Elenco blog personale

Visualizzazione post con etichetta Fignon. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Fignon. Mostra tutti i post

venerdì 22 gennaio 2021

Tour de France 1988: Pedro Delgado

Il primo fu Federico Bahamontes, nel 1959, seguito da Luis Ocana, nel 1973, il terzo corridore spagnolo capace di vincere il Tour de France fu invece Pedro Delgado, classe 1960, magnifico scalatore, che si difendeva benissimo sul passo, al punto di riuscire a vincere anche gare contro il tempo. Delgado vinse nel 1988. Dopo che Hinault si era ritirato da due anni e mentre ancora durava la convalescenza di Greg LeMond, reduce da un terribile incidente di caccia. Fignon, invece, suo coetaneo, sarebbe tornato davvero competitivo in una grande corsa a tappe l'anno dopo. Roche, dopo la tripletta Giro, Tour e campionato del mondo, si era concesso un anno sabbatico. Si preparava un ricambio generazionale, c'era, potrebbe dirsi, un vuoto di potere, era quello il momento di vincere, per Delgado. E Delgado quel momento lo colse. D'altra parte, era già stato secondo, dietro l'incredibile Roche del 1987, l'anno prima, vantava un successo più numerosi piazzamenti alla Vuelta a Espana e un mese e mezzo prima aveva chiuso ottavo il Giro d'Italia conquistato da Hampsten, quello della tempesta del Gavia. La prima maglia gialla, al Tour del 1988, andò al velocista italiano Guido Bontempi. Poi al canadese Bauer, quindi fu appannaggio di tre ciclisti olandesi: Van Vliet, Lubberding e Nijdam. Fino all'arrivo sull'Alpe d'Huez, cima mitica domata da un altro olandese con doti di grande arrampicatore, Steven Rooks, che precedette il compagno di squadra e connazionale Theunisse: quel giorno, Delgado, terzo di giornata a 17", si vestì di giallo, per mantenere il simbolo del primato sino alla fine. Il giorno dopo vinse la cronometro di Villard de Lans, portando il suo vantaggio su Rooks, secondo nella generale, a 2'47". Rimase il suo unico successo parziale, ma continuò a guadagnare sugli inseguitori in classifica, tanto che a Parigi vinse con 7'13" su Rooks, secondo, e con 9'58" sul colombiano Parra. Se non si fosse presentato in ritardo al cronoprologo del Tour del 1989, quello vinto da LeMond su Fignon per soli 8" - ritardo mai spiegato e mai chiarito, quello di Delgado - avrebbe potuto vincerne due di Tour. Nelle grandi corse a tappe, invece, gli sarebbe toccato di trionfare ancora alla Vuelta del 1989. Nella sua squadra, la Reynolds, poi Banesto, stava crescendo Miguel Indurain, vincitore dei futuri Tour dal 1991 al 1995 consecutivamente. Indurain, però, il Tour del 1988 lo concluse soltanto al quarantasettesimo posto. Il coetaneo Gianni Bugno, fu sessantaduesimo nella generale, ma destò grande impressione vincendo la tappa di Limoges.

martedì 12 gennaio 2021

Tour de France 1983: Laurent Fignon!

Quando Cirylle Guimard, che era stato un buon professionista, divenne direttore sportivo, si trovò, a soli 31 anni, era il 1978, ad allenare il più grande ciclista dell'epoca, l'epoca che iniziava, Bernard Hinault. Tanta grazia. La Renault, che tanti, va da sé, associano alle automobili, era una formazione fortissima e ricca di mezzi, che immancabilmente assecondava gli estri dell'asso bretone. Poi, nel 1982, passò al professionismo, sempre con la Renault e Guimard, un giovane ciclista parigino, biondo e con aura professorale, Laurent Fignon. Subito promosso al ruolo di luogotenente di Hinault. Come si vide alla Vuelta a Espana del 1983, vinta proprio da Hinault, con Fignon capace, nonostante il compito di alto gregariato, di chiudere settimo. Hinault puntava al suo quinto Tour. E l'avrebbe vinto, ma due anni dopo. In quell'anno, il 1983, non lo avrebbe corso per via di una tendinite. Pronostico aperto! Fino ad allora, so che è difficile da credere ma andò così, Hinault aveva vinto tutte le grandi corse a tappe cui aveva partecipato. Tutte: due volte la Vuelta, due volte il Giro, quattro volte il Tour. Solo nel 1980, non aveva conquistato il Tour, ma perché aveva dovuto ritirarsi. Insomma, era imbattuto. Pochi pensavano che Renault e Guimard avrebbero vinto il Tour anche senza Hinault.

