Il Nottingham Forest della seconda metà degli anni '70 rappresenta qualcosa di eccezionale, se non di unico, nella storia del calcio. Intanto, Nottingham. Nella cui contea, fiorì la leggenda del più popolare eroe inglese: Robin Hood. Uno che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Un antagonista, si direbbe oggi. Ecco il Nottingham Forest, in quegli anni, interpretò l'antagonismo con una naturalezza predestinata. Condotto da un uomo ruvido e scostante come Brian Clough, un autentico rivoluzionario, uno che voleva, oltremanica, possesso di palla e gioco largo, avvolgente. Uno che, in carriera, vinse due titoli nazionali, dove nessuno prima e nessuno poi. Con il Derby County e, appunto, con il Nottingham Forest. In Italia, qualcosa di paragonabile era stato fatto solo da Fulvio Bernardini: scudetto con Fiorentina e Bologna. Solo che quello con il Bologna era il settimo titolo dei felsinei. Ma, torniamo a Nottingham. Che vince la First Division nel 1978. Mentre cominciava ad imperversare il Liverpool del pass and move di Bob Paisley. Solo che Liverpool una sua storia calcistica ce l'aveva, Nottingham no. E il Nottingham Forest di Clough arrivò a vincere anche due Coppe dei Campioni consecutive, nel 1979 e nel 1980. Senza stelle, vuole la vulgata. E invece no. Una stella, in quel Nottingham Forest, c'era. John Robertson, scozzese, fisico da impiegato, e piedi da artista. Il Picasso del calcio, l'avrebbe definito proprio Brian Clough. John Robertson era un'ala sinistra. Destro, ma con un mancino educatissimo. Terrorizzava il terzino avversario, destinato a perdersi in mezzo ad un mare di finte, scarti, cambi di direzione annunciati eppure repentini, inesorabili. Fino al cross. Sentenzioso. Con la palla che finiva sempre sulla testa o sul piede di un compagno. La precisione. Avete presenti i cross che Candreva spedisce addosso all'avversario, come ha fatto anche Biraghi venerdì scorso contro la Polonia? Ecco, Robertson, anche con avversario addosso, con pochi centimetri guadagnati, il cross lo faceva. Ed era un assist vincente. Sempre, o quasi sempre. E, poi, c'erano i gol. Grazie al tiro secco e preciso. Faceva i tiri a giro quando non li faceva nessuno, a parte Corso dieci anni prima. Rigorista implacabile. Eseguì l'assist per il gol di Francis contro il Malmoe, finale di Coppa dei Campioni 1979. Segnò il gol vittoria contro l'Amburgo, finale di Coppa dei Campioni 1980. Due mondiali con la Scozia, a segno nel 1982. Eroe di un calcio di provincia, che s'issò sul tetto d'Europa. A dispetto di una corporatura grossolana. Di una velocità normale e forse meno che normale. Grazie a piedi d'artista. Al dominio visivo, e spesso visionario, degli spazi. Scorgendo sentieri, dove altri avrebbero notato solo ostacoli.
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mercoledì 12 settembre 2018
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