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lunedì 7 luglio 2014

In morte di Alfredo Di Stefano. La leggenda della "saeta rubia"

La leggenda della "saeta rubia", al secolo Alfredo Di Stefano, argentino naturalizzato spagnolo, ma di schiette origini italiane, non è finita. Con la scomparsa di uno dei maggiori campioni della storia del calcio, si presenta semmai l'occasione di ricordarne la straordinaria carriera. Dei successi, innumerevoli, tanti hanno già scritto e soprassiedo, troppo essendo noti. Quel che mi preme ricordare è che Di Stefano è stato il prototipo del calciatore universale, che sposava alla tecnica sopraffina, tuttavia lontana da guizzi e ghirigori, una complessione da quattrocentista, un fisico statuario, specialmente ai tempi suoi, che gli valse il soprannome di "saeta rubia", freccia bionda, ma anche di "el aleman", il tedesco, perché biondo, poi i capelli si diradarono, e forte come un germanico. E poi era resistente, tatticamente acutissimo, formidabile al momento di battere a rete. E vinceva i contrasti e serviva i compagni. Un centravanti a tutto campo. Un comandante in campo, cui tutti dovevano obbedienza calcistica. E chi, come Didì al Real Madrid, non si piegava, doveva cambiare aria. Prima di lui, per la verità, a livelli non meno eccelsi, si era espresso Valentino Mazzola, strapotente mezzala sinistra del Grande Torino, strappato alla vita anzitempo a Superga. Poi, con minor intensità, Bobby Charlton. Infine, Cruijff, meno possente di Di Stefano, ma tanto più veloce. Un solo neo nella carriera di Di Stefano, nessuna partecipazione ai mondiali. Né con la maglia dell'Argentina né con quella della Spagna. Sicché il suo nome resta indissolubilmente legato a quello del Real Madrid delle prime cinque consecutive Coppe dei Campioni. La leggenda della "saeta rubia" continua.

mercoledì 14 maggio 2014

Storia dei mondiali di calcio: 7^ puntata (1958, trionfa il Brasile di Pelé in Svezia)

Il peggior decennio della storia della nazionale italiana termina con l'esclusione del mondiale di Svezia del 1958. Ci inguaia una sconfitta contro l'Irlanda del Nord del leggendario portiere Harry Gregg. Qualificazione mancata, un'onta sportiva che dopo di allora non si  ripeterà più [fino ai mondiali di Russia 2018, aggiornamento]. Mancano i campioni in Italia e ci sono troppi oriundi, che entrano ed escono dalla rappresentativa azzurra: il risultato è una disfatta. In Svezia, il mondo scopre la stella di Pelé, classe 1940.  Un numero dieci di classe purissima, che dribbla, calcia con entrambi i piedi, salta altissimo, insomma si presenta come l'incarnazione del motto olimpico "altius, citius, fortius", applicato al gioco del calcio, che Pelé interpreta con una straordinaria naturalezza. Assieme a lui, il tecnico verdeoro, di schiette origini italiane, Vicente Italo Feola, schiera prima Altafini, poi Vavà da centravanti, Garrincha all'ala destra, Didì, superbo regista mancino, e Zagallo ala sinistra di raccordo, il più acuto tatticamente. Ci sono poi anche due terzini che attaccano come ali, Djalma Santos a destra e Nilton Santos a sinistra. Una squadra formidabile, cui soltanto il Brasile del 1970 si potrà accostare. E' una lunga cavalcata verso la finale, contrappuntata da episodi boccaceschi: gli sprovveduti brasiliani finiscono impaniati nelle reti delle disinvolte svedesi. Ne nasceranno incidenti e scandali. Compreso un processo di accertamento di paternità a carico dell'ingenuo Garrincha, l'asso dalla gamba più corta, che fa sempre la stessa finta, punta a sinistra e dribbla a destra. E nessuno sa fermarlo. In finale il Brasile affronta la Svezia, favorita dal fatto di ospitare la manifestazione, ma, comunque piena di campioni, che, per la più parte, giocano nel campionato italiano, dal grande Liedholm, colonna del Milan, allo scapricciato, geniale, Skoglund, asso dell'Inter. Il Brasile vince 5-2, con doppietta di Pelé (ecco la rete più bella), per tutti già il migliore giocatore del mondo. Per i brasiliani si tratta del primo mondiale vinto. La Francia del talentuoso Kopa e del capocannoniere Fontaine, tredici gol!, supera la Germania Ovest di Rahn nella finale per il terzo e il quarto posto. Uno dei giocatori che più impressionano durante la manifestazione iridata è la piccola ala destra argentina Omar Corbatta, che ha, quasi, la facilità di dribbling del rivale brasiliano Garrincha. (1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata, 7^ puntata, 8^ puntata)