Tour de France 1983



Fignon, 23 anni da compiere in agosto, fu promosso capitano. Il prologo andò al belga Vanderaerden, prima maglia gialla. Che passò, dopo due giorni, sulle spalle del francese Gauthier e quindi su quelle del danese - primo nella storia - Kim Andersen. La corsa esplose sui Pirenei, nella decima frazione da Pau a Bagneres-de-Luchon, dove vinse lo scozzese Millar davanti al promettente scalatore spagnolo Pedro Delgado e al francese Pascal Simon, che ottenne il simbolo del primato. Fignon giunse al traguardo con un ritardo di 4'23". Fignon recuperò oltre tre minuti su Pascal Simon nella quindicesima tappa sul vulcano del Massiccio Centrale: il Puy de Dome. E completò la rimonta nella diciassettesima tappa, che vide il ritiro di Simon, sofferente per i postumi di una caduta di due giorni prima: sull'Alpe d'Huez, Fignon vestì la maglia gialla, mentre il successo di giornata arrise al corridore olandese Peter Winnen. Fignon avrebbe tenuto la testa della classifica fino a Parigi, annettendosi anche la cronometro di Digione. Secondo sarebbe stato lo spagnolo Arroyo a 4'04", terzo l'olandese Winnen a 4'09", quarto il belga Van Impe a 4'18". Fignon avrebbe replicato il successo un anno dopo, infliggendo la prima sconfitta in una grande corsa a tappe a Hinault, emigrato alla Vie Claire, costretto alla piazza d'onore.

mercoledì 8 luglio 2020

Tour de France 1984: l'apoteosi di Fignon

L'anno precedente il giovane Laurent Fignon aveva conquistato a sorpresa il suo primo Tour de France. Dando prova di classe superiore, soprattutto in salita. Tuttavia, la critica, e specialmente quella transalpina, aveva osservato e molto sottolineato l'assenza di Hinault, il dominatore del tempo delle grandi corse a tappe.


Nel 1984, Hinault, alla ricerca della quinta Grande Boucle, era però al via. Tutta la Francia attendeva il duello tra Fignon e Hinault. Che, tuttavia, si svolse più sui giornali che in corsa. Fignon aveva invece da smaltire la delusione sofferta al Giro, dove Moser gli aveva strappato la maglia rosa nella cronometro conclusa all'Arena di Verona, montando le avveniristiche ruote lenticolari.


File:Route of the 1984 Tour de France.png - Wikipedia
Tour de France 1984


Dopo il successo nel cronoprologo da parte di Hinault, cominciò infatti la grande cavalcata di Fignon. Che vinse, sul terreno prediletto dal gran Tasso bretone, la lunga cronometro individuale da Alencon a Le Mans: Hinault fu terzo a 49", preceduto anche dall'irlandese Sean Kelly. Il divario, tra i due grandi rivali si approfondì sui Pirenei. Nell'undicesima tappa, con arrivo a Guzet-Neige, Fignon diede altri 52" al rivale. Eppure Hinault sembrava ancora in corsa. 


Il trionfo di Fignon si celebrò sulle Alpi. Cominciò con il successo nella cronoscalata a La-Ruchere, il secondo posto, dietro il colombiano Lucho Herrera, sull'Alpe d'Huez che lo vestì di giallo, e i quasi tre minuti di distacco inflitti a Hinault, e l'ulteriore successo a La Plagne, dove Fignon diede altri tre minuti scarsi ad Hinault.


