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mercoledì 26 giugno 2013

Tevez bianconero. L'attaccante argentino ha segnato 244 gol in carriera

Carlos Tevez alla Juve. Colpo dei bianconeri che si assicurano uno dei migliori attaccanti del mondo. Compatto, rapido, veloce, titolare di un gran tiro, contropiedista spietato, capace anche di partecipare alla manovra e di dare una mano in fase di non possesso palla. Top player? Sì, top player. Ha fatto bene dappertutto Tevez, autore fino ad ora di 219 gol in carriera, in Argentina al Boca, in Brasile, al Corinthians, in Inghilterra, con le due squadre di Manchester ed il West Ham. Capocannoniere alle Olimpiadi di Atene, soltanto con la nazionale maggiore argentina ha stentato un poco: 13 gol per lui sono pochi, ma si è spesso sacrificato negli ultimi anni per Messi, noblesse oblige, e per Aguero. La Juve potrà contare su un vero fuoriclasse, per tecnica e per temperamento. Si ambienterà presto nel calcio italiano.
Aggiornamento del 10 febbraio 2014: come previsto, e non era difficile per la verità, Tevez si è ambientato benissimo nel campionato italiano. Ad oggi, i suoi gol in carriera sono diventati 234.
Aggiornamento del 31 marzo 2014: l'assenza di Tevez ha pesato tantissimo nella sconfitta rimediata ieri dalla Juve contro il Napoli, l'asso argentino, 238 gol in carriera, ultimamente ha letteralmente inventato delle reti, coprendo la diminuita condizione atletica dei bianconeri.
Aggiornamento del 20 settembre 2014: gol decisivo contro il Milan a San Siro ed i gol di Tevez in carriera diventano 244. Se la Juventus comanda il campionato, il merito è tutto dell'asso argentino.

giovedì 27 dicembre 2012

Pato al Corinthians, Rocchi all'Inter?

Sic transit gloria mundi. Pato, classe '89, finisce precocemente la sua carriera europea, lascia il Milan e torna in Brasile, dove, al Corinthians, cercherà di ricostruire una carriera che prometteva tantissimo e che ha mantenuto assai meno. Intendiamoci, Pato ha soltanto 23 anni e parecchio talento, una grande velocità di base, notevolissima rapidità di esecuzione, due piedi piuttosto educati, sicché avrebbe tutto per affermarsi come uno dei migliori centravanti della sua generazione. Eppure, si è smarrito. Stiamo a vedere se l'aria di casa l'aiuterà a ritrovarsi. Per passare di palo in frasca, l'Inter si appresta a rinforzare il reparto d'attacco con Rocchi, capitano da panchina della Lazio. Classe '77, 99 gol in A, oltre 100 con la Lazio, come Giordano, Piola, Signori e Chinaglia. Dovrebbe essere il vice Milito, che ha due anni meno di lui. Ha senso tutto ciò? Ho stima per Rocchi, ma, insomma, se non gioca più nella Lazio, perché dovrebbe farlo nell'Inter? La risposta la custodisce Branca.

martedì 6 dicembre 2011

Un saluto a Socrates, calciatore, artista, dottore in medicina, fondatore della "democracia corinthiana"

E' scomparso precocemente, come Best qualche anno fa, Socrates, una delle stelle più luccicanti del firmamento calcistico brasiliano. E, per inevitabile estensione, mondiale. Difficile classificarlo come giocatore, probabilmente mezzala, e non solo per il numero otto che indossava sulla maglia. Molto alto, superava il metro e novanta, magro, asciutto, tirato, sembrava lento, ma, palla al piede diventava estramente veloce, basti rivedere il gol che segnò all'Italia ai Mondiali del 1982. Possedeva un tiro di rara potenza e precisione, per via della notevole statura e di una felice scelta di tempo, segnava molti gol di testa. Socrates era tutto questo, senza dubbio, ma, soprattutto era un uomo squadra, un regista senza fissa dimora in campo, dacché svariava molto, accentrava il gioco, senza tuttavia mantenere il pallone un solo secondo di più, palleggiatore finissimo, ma amante dei tocchi di prima. E dei colpi di tacco, sua specialità massima, sintesi di una visione beffarda e visionaria del gioco del calcio. Detestava le regole, detestava la società occidentale, il capitalismo, ma, anche, per venire al calcio, la dieta dell'atleta, le rinunce, i ritiri, gli allenatori. Al Corinthians convinse i compagni all'ammutinamento, proclamando una democracia, nella quale a decidere erano i giocatori: dal modulo, alla formazione, agli allenamenti. Senza capi. Eppure il capo c'era ed era proprio Socrates, un tribuno, che fumava, beveva, cercava la compagnia delle donne e giocava al calcio senza nessuna intenzione agonistica. Eppure vinceva. Con il Corinthians ci riuscì. Con il Brasile ci andò soltanto vicino. Nel 1982, è storia notissima, il Brasile di Santana, capitanato proprio da Socrates si fece eliminare dall'Italia per non accontentarsi del pareggio: il centrocampo di quella squadra mette soggezione al solo ricordo. Zico, Falcao, Cerezo, Eder e Socrates appunto. Tanto che Junior doveva adattarsi da terzino sinistro. Se non si fosse infortunato Careca alla vigilia, quella squadra difficilmente sarebbe stata battuta. Il centravanti Serginho ne fu, infatti, il solo punto debole. Socrates venne anche in Italia, alla Fiorentina, nella stagione 1984/85, quando da noi giocavano tutti i migliori, dai suoi connazionali a Maradona, da Platini a Rummenigge ad Elkjaer e via eccellendo. Non si trovò a suo agio: troppo tattico e disciplinato il nostro calcio. Sull'uomo il giudizio spetta a Dio, come calciatore è stato grandissimo. Come personaggio anche. Benedetto Croce per spiegare il successo della Gioconda s'inventò un aggettivo, "allotrio" per definire il valore più che artistico dell'opera. Ecco Socrates lascia un ricordo forte anche per il suo valore "allotrio", per la sua ambizione di leggere la società moderna secondo canoni non convenzionali. Per la sua andatura lenta, nella vita e sul campo. Per il fatto di essere laureato in medicina, lettore accanito eppure sempre e comunque calciatore. Per le sue battute pungenti in un mondo rassegnato alla finta diplomazia.

lunedì 21 novembre 2011

Decisivi Adriano e Recoba: come una volta

Nemmeno a farlo a posta, in Brasile ed Uruguay, due grandi giocatori che furono dell'Inter, ieri, hanno deciso le vittorie delle rispettive squadre, Corinthians e Nacional de Montevideo. E se Recoba ha 35 anni compiuti, saranno 36 il prossimo marzo, Adriano ne ha ancora 29, eppure ieri ha segnato dopo quasi un anno e mezzo di astinenza. C'è stato un tempo, tra il 2004 ed il 2007, ma, soprattutto nel 2004, in cui assieme furoreggivano nell'attacco nerazzurro. Ricordo una Juventus - Inter di Coppa Italia, a Torino, quando Adriano, appena ritornato da Parma, segnò una clamorosa doppietta su assist proprio del Chino. Sebbene entrambi mancini, s'intendevano con naturalezza. Poi, tutto fu vanificato, al ritorno, da una sconfitta culminata ai rigori. Le segnature di ieri, che rendono possibili gli scudetti delle loro squadre attuali, hanno in qualche modo riportato indietro le lancette del tempo. Certo è che l'Inter di fuoriclasse ne ha avuti nell'ultimo decennio. Oggi, purtroppo, ne ha molti di meno. O, forse, proprio non ne ha.