martedì 16 ottobre 2012

Le dieci migliori mezze ali della storia

La mezz'ala è il ruolo più difficile del calcio. Un ruolo che ha spesso rischiato di estinguersi, costretto nelle forche caudine del 4-4-2, il modulo meno intelligente mai concepito. Ad ogni modo la mezzala, si scrive pure senza apostrofo, è stato il ruolo di strepitosi interpreti del gioco del calcio. Facitori di gioco e goleador, incursori e registi, qualche volta anche interdittori. Insomma una summa del gioco. Segue classifica. Cosa ne pensate?
*Aggiornamento del 21 marzo 2023.
1. Meazza
2. Denis Law
3. Didì
4. Kocsis
5. Gerson
6. Hector Scarone
7. Sandro Mazzola
8. Iniesta
9. Neeskens
10. Socrates
11. Kubala
12. Zsengeller
13. Gunter Netzer
14. Modric
15. Bernd Schuster
16. Giovanni Ferrari
17. Gren
18. Loik
19. Ballack
20. Scholes
21. Gerrard
22. Giresse
23. Lampard
24. Antognoni
25. Bryan Robson
26. Tardelli
27. Seedorf
28. Junior
29. De Bruyne
30. Overath
31. Cerezo
32. Prosinecki
33. Scifo
34. David Silva
35. Toni Kroos
36. Nicola Berti
37. Souness
38. Boban
39. Rakitic
40. Pogba
41. Willy Van de Kerkhof
42. Olaf Thoen
43. David Platt
44. Joao Pinto
45. Mario Basler 
46. Wijnaldum


lunedì 18 giugno 2012

Storia di Recoba: 13 (vince il campionato 2011/12 con il Nacional)

Eravamo rimasti alla vittoria del titolo di Apertura con il Nacional Montevideo, autografato con un suo gol meraviglioso a 15 minuti dal termine. Alvaro Recoba va in vacanza e si ripresenta, febbraio 2012, nel torneo di Clausura. Nel quale viene schierato sempre titolare e gioca da volante, come in sudamerica viene chiamato il regista schierato davanti la difesa. Il Nacional perde qualche colpo, ma, con l'incedere delle giornate recupera punti e posizioni. Nella sfida con il Penarol, derby sentitissimo, Recoba regala una magia su calcio di punizione, chi dice folha seca alla Didì, chi dice foglia morta alla Mario Corso. E' una punizione alla Recoba, in realtà. Il Nacional Montevideo si classifica secondo nel torneo di Clausura dietro il sorprendente Defensor Sporting. Sabato 16 giugno 2012, finale per l'aggiudicazione del campionato uruguaiano 2011/12. Al 41' del primo tempo decide una prodezza del Chino, beffardo tocco di sinistro, il sinistro per eccellenza, sull'uscita del portiere. Il Nacional vince il titolo numero 33, ma c'è chi dice il numero 44, Recoba è l'eroe della partita e della stagione. A 36 anni suonati. Un fuoriclasse impareggiabile. La storia di Recoba, c'è da scommetterci, non finisce qui (cfr. 1^ puntata, 2^puntata, 3^ puntata, 4^ puntata, 5^ puntata, 6^ puntata, 7^ puntata, 8^ puntata, 9^ puntata, 10^ puntata, 11^ puntata, 12^ puntata).