Laurent Fignon, Tour De France 1989 | Anders | Flickr
Laurent Fignon


A Parigi, dopo aver dominato anche l'ultima cronometro del giorno prima, Fignon vinse con 10'32" su Hinault e 11'46" sul giovane campione del mondo Greg LeMond: un'apoteosi. Il vertice più alto della carriera di Laurent Fignon. Per la prima volta in carriera, Hinault non vinceva una grande corsa a tappe portata a termine. Fignon, a quasi 24 anni, pareva predestinato ad una carriera leggendaria. Un corridore antico, Fignon perché costantemente votato all'attacco o al contrattacco, mai attendista, sempre avviato ad azioni sorprendenti e spettacolari. Distacchi come quelli appena ricordati, inflitti a corridori di tale spessore, profumano di anni '40 e '50. In quel Tour, Fignon e LeMond correvano nella stessa squadra. Fino all'anno prima, Fignon era stato compagno di squadra di Hinault. L'anno dopo, 1985, LeMond sarebbe passato in quella di Hinault. Cinque anni dopo, nel 1989, Fignon avrebbe perso da LeMond il possibile terzo Tour per la miseria di 8". Insomma, un podio magnifico, intricato, premonitore e letterario, quello del Tour de France 1984. Fignon, Hinault e LeMond hanno vinto, insieme, dieci Tour de France.

martedì 19 maggio 2020

I migliori discesisti del ciclismo

Sulle salite si sale, ma dalle salite si scende. Molte grandi vittorie, nella storia del ciclismo, sono state costruite in discesa, dove il talento alla guida del mezzo, la compostezza in sella, il coraggio spinto fino all'ardimento, la scelta delle traiettorie più convenienti, la capacità di trovare e ritrovare un equilibrio dentro la precarietà, tutto questo assieme ha regalato momenti agonistici indimenticabili. Propongo una classifica dei migliori discesisti della storia del ciclismo.

  1. Fiorenzo Magni (Italia)
  2. Luis Ocana (Spagna)
  3. Gastone Nencini (Italia)
  4. Ferdy Kubler (Svizzera)
  5. Paolo Savoldelli (Italia)
  6. Samuel Sanchez (Spagna)
  7. Laurent Fignon (Francia)
  8. Peter Sagan (Slovacchia)
  9. Francesco Moser (Italia)
  10. Urs Freuler (Svizzera)
  11. Julian Alaphilippe (Francia)
  12. Wout Wagtmans (Olanda)
  13. Henri Anglade (Francia)
  14. Fabian Cancellara (Svizzera)
  15. Vincenzo Nibali (Italia)
  16. Andrè Leducq (Francia)
  17. Dmitri Konyeshev (Russia)
  18. Miguel Indurain (Spagna)
  19. Italo Zilioli (Italia)
  20. Romain Bardet (Francia)

giovedì 7 maggio 2020

Giro d'Italia 1990: il trionfo di Gianni Bugno

Trent'anni fa, il 18 maggio del 1990, cominciava il Giro d'Italia che Gianni Bugno avrebbe dominato dalla prima all'ultima tappa, come Girardengo nel 1919, come Alfredo Binda nel 1927, come Eddy Merckx nel 1973 (anzi quasi, perché nel '73 ci fu un cronoprologo a coppie e la prima maglia rosa non venne assegnata). E dopo Bugno più nessuno ci sarebbe riuscito. 
Tour Of Italy ´90 | Gianni Bugno Clincher Tires: Michelin Pr ...
 Gianni Bugno 1990

Bugno, passato professionista alla fine del 1985, era un predestinato, ricco di talento, un fuoriclasse molto considerato nel gruppo. Schivo, riservato, passista potente ed elegante, era il più veloce dei non velocisti e teneva benissimo in salita, soprattutto sulle salite adatte ai lunghi rapporti, che era il solo a saper spingere. E tutto questo sempre conservando una pedalata elegantissima, efficacissima, rotonda. Mai un segno di stanchezza o di alterazione sul volto, le spalle sempre dritte. Si era svelato al grande pubblico nel 1986, regolando in volata un certo Francesco Moser nel Giro dell'Appennino. Poi conquistato anche nel 1987 e nel 1988. Nel 1989, lo racconto per meglio inquadrare il corridore Bugno, quando il Giro dell'Appennino valeva anche per il titolo nazionale, era stato secondo dietro Argentin: più volte, nella sua carriera, Bugno avrebbe vinto contro pronostico, salvo tradire le attese quando la sua vittoria era annunciata.

