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mercoledì 7 luglio 2021

TdF 2021: a Malaucène trionfa Van Aert

Undicesima tappa del Tour de France 2021, da Sorgues a Malaucène, per 198,9 km. Sarà scalato per due volte, il terribile Mont Ventoux, la cima cara al Petrarca. Una delle salite mitiche della Grande Boucle, che costituisce un romanzo nel romanzo del Tour. 

La cronaca.

Van Aert all'attacco durante la seconda ascesa al Mont Ventoux. Nel gruppo della maglia gialla, la squadra di Carapaz cerca di tenere il ritmo alto. Vingegaard, che ha personalità pari al talento, riesce ad evadere dal gruppetto dei migliori. Verrà però ripreso. Van Aert dopo aver scollinato da solo, tiene in discesa e vince: grandissima impresa la sua. Un giorno potrà vincere il Tour. Va forte dappertutto. Elissonde e Mollema sono secondo e terzo di giornata a 1'14". Quarto, manco a dirlo, Pogacar. Che pare non avere punti deboli. Corre come un veterano. 

 

mercoledì 11 novembre 2020

Tour de France 1987: 1. Roche 2. Delgado 3. Bernard

Edizione fiume, quella del 1987, del Tour de France, con partenza da Berlino Ovest: 25 tappe, di cui cinque a cronometro, quattro individuali ed una cronometro a squadre.

Tour de France 1987

Vinse l'irlandese Stephen Roche, che già aveva vinto il Giro d'Italia, strappando la maglia rosa, a Sappada, al compagno di squadra della Carrera, Roberto Visentini. Roche, dopo il Tour avrebbe conquistato anche il campionato del mondo: una sbornia di successi, riuscita solo prima ad Eddy Merckx, da convincerlo ad un anno sabbatico nel 1988. Tornando alla corsa, ci fu molta incertezza sino alla fine. Roche ottenne il suo unico successo parziale nella cronometro di Futuroscope del 10 luglio 1987. La maglia gialla finì sulle spalle del giovane Charly Mottet, che assieme a Jean-Francois Bernard divideva i pronostici francesi come possibile successore di Hinualt, ritiratosi l'anno prima. Dopo aver mancato il sesto Tour, battuto da LeMond. Proprio LeMond era il grande assente: un incidente in una battuta di caccia aveva messo in pericolo la sua stessa vita e gli avrebbe impedito di gareggiare sino al 1989. Per questa ragione, il pronostico era aperto a molti, oltre che a Roche. Tra questi: lo scalatore spagnolo Pedro Delgado, che aveva vinto la Vuelta a Espana 1985 ed era stato quarto, allora si correva tra aprile e maggio, alla Vuelta del 1987; Laurent Fignon, che dopo i due Tour vinti nel 1983 e nel 1984 aveva vissuto stagioni meno brillanti; lo scalatore colombiano Lucho Herrera, che aveva vinto la Vuelta quell'anno. Dopo Futuroscope, riprendiamo il racconto, la maglia gialla andò ad un altro francese, Martial Gayant, per due giorni, tornando sulle spalle di Mottet a Pau, dove vinse l'olandese Erik Breukink. Mottet tenne il simbolo del primato per cinque giorni, fino ad essere spodestato dal connazionale Bernard, che trionfò nella cronoscalata sul Mont Ventoux. Il giorno dopo, sull'Alpe d'Huez, vinse lo spagnolo Echave e fu Delgado a vestirsi di giallo. Fino alla cronometro del penultimo giorno, con arrivo a Digione. In quell'occasione, Roche vestì la prima maglia gialla, quella più importante, perché il giorno dopo ci sarebbe stata solo passerella a Parigi. Gli bastarono 40" per vincere. Distacco contenutissimo, solo 2" di più dei 38"che erano bastati a Jannsen per battere Van Springel al Tour del 1968. Fino al 1989, quando Fignon avrebbe ceduto il Tour a Lemond per soli 8". Gli italiani, appena 18 al via, rimasero all'asciutto di successi parziali e fuori dai primi dieci della generale. Questa la classifica finale del Tour de France 1987:

