Non sapevo che stesse male, sicché la notizia della sua morte mi ha lasciato spiazzato. Il più grande campione della velocità azzurra, Pietro Mennea da Barletta, è stato per oltre dieci anni il simbolo della nostra atletica leggera. Sebbene non avesse il fisico del predestinato, Mennea seppe affinare l'innata velocità con allenamenti mirati e straordinariamente intensi, sotto la tutela tecnica di Vittori. Nel centro della Scuola Nazionale di Atletica Leggera di Formia, Mennea seppe costruire, giorno dopo giorno, ripetuta dopo ripetuta, scatto dopo scatto, una carriera leggendaria. La cura maniacale nei dettagli ne fece un asso sia sui 100 m che, specialmente, sui 200 m, dove fu medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Monaco del 1972, facendosi conoscere in tutto il mondo. Cominciò allora una rivalità spettacolare con il sovietico Valerij Borzov, sapendo tener testa ai velocisti americani che avevano da Tokio '64 cominciato a dominare il settore. A Montreal '76, ci si aspettava l'exploit, che invece mancò: nessuna medaglia olimpica. Che sarebbe invece arrivata, e d'oro, sui 200 m alle Olimpiadi di Mosca 1980, quando Mennea, partito in una corsia poco favorevole da letteratura, l'ottava, seppe realizzare una strepitosa rimonta, in curva, il fondamentale in cui eccelleva, completandola sul rettilineo finale. L'apogeo di una carriera, raggiunto dopo aver già stabilito il fantastico primato del mondo sulla distanza alle Universiadi di Città del Messico l'anno prima, nel 1979: un record storico che fece strabuzzare gli occhi a tutti gli osservatori: 19"72. Un tempo capace di resistere agli assalti di grandissimi campioni, a cominciare da Carl Lewis, per oltre tre lustri. Fu battuto, dopo diciassette anni, da Michael Johnson alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Mennea divenne un mito, un simbolo, un'icona, l'esempio della classe sposata al lavoro incessante. Si ritirò due volte e due volte tornò in pista, troppo innamorato del tartan, degli allenamenti e delle competizioni, fino all'addio definitivo datato 1988 quando aveva ormai 36 anni. E' stato campione europeo sui 100 e sui 200. E' ancora primatista italiano in entrambe le specialità, 19"72, si ripete sui 200 m, 10"01 sui 100 piani. Sui 200, per la verità, è anche primatista europeo. Fu pure uno straordinario staffettista, tanto da guidare il quartetto azzurro alla medaglia d'argento dietro gli Usa ai primi Mondiali di Helsinki del 1983, assime a Tilli, Simionato e Pavoni. Che la terra gli sia lieve.
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giovedì 21 marzo 2013
In morte di Pietro Mennea, campionissimo della velocità
giovedì 9 agosto 2012
Olimpiadi di Londra: stasera finale dei 200 m. Favorito Bolt su Blake e Lemaitre
La finale regina della velocità sarà pure quella dei 100 m piani, ma i 200 possiedono un fascino, a mio modo di vedere, anche superiore. Perché non è più velocità pura, reattività, forza esplosiva. Insomma, siamo ancora in presenza di uno sforzo anaerobico, e tuttavia conta sempre di più la tecnica di corsa, soprattutto in curva e comincia a contare la gestione dello sforzo: una ventina di secondi, stasera meno, sono pochi ma non pochissimi. Pietro Mennea, a lungo primatista del mondo, allenato da un genio come Vittori, era maestro nel modo di affrontare la curva, uscendo senza scomporsi sul rettilineo finale. In quel tratto, nel quale ci vuole niente a perdere l'abbrivio e perfino ad invadere la corsia avversaria, una leggenda come Carl Lewis aveva il suo tallone d'Achille e, per questa ragione, fu soltanto argento a Seoul '88 dopo l'oro di Los Angeles '84. Ora, venendo alla finale di stasera, nessuno è forte quanto Bolt, nessuno corre bene, con perfetta distribuzione dello sforzo, come il francese Lemaitre. Fra di loro, c'è l'altro giamaicano Blake, assistito da una condizione di forma straordinaria. Il mio pronostico è: oro Bolt, argento Blake, bronzo Lemaitre. Lemaitre, però, che ha disertato i 100 per concentrarsi su questa gara, potrebbe compiere l'impresa che nessuno si aspetta.
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