Torniamo al Giro del 1990: 20 tappe, più di 3.400 km. Il favorito della vigilia era il francese Laurent Fignon, campione uscente e reduce dalla beffa degli 8", con i quali aveva ceduto a LeMond il Tour de France del 1989. Molto atteso anche Flavio Giupponi, classe 1964 come Bugno, che nelle ultime tre edizioni del Giro era stato quinto, quarto e secondo, nel 1989 proprio dietro Fignon. E poi c'era Marco Giovannetti, che aveva appena conquistato la Vuelta a Espana, cosa che ad un corridore italiano non succedeva dal 1981, con Battaglin. E c'erano anche lo stacanovista spagnolo dei grandi giri, Marino Lejarreta, l'altro iberico Echave ed il francese Mottet, che vantava un quarto posto al Tour del 1987 e un sesto posto al Tour del 1989. Bugno, proprio nel 1989, aveva ottenuto la sua migliore prestazione in una grande corsa a tappe: undicesimo al Tour. In quel 1990 aveva già conquistato la Milano-Sanremo, con magnifico assolo iniziato sulla Cipressa, e si era poi annesso il Giro del Trentino.

Bugno vinse subito il cronoprologo di 13 km a Bari. Vestita la maglia rosa, prese il controllo della corsa come un veterano. Sulla stampa e in televisione, tutti gli consigliavano di cederla, quella maglia, per non affaticare troppo la squadra e alleggerire la pressione su di sé. Ma, Bugno era come trasfigurato dal simbolo del primato. Volava. Ottenne a Vallombrosa, nella settima tappa, il secondo successo parziale. Tenne benissimo sulle montagne, anche il 2 giugno, quando fu secondo dietro Mottet sul Passo del Pordoi. Stravinse la cronoscalata del Sacro Monte di Varese. E giunse da trionfatore a Milano, con 6'33" su Charly Mottet e 9'01" su Marco Giovannetti. Era l'epifania di un campione polivalente, che avrebbe potuto ambire al titolo di campionissimo ed avrebbe invece vinto solo la metà, forse meno, di quanto la sua classe gli avrebbe permesso.