  1. Stephen Roche (IRL)
  2. Pedro Delgado (SPA) a 40"
  3. Jean-Francois Bernard (FRA) a 2'13"
  4. Charly Mottet (FRA) a 6'40"
  5. Luis Herrera (COL) a 9'32"
  6. Fabio Parra (COL) a 16'53"
  7. Laurent Fignon (FRA) a 18'24"
  8. Anselmo Fuerte (SPA) a 18'33"
  9. Raul Alcala (MES) a 21'49
  10. Marino Lejarreta (SPA) a 26'13"

mercoledì 6 maggio 2020

Tour de France 1965: l'impresa di Gimondi

Il 1965 fu un anno d'oro per il ciclismo italiano. Vittorio Adorni aveva conquistato il Giro d'Italia e intendeva correre il Tour de France con ambizioni di classifica, forte di una squadra solida, alla quale, in sostituzione di Babini, venne al'ultimo aggregato il giovane Felice Gimondi, classe 1942. Le speranze francesi erano appuntate su Poulidor, vista l'assenza di Anquetil, l'elegantissimo campione normanno che aveva portato a cinque il numero dei Tour conquistati. Allora primato assoluto, poi eguagliato da Merckx, Hinault e Indurain. Gimondi vinse la terza tappa da Roubaix a Rouen e vestì la maglia gialla, che perse a La Rochelle e riconquistò due giorni dopo sui Pirenei, dopo la frazione che giungeva a Bagneres-de-Bigorre. L'avrebbe tenuta sino a Parigi, ormai capitano unico dopo il ritiro di Adorni, annettendosi le due cronometro del 10 e del 14 luglio, festa nazionale francese e tappa  finale celebrativa da Versailles a Parigi. Vani furono gli assalti al suo primato portati da Poulidor in salita, specialmente nella durissima tappa del Mont Ventoux, la cima cara al Petrarca: Gimondi quel giorno rischiò di saltare per voler rispondere agli scatti di Jimenez, Motta e Poulidor. Non saltò, però, offrendo la prima delle molte prove di straordinaria tenacia che avrebbero distinto la sua carriera. Per Poulidor sarebbe stato il secondo di otto podi al Tour, senza mai, durissima beffa del destino, indossare una sola maglia gialla. Gimondi riportava un italiano in trionfo a Parigi, dopo i successi di Bottecchia (1923, 1924), Bartali (1938, 1948), Coppi (1949, 1952) e Nencini (1960). Per rivedere un italiano in cima alla classifica del Tour de France, sarebbero poi trascorsi 33 anni, con la vittoria di Pantani del 1998. Oltre al primo posto di Gimondi, ci fu il terzo di Gianni Motta, che sarebbe stato il suo grande rivale italiano per molti anni. Da pochi mesi era approdato al professionismo anche un giovane belga, Eddy Merckx, che avrebbe vinto tutto, dappertutto, più di tutti. Costringendo Gimondi a molte piazze d'onore. Ciò non di meno, Gimondi dopo quel Tour del 1965 che lo rivelò al mondo, avrebbe vinto tre Giri d'Italia, una Vuelta a Espana, una Sanremo, una Roubaix, due Lombardia, un mondiale e tanto, tantissimo altro. Nonostante Merckx.
File:Felice Gimondi en 1966.jpg - Wikimedia Commons
Felice Gimondi

giovedì 14 luglio 2016

Froome appiedato, Yates in giallo, anzi no! La giuria ci ripensa, Froome conserva la maglia gialla. Sul Mont Ventoux vittoria di De Gendt

Né Bardet né Pinot. Nell'anniversario della presa della Bastiglia, non c'è l'impresa di un francese sulle strade del Tour de France 2016. L'arrivo sul Mont Ventoux è conquistato dal fuggitivo belga De Gendt. Ma la notizia di giornata è Froome appiedato, colpa di una moto ferma, della folla e dell'organizzazione, che poi riceve una bici, la cambia e perde la maglia gialla in favore del connazionale Yates. Tour tecnicamente povero in salita quest'anno. E non per colpa del percorso ma dei corridori, a cominciare da Quintana, sempre in attesa di non si sa cosa.
*Aggiornamento delle 18:20: una pagliacciata senza precedenti al Tour. Froome resta in giallo. No. Non si fa così. Gli incidenti, quali che siano, attengono alla natura medesima delle corse in bicicletta. Froome aveva perso la maglia gialla, ingiustamente. Ma, restituirgliela d'ufficio, è anche più ingiusto, innaturale ed in contraddizione con tutta la storia del ciclismo. La credibilità del Tour de France 2016 è pari a zero.

