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martedì 19 maggio 2020

I migliori discesisti del ciclismo

Sulle salite si sale, ma dalle salite si scende. Molte grandi vittorie, nella storia del ciclismo, sono state costruite in discesa, dove il talento alla guida del mezzo, la compostezza in sella, il coraggio spinto fino all'ardimento, la scelta delle traiettorie più convenienti, la capacità di trovare e ritrovare un equilibrio dentro la precarietà, tutto questo assieme ha regalato momenti agonistici indimenticabili. Propongo una classifica dei migliori discesisti della storia del ciclismo.

  1. Fiorenzo Magni (Italia)
  2. Luis Ocana (Spagna)
  3. Gastone Nencini (Italia)
  4. Ferdy Kubler (Svizzera)
  5. Paolo Savoldelli (Italia)
  6. Samuel Sanchez (Spagna)
  7. Laurent Fignon (Francia)
  8. Peter Sagan (Slovacchia)
  9. Francesco Moser (Italia)
  10. Urs Freuler (Svizzera)
  11. Julian Alaphilippe (Francia)
  12. Wout Wagtmans (Olanda)
  13. Henri Anglade (Francia)
  14. Fabian Cancellara (Svizzera)
  15. Vincenzo Nibali (Italia)
  16. Andrè Leducq (Francia)
  17. Dmitri Konyeshev (Russia)
  18. Miguel Indurain (Spagna)
  19. Italo Zilioli (Italia)
  20. Romain Bardet (Francia)

venerdì 8 maggio 2020

Tour de France 1960: 1. Nencini 2. Battistini 3. Adriaenssens. La terribile caduta di Rivière

Il Tour de France 1960 si corse tra il 26 di giugno e il 17 di luglio. In Italia, governava, in mezzo a mille tensioni, il Governo presieduto da Tambroni. Nei jukebox si suonavano i successi di Gino Paoli, La Gatta e Il cielo in una stanza, interpretato da Mina, ma anche Marina dell'italobelga Rocco Granata, Il nostro concerto di Umberto Bindi, Personalità di Caterina Valente. Da mesi, nelle sale cinematografiche della Penisola, si proietta la Dolce Vita di Federico Fellini, film destinato a diventare il manifesto di una delle epoche più spensierate, e frivole, della nostra storia.
File:Dolce vita.gif - Wikipedia
Marcello Mastroianni e Anita Ekberg, La dolce vita


Siamo nel pieno del boom economico. Il ciclismo italiano è ripartito, per la prima volta dopo un ventennio, non solo senza Bartali, ritiratosi sei anni prima, ma anche senza Coppi, scomparso nel mese di gennaio a causa di una malaria curata male. Le speranze azzurre si appuntano su Baldini, già declinante, e Nencini, vincitore del Giro d'Italia del 1957 e secondo proprio nel 1960, dietro al campionissimo francese Anquetil, che l'ha battuto per soli 28", grazie alla superiorità mostrata nelle prove contro il tempo.
File:Gastone Nencini 1960.jpg - Wikipedia
Gastone Nencini


Al Tour, Gastone Nencini, detto il Leone del Mugello, si presenta in forma e motivato e cerca un pronto riscatto alla delusione patita al Giro. L'assenza di Anquetil rende incerto il pronostico. Gastone Nencini s'impossessa della maglia gialla dopo la seconda tappa. La perde alla quarta e la riconquista a Pau, Pirenei Atlantici, traguardo della decima frazione, dove s'impone il francese Roger Rivière. Con il quale inizia un serrato testa a testa. Riviere è più forte in salita. E Nencini, magnifico discesista degno di Magni, fugge nella quattordicesima tappa, in discesa. Rivière, all'inseguimento, cade rovinosamente in dirupo, fratture multiple alla colonna vertebrale. Una tragedia e carriera tristemente interrotta a soli 24 anni: sarebbe rimasto paralizzato alle gambe. Nencini manterrà la maglia gialla fino a Parigi, pur senza ottenere vittorie di tappa. Il giorno del trionfo il suo pensiero correrà allo sfortunato rivale. Secondo, dietro di lui, un altro azzurro, Graziano Battistini, alla sua prova migliore in una corsa a tappe, e vincitore sui traguardi di Angers e Briancon, terzo il belga Adriaenssens. Da registrare anche il settimo posto di Pambianco e il decimo dello scalatore Massignan. Un trionfo italiano sulle strade della Grande Boucle.