mercoledì 29 aprile 2020

Tour de France 1991: vinse Indurain, ma poteva vincere Bugno

Nel 1991, il Tour de France si annunciava, e davvero lo sarebbe stato, combattuto e spettacolare. Intanto, andava in scena un duro scontro generazionale. La vecchia guardia, vecchia si fa per dire, perché non superava i 30 anni d'età, con LeMond, Fignon e Delgado, sei Grande Boucle in tre, si preparava a resistere agli assalti della nuova leva ciclistica, quella del '64, capitanata da Bugno, Breukink, Alcala e Indurain. In quest'ordine. Si tenga presente, al riguardo, che il leader della Banesto era ancora Delgado e Indurain il suo aiutante di campo. Poi, c'era Chiappucci, classe 1963, secondo a sorpresa un anno prima, ma pure secondo al Giro d'Italia 1991, vinto da Chioccioli, con Bugno solo quarto! Ciò nondimeno, Bugno, che si era poi aggiudicato il campionato italiano, volava. Ma, iniziò la corsa avendo nella testa i pronostici dei maggiori suiver dell'epoca, che vedevano in LeMond l'uomo da battere e, pertanto, il principale avversario da curare in corsa. Un errore che gli sarà fatale. A Bugno, intendo. 
La corsa.
Il cronoprologo, manco a dirlo va a Thierry Marie, i francesi lo prevedono per lui. LeMond prende la maglia gialla il giorno dopo, per cederla subito al danese da classiche, Sorensen. Poi, una mai chiarita intossicazione alimentare mette fuori gioco tutta la PDM, con Breukink e Kelly in piena lotta per la generale. Il sigillo del primato torna a Marie e poi ancora a LeMond. Alla decima tappa, Indurain esce dal cono d'ombra di Delgado, annettendosi la cronometro, di 73 km!, da Argentan ad Alencon. Il trono di LeMond vacilla. Nell'undicesima e nella dodicesima tappa, Mottet mette a segno una memorabile doppietta, all'esito della quale Luc Leblanc è maglia gialla. La Francia, che pure aspettava un altro idolo di casa, Fignon, esulta. Il 19 luglio, si decide il Tour. Tredicesima tappa con arrivo a Val Louron. Tappone pirenaico. Caldo, il clima prediletto da Bugno, che potrebbe staccare tutti - ma cura LeMond, un LeMond affaticato sebbene tenace - già sull'Aubisque. E invece si limita ad un attacco dimostrativo nell'ultimo chilometro. Più avanti, sul mitico Tourmalet, passano in testa Chiappucci, Indurain, Bugno, Mottet, Leblanc. C'è la discesa. E Bugno, che in discesa non è un drago, lascia andare Indurain. Perché lo sottovaluta. E poi Chiappucci. Arriva a perdere oltre due minuti e mezzo. Poi, perché sta bene, meglio di tutti, si sveglia, stacca gli altri, recupera nella salita verso Val Louron, rapporto lungo, il suo, pedalata tonda, la sua, eleganza assoluta, la sua. Perde però un minuto e mezzo, in una tappa che avrebbe potuto vincere. E che va invece a Chiappucci. Batterà Indurain sull'Alpe d'Huez, già sua l'anno prima. Ma, ormai, Indurain ha il giallo addosso. E vincerà anche la cronometro, 57 km!, di Macon. Primo Indurain, a Parigi, secondo Bugno a 3'36", terzo Chiappucci a 5'56". Poi tre francesi in fila, Mottet, Leblanc e Fignon. LeMond solo settimo davanti al connazionale Hampsten, Delgado, detronizzato da Indurain, nono. La rivoluzione è compiuta. Una nuova leva di corridori è al comando. Guidata da Indurain. Bugno ha perso, definitivamente, sebbene ancora non lo sappia, la possibilità di diventare la leggenda che il suo talento gli avrebbe permesso. Un Tour perso in discesa!

giovedì 23 aprile 2020

Tour de France 1989: LeMond e Fignon. Il romanzo di due campioni leggendari e di una rivalità unica

