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martedì 16 gennaio 2024

La Roma esonera Mourinho!

L'ultima stagione a Madrid, correva l'anno 2013, privò Mourinho del tocco magico, della convinzione d'invulnerabilità, che molta parte aveva avuto nella costruzione del suo mito sportivo e nella lunga serie di vittorie che, da Setubal, l'avevano issato sul tetto del mondo calcistico. Tutto quello che è successo dopo è stato il tentativo, sostanzialmente fallito, di tornare quello che era. L'incantesimo, tuttavia, si era spezzato. Non pretendo di convincere qualcuno, la mia è solo un'ipotesi. L'eliminazione in semifinale, la terza consecutiva con il Real Madrid, a opera del Borussia Dortmund, dopo quella dolorosissima ai rigori contro il Bayern Monaco l'anno prima, segnò uno spartiacque nella carriera del tecnico portoghese. Le vittorie successive con Chelsea, Manchester United e Roma sono state pause in un percorso discendente, nel quale hanno giocato un ruolo scelte sbagliate, come quella di allenare il Tottenham, o come quella di restare a Roma dopo la finale persa in Europa League lo scorso anno. Gli hanno rimproverato di non aver aggiornato il suo calcio. No. Ha solo smesso di sentirsi infallibile. E gli altri, i calciatori per primi, hanno smesso di seguirlo con quella fiducia che la Grande Armata sentiva per Napoleone e che metteva in soggezione eserciti più numerosi e meglio equipaggiati. Non è più stato sé stesso, Mourinho, negli ultimi dieci anni. Forse, un giorno, potrà tornare ad esserlo. A patto di ritrovare quella forza, mentale e morale, che era il segreto del suo successo.


Detto questo, non credo che la Roma potrà giovarsi granché dell'esonero di Mourinho: la squadra è davvero modesta. Ora, non avrà più scusanti.

giovedì 22 ottobre 2020

Antonio Conte e lo schema unico: palla a Lukaku

  • La vicenda di Antonio Conte al secondo anno di Inter mi ricorda, mutatis mutandis, il Serenissimo generale Kutuzov, l'eroe russo che fermò l'avanzata orientale di Napoleone Bonaparte. Tolstoj, in Guerra e Pace, ce lo descrive come contrario alle grandi alchimie tattiche, avendo un solo faro: il morale delle truppe. Da quello, a suo dire, a dire di Kutuzov secondo Tolstoj, dipendeva l'esito di una battaglia. E alla fine di una guerra. E si poteva anche perdere sul campo una battaglia, con la certezza di vincere infine la guerra. L'importante era che l'esercito uscisse, anche da una sconfitta, con l'idea di aver vinto. O di poter vincere. Ecco, il morale delle truppe nerazzurre, come quello del suo generale, appare basso. E questo non fa ben sperare in vista degli esiti stagionali.
  • E gli schemi di Conte? Non ha le stesse idee di Kutuzov, vista l'aria sconsolata con la quale si presenta davanti alle telecamere e considerate le dichiarazioni zuppe di rassegnazione, che regala alla stampa. Non ritiene, viene da pensare, che il suo atteggiamento dimesso possa incidere le certezze, poche, di una squadra mal messa in campo e priva di una vera leadership di gioco. Allora, i suoi schemi? Ne ha uno solo, per la verità. E non è psicologico. Palla a Lukaku. Almeno Mancini, nella prima esperienza all'Inter, oltre a giocatori più forti, ne aveva due: palla a Ibra, palla a Maicon. Per il resto, poco o niente. E Lukaku, che ha tecnica dozzinale, tiene sì la palla addosso, ma poi la smista spesso con approssimazione. Palla a Lukaku, sovrapposizioni degli esterni, pressing alto. Poco, mi pare. Ora, se nel mezzo di tanta pochezza tattica, nell'assenza di soluzioni alternative, si fa strada anche la sfiducia, con la testa bassa e lo scoramento, è difficile che si possa fare molta strada. 

