Elenco blog personale

Visualizzazione post con etichetta Santana. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Santana. Mostra tutti i post

martedì 9 aprile 2019

Il torneo di Montecarlo: 5 vittorie italiane

Monte-Carlo Rolex Masters 2019 (13 aprile - 21 aprile 2019)
ATP Masters 1000

Sulla terra rossa, si gioca moltissimo, in Europa e in America del Sud, ma tre tornei di tennis svettano su tutti gli altri: il Roland Garros, una delle quattro prove Slam, a Parigi, poi Roma e Montecarlo. Il torneo di Montecarlo comincerà fra pochi giorni e nessun italiano ha, almeno sulla carta, la minima speranza di successo. Sebbene Fognini e Cecchinato, semifinalista al Roland Garros nel 2018, siano tra i maggiori specialisti della superficie. Eppure c'è stato un tempo in cui l'Italia, a Montecarlo, vinceva o arrivava in fondo. Il primo successo azzurro risale al lontano 1922, quando Giovanni Balbi di Robecco, aristocratico, che aveva anche giocato saltuariamente a calcio nel Genoa, s'impose in finale sul francese Gerbault. Nel 1936, a vincere, superando Bunny Austin, fu Giovanni Palmieri. Dopo la guerra, ci furono i tre successi del più grande tennista italiano delle storia, Nicola Pietrangeli, che vinse nel 1959, nel 1967 e nel 1968, perdendo una finale contro lo spagnolo Santana. Dopo di allora, solo Barazzutti s'issò fino alla finale, perdendo contro il grande Borg, nel 1977. 

martedì 6 dicembre 2011

Un saluto a Socrates, calciatore, artista, dottore in medicina, fondatore della "democracia corinthiana"

E' scomparso precocemente, come Best qualche anno fa, Socrates, una delle stelle più luccicanti del firmamento calcistico brasiliano. E, per inevitabile estensione, mondiale. Difficile classificarlo come giocatore, probabilmente mezzala, e non solo per il numero otto che indossava sulla maglia. Molto alto, superava il metro e novanta, magro, asciutto, tirato, sembrava lento, ma, palla al piede diventava estramente veloce, basti rivedere il gol che segnò all'Italia ai Mondiali del 1982. Possedeva un tiro di rara potenza e precisione, per via della notevole statura e di una felice scelta di tempo, segnava molti gol di testa. Socrates era tutto questo, senza dubbio, ma, soprattutto era un uomo squadra, un regista senza fissa dimora in campo, dacché svariava molto, accentrava il gioco, senza tuttavia mantenere il pallone un solo secondo di più, palleggiatore finissimo, ma amante dei tocchi di prima. E dei colpi di tacco, sua specialità massima, sintesi di una visione beffarda e visionaria del gioco del calcio. Detestava le regole, detestava la società occidentale, il capitalismo, ma, anche, per venire al calcio, la dieta dell'atleta, le rinunce, i ritiri, gli allenatori. Al Corinthians convinse i compagni all'ammutinamento, proclamando una democracia, nella quale a decidere erano i giocatori: dal modulo, alla formazione, agli allenamenti. Senza capi. Eppure il capo c'era ed era proprio Socrates, un tribuno, che fumava, beveva, cercava la compagnia delle donne e giocava al calcio senza nessuna intenzione agonistica. Eppure vinceva. Con il Corinthians ci riuscì. Con il Brasile ci andò soltanto vicino. Nel 1982, è storia notissima, il Brasile di Santana, capitanato proprio da Socrates si fece eliminare dall'Italia per non accontentarsi del pareggio: il centrocampo di quella squadra mette soggezione al solo ricordo. Zico, Falcao, Cerezo, Eder e Socrates appunto. Tanto che Junior doveva adattarsi da terzino sinistro. Se non si fosse infortunato Careca alla vigilia, quella squadra difficilmente sarebbe stata battuta. Il centravanti Serginho ne fu, infatti, il solo punto debole. Socrates venne anche in Italia, alla Fiorentina, nella stagione 1984/85, quando da noi giocavano tutti i migliori, dai suoi connazionali a Maradona, da Platini a Rummenigge ad Elkjaer e via eccellendo. Non si trovò a suo agio: troppo tattico e disciplinato il nostro calcio. Sull'uomo il giudizio spetta a Dio, come calciatore è stato grandissimo. Come personaggio anche. Benedetto Croce per spiegare il successo della Gioconda s'inventò un aggettivo, "allotrio" per definire il valore più che artistico dell'opera. Ecco Socrates lascia un ricordo forte anche per il suo valore "allotrio", per la sua ambizione di leggere la società moderna secondo canoni non convenzionali. Per la sua andatura lenta, nella vita e sul campo. Per il fatto di essere laureato in medicina, lettore accanito eppure sempre e comunque calciatore. Per le sue battute pungenti in un mondo rassegnato alla finta diplomazia.