Il Tour più bello e avvincente, cui mi sia capitato di assistere, resta quello del 1989. Al via, il grande favorito era il beniamino di casa Laurent Fignon, il professore, così detto per via di occhialini dalla montatura dorata che gli conferivano un'aria molto seria. Fignon era tornato competitivo nelle gare tappe proprio al Giro d'Italia appena vinto su Flavio Giupponi.
Laurent Fignon
Talento precoce, aveva già conquistato, nel 1983 e nel 1984 due Tour de France consecutivi e sembrava destinato a stabilire una lunga tirannia nel mondo delle due ruote: nel 1984 aveva appena 24 anni, essendo nato a Parigi il 12 agosto del 1960. Ecco, quell'anno, il 1984, quello delle Olimpiadi di Los Angeles, Fignon aveva sfiorato anche il Giro, perdendo la maglia rosa nella cronometro finale che giungeva all'Arena di Verona: decisivo l'apporto tecnologico fornito a Moser dalle ruote lenticolari. Al Tour, però, aveva dato dieci minuti a sua maestà Bernard Hinault e undici al campione del mondo in carica Greg LeMond. Invece, da quel momento cominciò un periodo di buio agonistico per Fignon, dovuto anche a ripetuti infortuni. Hinault avrebbe vinto il Tour del 1985, il suo quinto e rimasto l'ultimo per i francesi!, davanti a LeMond, con Fignon assente. Lemond avrebbe vinto, primo americano della storia, il Tour del 1986, Hinault secondo e pronto al ritiro a soli 32 anni. Il professore francese avrebbe dovuto attendere, si diceva, il Giro del 1989 per tornare a fare classifica in un grande giro. Nel frattempo, si era annesso, noblesse oblige, due Milano-Sanremo consecutive ('88 e '89).
File:Laurent Fignon, Système U (cropped).jpg - Wikipedia
Laurent Fignon (FRA)
Greg LeMond
Greg LeMond era un predestinato. Ciclista dove, negli Usa, il ciclismo era sport di puro diletto, aveva messo a profitto il fatidico incontro con un italoamericano di origini marchigiane, Fred Mengoni. Suo ispiratore e mentore. LeMond, nato in California il 26 giugno 1961, era stato campione del mondo nel 1983, dopo il secondo posto inflittogli da Saronni a Goodwood nel 1982. Ma, era anche magnifico corridore da gare a tappe. In carriera, faceva il Giro per preparare il Tour. Eppure arrivò con facilità terzo e quarto nella corsa della Gazzetta ('85 e 86). S'è detto del Tour che vinse su Hinault nel 1986. Poi, il fato volle esigere da lui un prezzo elevatissimo dalla gloria ottenuta. Un incidente, un banale incidente di caccia, rimase ferito e forzatamente lontano dalle competizioni per due lunghi anni, essendosi temuto per la sua carriera oltre che per la sua vita. Tornava alle corse proprio nel 1989. Quando comincia la nostra storia.
Greg LeMond - Wikipedia
Greg Lemond (USA)
Tour de France 1989
Dopo anni contrappuntati da assenze dolorose, al via della Grande Boucle, ci sono tutti i migliori. Fignon, appunto, fresco vincitore del Giro, LeMond, risorto, Pedro Delgado, vincitore, tra le polemiche, del Tour del 1988, la corazzata della PDM, che schiera, tutti assieme, Theunisse, Rooks, Alcala e Kelly: finiranno tutti e quattro tra i primi dieci della classifica generale, pur mancando il podio. La corsa comincia con un coup de theatre: lo spagnolo Delgado, nel cronoprologo del Lussemburgo, si presenta al via con due minuti e mezzo di ritardo. Perché? Si tireranno in ballo i sospetti di doping che avevano adombrato la sua vittoria dell'anno prima. Delgado dovrà correre in rimonta tutto il Tour e chiuderà terzo, nonostante la superiorità manifesta in salita. La prima maglia gialla è dell'olandese Breuking, classe 1964, uno che aveva più reputazione nelle corse a tappe, allora, dei coetanei Bugno e Indurain, luogotenente di Delgado. Fignon prende la maglia gialla alla quinta tappa. LeMond gliela porta via alla decima, dopo una cronometro interminabile, 73 km, che giunge a Futuroscope. Fignon la riprende a Superbagneres, sui Pirenei, e la cede di nuovo a LeMond, a Gap, all'esito della quarta cronometro di quel Tour! Fignon va meglio in salita. E si veste ancora di giallo dopo l'Alpe d'Huez, domata dall'olandese Theunisse. Fino alla cronometro, la quinta, che giunge a Parigi da Versailles, il 23 luglio 1989. La Francia è tutta con Fignon. Con l'eccezione degli inconsapevoli organizzatori, che hanno infarcito il Tour di 190,3 km contro il tempo, cronosquadre compresa! Fignon lotta, ma LeMond vola. E vince il Tour de France 1989 con il vantaggio più esiguo e beffardo della storia del ciclismo: 8"! Otto, tremendi secondi, che porranno fine alla carriera di Fignon ad alti livelli. La seconda beffa per Fignon, dopo quella di Verona 1984. Troppo. LeMond vincerà anche il Tour, il suo terzo, del 1990.