mercoledì 13 luglio 2016

Mont Ventoux: Froome e gli altri favoriti. Salita finale accorciata di 6 km

Tappa solenne domani, 14 luglio e festa nazionale per i francesi, al Tour de France 2016, da Montpellier al Mont Ventoux, il monte calvo, spazzato dal terribile Mistral, cantato dal Petrarca, che ha consacrato le vittorie di Gaul e di Poulidor, di Merckx e di Thevenet fino al Froome del 2013, quello lunare come il paesaggio della vetta di Provenza con una frequenza di pedalata mai vista prima. La maglia gialla è favorita? Non lo so. Ma direi di no. Perché gli attacchi imprevisti degli ultimi giorni li ho interpretati come il sintomo di una condizione imperfetta. Quintana o Bardet potrebbero anche staccarlo. Tutto può succedere anche che si ritrovi Aru e persino che risorga Pinot, per quanto appaia difficile. Di certo, nell'aria rarefatta del Mont Ventoux non si potrà bluffare. Poi magari finirà che Froome scatterà, con la sua proverbiale cadence de pedalage ed ammazzerà la corsa. Peccato, in ogni caso, che la salita sia stata accorciata di 6 km, per decisione dell'organizzazione del Tour. 

martedì 16 luglio 2013

Tour de France 2013: diciassettesima tappa a cronometro da Embrun a Chorges, 32 km ondulati. Froome favorito

Froome è il favorito è anche della diciassettesima tappa del Tour de France 2013: 32 km ondulati, che metteranno in difficoltà gli specialisti puri delle gare contro il tempo. La maglia gialla ammirata sul Mont Ventoux, a meno di sorprese più che clamorose, dovrebbe aumentare il proprio vantaggio in classifica generale e potrebbe anche vincere la tappa. Per una volta, l'ultima cronometro del Tour non precede la passerella parigina e men che meno chiude la corsa. Dopo la cronometro da Embrun a Chorges, infatti, ci saranno ancora grandi montagne.

lunedì 15 luglio 2013

Froome stravince sul Mont Ventoux, ipoteca il Tour, ma crescono i sospetti di doping

Una prova di superiorità imbarazzante, per gli avversari ma, anche, bisogna ammetterlo, per se stesso, quella offerta dal britannico Froome sul Mont Ventoux, cima mitica di Francia, dove si è ormai deciso il Tour de France 2013: nel giorno della presa della Bastiglia, festa nazionale dei francesi. Sul paesaggio lunare, fatale tanti anni fa al povero Simpson, con un sole incombente e spietato, il miraggio di una vegetazione soltanto da immaginare, le sferzate del Mistral e gli echi dei versi del Petrarca, che del monte calvo s'innamorò ai tempi suoi, Froome ha sbaragliato la concorrenza. Due accelerazioni violentissime, la prima per stroncare le speranze di Contador, la seconda per riprendere e staccare il rampante Quintana, che ha dovuto rinunziare anche al successo di tappa. Le gambe mulinate a delle velocità impensabili, una frequenza di pedalata superiore ai cento colpi al minuto. Il volto smagrito e privo di espressione. Sembrava Armstrong, ma era Froome. Maglia gialla sempre più gialla. Una vittoria epica. Ma i sospetti di doping, prima sussurrati, ora si strillano per le strade di Francia e sui giornali di tutto il mondo. Si scomoda la medicina, si studiano le prestazioni. Eppure nessuno può, oggi, dire alcunché di sensato. E' doping? Fino a prova del contrario, no. Ma, piuttosto, impresa solenne, da raccontare fra 50 anni, come avrebbe saputo fare qualche suiver del secondo dopoguerra. Il sospetto, però, resta, infido, beffardo. Si nutre di tutte le cadute di corridori creduti campioni, che invece baravano. Ed allora, come in un post di qualche giorno fa, torno a chiedermi: è vera gloria quella di Froome?