martedì 5 maggio 2020

Almanacco del 5 maggio: Napoleone, Cuper, Mourinho

Giorno curioso, questo 5 maggio. Giorno fatale? Lo sono tutti i giorni dell'anno. Accade alle volte, però, che un giorno assuma e mantenga un'eco diversa. L'ode manzoniana a Napoleone, che il 5 maggio 1821 chiuse gli occhi nel triste e sperduto esilio di Sant'Elena, ebbe risonanza pari all'evento medesimo da cui traeva ispirazione: la morte dell'imperatore o del terribile tiranno, a seconda degli opposti punti di vista, che aveva dominato la scena politica e militare, anzi, militare e politica dell'ultimo quarto di secolo. Qui parliamo, quasi sempre, di sport. E, si parva licet componere magnis, il 5 maggio del 2002 si consumò il maggior dramma della storia sportiva nerazzurra: l'Inter perse uno scudetto sul campo della Lazio, nell'ultima giornata di un campionato che aveva condotto dal principio. In un post recente, ho spiegato che fu soprattutto Cuper a determinare quella sconfitta. E il ricordo, oggi 5 maggio 2020, di Napoleone Bonaparte mi suggerisce un'altra idea, che potrebbe contribuire a spiegare cosa accadde quel giorno all'Olimpico. Napoleone diceva di volere generali più fortunati che bravi. Anche, forse, perché confidava nelle sue eccezionali capacità strategiche. Ecco, diciamo che Cuper, il 5 maggio 2002 non solo non fu bravo, ma nemmeno fortunato. Otto anni dopo, il 5 maggio del 2010, l'Inter di Mourinho, egli sì condottiero di stoffa napoleonica, vinse la finale di Coppa Italia contro la Roma, con un gol guascone di Milito: fu la prima tappa del triplete, completato da scudetto e Champions League nello spazio di pochi giorni.
Napoleone Bonaparte - Wikipedia
Napoleone Bonaparte

domenica 8 gennaio 2017

L'Inter batte l'Udinese con doppio Perisic

Napoleone diceva di preferire i generali fortunati a quelli bravi. Le lunghe campagne militari in tutta Europa gli avevano insegnato il peso, spesso decisivo, della buona sorte. Quella che Pioli, tecnico sopravvalutato e timido, come dimostra quella barbetta di qualche giorno, ha, ultimamente, in abbondanza. Se non come Sacchi, almeno come Zaccheroni, quello del Milan. Oggi, contro l'Udinese, l'Inter avrebbe potuto fare qualunque risultato, epperò ha vinto, con doppietta di Perisic. Alla fine conta questo. Ansaldi e D'Ambrosio, al posto di Santon, però, no!

martedì 21 agosto 2012

Cassano all'Inter, Pazzini al Milan. Chi ci guadagna?

Hanno formato per un paio di anni una coppia di attaccanti tra le più prolifiche della serie A, tanto che a Genova, sponda doriana, si sprecavano i paragoni con i gemelli del gol, che a mio parere restano superiori, Mancini e Vialli. Cassano e Pazzini, allora, oggi dovrebbe essere ufficiale, si danno il cambio, Cassano passa all'Inter, Pazzini passa al Milan. Ci guadagneranno tutti. L'Inter, che faceva giocare poco Pazzini, chiuso da Milito e da un gioco poco adatto alle sue caratteristiche: pochissimi cross. Il Milan, che in Cassano vedeva un problema, essendoci già altri fantasisti di vaglia in rosa. Pazzini, che al Milan segnerà i suoi gol: faccia alla porta, sa il fatto suo, è noto. Cassano, sempre bisognoso per indole di motivazioni nuove, che indosserà la maglia della squadra per la quale tifava da ragazzo, e che ha colpi da fuoriclasse. Nell'Inter di oggi, assieme a Sneijder, sarà il faro, il salvatore della patria. Un ruolo che gli si confà. Quello della stagione che comincia, sarà il miglior Cassano mai visto. Ci scommetto. Per il resto, però, ad oggi, la campagna di rafforzamento dell'Inter ricorda la ritirata di Napoleone dalla Russia. Fallimentare.
Una curiosità: Cassano, 30 anni, e Pazzini, 28, vantano entrambi 124 gol tra i professionisti.
Il parere di Bergomi: per una volta, esprimo il mio dissenso rispetto al parere reso da Beppe Bergomi sullo scambio Cassano - Pazzini. Per Bergomi ci guadagnerebbero i rossoneri, privi di un ariete d'area, laddove Cassano si pesterebbe i piedi con Coutinho, Palacio e Sneijder. No, proprio non sono d'accordo. Il Milan, sì, avrà da Pazzini la dote di un certo numero di gol. Ma, l'Inter un giocatore come Cassano non ce l'ha. Perché Sneijder è un centrocampista che segna poco, bravo soprattutto a legare il gioco d'attacco, Cassano è un attaccante, bravo negli assist, più discontinuo ma più geniale. E pieno di carisma. Coutinho non regge minimamente il confronto. Palacio è una seconda punta che parte dall'esterno. Insomma, Cassano di spazio ne avrà eccome. E sarà protagonista, voglio sbilanciarmi di nuovo, di una grandissima stagione.