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lunedì 9 gennaio 2023

Un saluto a Roberto "Dinamite"

Raccontato dal soprannome, Roberto "Dinamite", classe 1954, storico e prolificissimo centravanti del Vasco da Gama, è stato uno dei massimi goleador della storia del Brasile, segnando a ripetizione tra gli anni '70 e '80. Nessuno come lui nella storia del campionato nazionale, nato nel 1971: 190 gol. Complessione robusta, il tiro tremendo che s'intuisce, ma anche tecnica raffinata: virtuoso del primo tocco, quello che nel calcio è il più importante, era solito superare il primo marcatore con un tunnel d'esterno. Mai riuscì ad essere stabilmente il centravanti della nazionale verdeoro, con la quale pure partecipò a due mondiali, nel 1978 - segnò un gol contro l'Austria e una doppietta contro la Polonia - e nel 1982, quando, anche per nostra fortuna, gli fu preferito l'evanescente Serginho. Più noto in patria che fuori, Roberto Dinamite ha avuto, come talvolta capita, riconoscimenti inferiori a quelli che avrebbe meritato.

martedì 6 dicembre 2011

Un saluto a Socrates, calciatore, artista, dottore in medicina, fondatore della "democracia corinthiana"

E' scomparso precocemente, come Best qualche anno fa, Socrates, una delle stelle più luccicanti del firmamento calcistico brasiliano. E, per inevitabile estensione, mondiale. Difficile classificarlo come giocatore, probabilmente mezzala, e non solo per il numero otto che indossava sulla maglia. Molto alto, superava il metro e novanta, magro, asciutto, tirato, sembrava lento, ma, palla al piede diventava estramente veloce, basti rivedere il gol che segnò all'Italia ai Mondiali del 1982. Possedeva un tiro di rara potenza e precisione, per via della notevole statura e di una felice scelta di tempo, segnava molti gol di testa. Socrates era tutto questo, senza dubbio, ma, soprattutto era un uomo squadra, un regista senza fissa dimora in campo, dacché svariava molto, accentrava il gioco, senza tuttavia mantenere il pallone un solo secondo di più, palleggiatore finissimo, ma amante dei tocchi di prima. E dei colpi di tacco, sua specialità massima, sintesi di una visione beffarda e visionaria del gioco del calcio. Detestava le regole, detestava la società occidentale, il capitalismo, ma, anche, per venire al calcio, la dieta dell'atleta, le rinunce, i ritiri, gli allenatori. Al Corinthians convinse i compagni all'ammutinamento, proclamando una democracia, nella quale a decidere erano i giocatori: dal modulo, alla formazione, agli allenamenti. Senza capi. Eppure il capo c'era ed era proprio Socrates, un tribuno, che fumava, beveva, cercava la compagnia delle donne e giocava al calcio senza nessuna intenzione agonistica. Eppure vinceva. Con il Corinthians ci riuscì. Con il Brasile ci andò soltanto vicino. Nel 1982, è storia notissima, il Brasile di Santana, capitanato proprio da Socrates si fece eliminare dall'Italia per non accontentarsi del pareggio: il centrocampo di quella squadra mette soggezione al solo ricordo. Zico, Falcao, Cerezo, Eder e Socrates appunto. Tanto che Junior doveva adattarsi da terzino sinistro. Se non si fosse infortunato Careca alla vigilia, quella squadra difficilmente sarebbe stata battuta. Il centravanti Serginho ne fu, infatti, il solo punto debole. Socrates venne anche in Italia, alla Fiorentina, nella stagione 1984/85, quando da noi giocavano tutti i migliori, dai suoi connazionali a Maradona, da Platini a Rummenigge ad Elkjaer e via eccellendo. Non si trovò a suo agio: troppo tattico e disciplinato il nostro calcio. Sull'uomo il giudizio spetta a Dio, come calciatore è stato grandissimo. Come personaggio anche. Benedetto Croce per spiegare il successo della Gioconda s'inventò un aggettivo, "allotrio" per definire il valore più che artistico dell'opera. Ecco Socrates lascia un ricordo forte anche per il suo valore "allotrio", per la sua ambizione di leggere la società moderna secondo canoni non convenzionali. Per la sua andatura lenta, nella vita e sul campo. Per il fatto di essere laureato in medicina, lettore accanito eppure sempre e comunque calciatore. Per le sue battute pungenti in un mondo rassegnato alla finta diplomazia.