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venerdì 10 febbraio 2012

Classifica dei primi dieci goleador di ogni tempo: 1. Pelé 762, 2. Romario 746, 3. Gerd Muller 731 ...

Premetto che si tratta di una classifica approssimata, perché niente è più difficile di una statistica dei gol segnati nel calcio, in tutte le competizioni. Ho escluso, per scelta, i cannonieri come Fridenreich avvolti nella leggenda che circonda il calcio pionieristico degli anni '10 e degli anni '20 ed altri fuoriclasse del gol, di cui non ho potuto verificare i dati con la dovuta attendibilità. Sicché quella che segue è una classifica che parte dagli anni '40 del secolo scorso e che non tiene conto delle partite amichevoli delle squadre di club né delle partite amichevoli delle nazionali quando non ufficiali: per esempio, Guatemala - Italia del 1986, di preparazione ai mondiali del Messico. Altobelli segnò tre gol, che non gli sono stati mai riconosciuti, altrimenti le sue segnature azzurre sarebbero 28 e non 25. Non escludo errori, approssimazioni e dimenticanze, considerando benvenute le correzioni documentate. Tra parentesi, indico i gol con le nazionali.
1. Pelé                   762 gol (77)               6. Zico                              516 gol (52)
2. Romario            746 gol (55)               7. Di Stefano                   513 gol (29)
3. Gerd Muller     731 gol (69)               8. Roberto "Dinamite"   512 gol (26)
4. Puskas              700 gol (84)               9. Hugo Sanchez              479 gol (29)
5. Eusebio             626 gol (41)             10. Henrik Larsson           471 gol (37)

lunedì 30 gennaio 2012

Coutinho se ne va all'Espanyol di Barcellona: nessun rimpianto

Coutinho lascia l'Inter. Per sei mesi, di sicuro. Approda in Catalogna, al Barcellona sponda Espanyol. Non lascia un ricordo indimenticabile. Presentato come un sicuro fuoriclasse, è apparso da subito acerbo, fisicamente inadatto al campionato italiano, per limiti sia tattici che muscolari. Tolte le buone doti di palleggio ed una certa dose di fantasia, Coutinho non ha tiro dalla distanza, non ha un grande scatto, usa pochissimo il sinistro, perde tutti i contrasti, va giù alla prima spallata. E pensare che l'avevano paragonato a Zico, uno che ha segnato oltre cinquecento gol in una carriera leggendaria. Coutinho all'Inter, in un anno e mezzo, ha raccolto 29 presenze e due sole reti, alla media tristissima di 0,06 a partita, come un difensore qualunque. Dalla sua, c'è soltanto l'età, visto che deve compiere ancora 20 anni. Vedremo se in Spagna saprà maturare. Francamente, ne dubito.

martedì 6 dicembre 2011

Un saluto a Socrates, calciatore, artista, dottore in medicina, fondatore della "democracia corinthiana"

E' scomparso precocemente, come Best qualche anno fa, Socrates, una delle stelle più luccicanti del firmamento calcistico brasiliano. E, per inevitabile estensione, mondiale. Difficile classificarlo come giocatore, probabilmente mezzala, e non solo per il numero otto che indossava sulla maglia. Molto alto, superava il metro e novanta, magro, asciutto, tirato, sembrava lento, ma, palla al piede diventava estramente veloce, basti rivedere il gol che segnò all'Italia ai Mondiali del 1982. Possedeva un tiro di rara potenza e precisione, per via della notevole statura e di una felice scelta di tempo, segnava molti gol di testa. Socrates era tutto questo, senza dubbio, ma, soprattutto era un uomo squadra, un regista senza fissa dimora in campo, dacché svariava molto, accentrava il gioco, senza tuttavia mantenere il pallone un solo secondo di più, palleggiatore finissimo, ma amante dei tocchi di prima. E dei colpi di tacco, sua specialità massima, sintesi di una visione beffarda e visionaria del gioco del calcio. Detestava le regole, detestava la società occidentale, il capitalismo, ma, anche, per venire al calcio, la dieta dell'atleta, le rinunce, i ritiri, gli allenatori. Al Corinthians convinse i compagni all'ammutinamento, proclamando una democracia, nella quale a decidere erano i giocatori: dal modulo, alla formazione, agli allenamenti. Senza capi. Eppure il capo c'era ed era proprio Socrates, un tribuno, che fumava, beveva, cercava la compagnia delle donne e giocava al calcio senza nessuna intenzione agonistica. Eppure vinceva. Con il Corinthians ci riuscì. Con il Brasile ci andò soltanto vicino. Nel 1982, è storia notissima, il Brasile di Santana, capitanato proprio da Socrates si fece eliminare dall'Italia per non accontentarsi del pareggio: il centrocampo di quella squadra mette soggezione al solo ricordo. Zico, Falcao, Cerezo, Eder e Socrates appunto. Tanto che Junior doveva adattarsi da terzino sinistro. Se non si fosse infortunato Careca alla vigilia, quella squadra difficilmente sarebbe stata battuta. Il centravanti Serginho ne fu, infatti, il solo punto debole. Socrates venne anche in Italia, alla Fiorentina, nella stagione 1984/85, quando da noi giocavano tutti i migliori, dai suoi connazionali a Maradona, da Platini a Rummenigge ad Elkjaer e via eccellendo. Non si trovò a suo agio: troppo tattico e disciplinato il nostro calcio. Sull'uomo il giudizio spetta a Dio, come calciatore è stato grandissimo. Come personaggio anche. Benedetto Croce per spiegare il successo della Gioconda s'inventò un aggettivo, "allotrio" per definire il valore più che artistico dell'opera. Ecco Socrates lascia un ricordo forte anche per il suo valore "allotrio", per la sua ambizione di leggere la società moderna secondo canoni non convenzionali. Per la sua andatura lenta, nella vita e sul campo. Per il fatto di essere laureato in medicina, lettore accanito eppure sempre e comunque calciatore. Per le sue battute pungenti in un mondo rassegnato alla finta diplomazia.