", terzo lo svizzero Zimmermann a 2'45". Nessun italiano sul podio: quarto Giupponi, quinto Chioccioli, sesto Giovannetti.

Fu il secondo anno consecutivo senza italiani sul podio della corsa della Gazzetta: nel 1987 aveva vinto Roche, su Millar e Breukink. Era accaduto anche nel 1972, con Merckx primo, Fuente secondo e Galdòs terzo, sarebbe successo di nuovo nel 1995, con vittoria di Rominger su Berzin e Ugrjumov, nel 2012, con Hesjedal, Joaquim Rodriguez e De Gendt e nel 2018, con Froome, Tom Dumoulin e Miguel Angel Lopez. Sei volte in 102 edizioni!