Nencini e Rivière i grandi duellanti del Tour del 1960 saranno accomunati da una precoce dipartita. Rivière nel 1976, a 40 anni, Nencini, nel 1980, a 50 anni.

mercoledì 6 maggio 2020

Tour de France 1965: l'impresa di Gimondi

Il 1965 fu un anno d'oro per il ciclismo italiano. Vittorio Adorni aveva conquistato il Giro d'Italia e intendeva correre il Tour de France con ambizioni di classifica, forte di una squadra solida, alla quale, in sostituzione di Babini, venne al'ultimo aggregato il giovane Felice Gimondi, classe 1942. Le speranze francesi erano appuntate su Poulidor, vista l'assenza di Anquetil, l'elegantissimo campione normanno che aveva portato a cinque il numero dei Tour conquistati. Allora primato assoluto, poi eguagliato da Merckx, Hinault e Indurain. Gimondi vinse la terza tappa da Roubaix a Rouen e vestì la maglia gialla, che perse a La Rochelle e riconquistò due giorni dopo sui Pirenei, dopo la frazione che giungeva a Bagneres-de-Bigorre. L'avrebbe tenuta sino a Parigi, ormai capitano unico dopo il ritiro di Adorni, annettendosi le due cronometro del 10 e del 14 luglio, festa nazionale francese e tappa  finale celebrativa da Versailles a Parigi. Vani furono gli assalti al suo primato portati da Poulidor in salita, specialmente nella durissima tappa del Mont Ventoux, la cima cara al Petrarca: Gimondi quel giorno rischiò di saltare per voler rispondere agli scatti di Jimenez, Motta e Poulidor. Non saltò, però, offrendo la prima delle molte prove di straordinaria tenacia che avrebbero distinto la sua carriera. Per Poulidor sarebbe stato il secondo di otto podi al Tour, senza mai, durissima beffa del destino, indossare una sola maglia gialla. Gimondi riportava un italiano in trionfo a Parigi, dopo i successi di Bottecchia (1923, 1924), Bartali (1938, 1948), Coppi (1949, 1952) e Nencini (1960). Per rivedere un italiano in cima alla classifica del Tour de France, sarebbero poi trascorsi 33 anni, con la vittoria di Pantani del 1998. Oltre al primo posto di Gimondi, ci fu il terzo di Gianni Motta, che sarebbe stato il suo grande rivale italiano per molti anni. Da pochi mesi era approdato al professionismo anche un giovane belga, Eddy Merckx, che avrebbe vinto tutto, dappertutto, più di tutti. Costringendo Gimondi a molte piazze d'onore. Ciò non di meno, Gimondi dopo quel Tour del 1965 che lo rivelò al mondo, avrebbe vinto tre Giri d'Italia, una Vuelta a Espana, una Sanremo, una Roubaix, due Lombardia, un mondiale e tanto, tantissimo altro. Nonostante Merckx.
File:Felice Gimondi en 1966.jpg - Wikimedia Commons
Felice Gimondi

lunedì 28 luglio 2014

Nibali vince il Tour de France 2014

Dopo Bottecchia, nel 1924 e nel 1925, dopo Bartali, nel 1938 e nel 1948, dopo Coppi, nel 1949 e nel 1952, dopo Nencini, nel 1960, dopo Gimondi, nel 1965, dopo Pantani, nel 1998, un altro italiano trionfa al Tour de France, edizione 2014, il suo nome è Vincenzo Nibali: decima vittoria per un italiano al Tour. Già vincitore della Vuelta nel 2010 e del Giro d'Italia nel 2013. L'asso siciliano ha stracciato la concorrenza, lasciando Peraud, secondo, a più di sette minuti, e Thibaut Pinot, terzo, a più di otto minuti. Ha vinto quattro tappe e tenuto quasi sempre la maglia gialla. Un dominio assoluto quello di Nibali, che promette di durare ancora per diversi anni. Nelle grandi corse a tappe, i suoi rivali saranno Froome, Contador, che però ha un certa età per le due ruote, ed i francesi Pinot e Bardet, che si sono fatti apprezzare nel Tour appena finito. Nibali, inoltre, entra nel club esclusivo dei campioni capaci di vincere almeno una volta i tre grandi giri nazionali, Giro, Tour e Vuelta, in compagnia di Anquetil, Merckx, Gimondi, Hinault e Contador. 

mercoledì 23 luglio 2014

A chi somiglia Vincenzo Nibali? Grandissimo discesista come Magni, Koblet, Nencini, Moser, Savoldelli

Regolarista, senza dubbio. Alla Gimondi, del quale si appresta ad eguagliare il record relativo ad almeno un successo nei tre grandi giri nazionali, Tour de France, Giro d'Italia e Vuelta. Per quanto vada meno forte nelle prove contro il tempo. La sua peculiarità è da ricercarsi, senza dubbio, nella naturale capacità di guidare benissimo la bicicletta, quella che gli ha permesso nel Tour in corso di primeggiare anche sul pavè, a dispetto di una corporatura tutto sommato esile, quasi da scalatore puro. E, più ancora, nella capacità di affrontare al meglio le discese. In questo fondamentale del ciclismo, merita una citazione tra i grandi di sempre, da Magni a Koblet, da Nencini a Moser, fino a Savoldelli. Perché, sebbene se ne parli poco, i grandi giri si vincono o si perdono anche in discesa. Bugno, ad esempio, campione immenso dalla pedalata più bella che io ricordi, perse il Tour del 1991 nella discesa di Val Louron, lasciandosi scappare i più audaci Indurain e Chiappucci.