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giovedì 5 ottobre 2023

Sinner, Panatta e Pietrangeli

Ci vorrebbe Gianni Clerici per affrescare un confronto tra Sinner, recente vincitore del torneo di Pechino, dopo aver sconfitto Alcaraz e Medvedev, e le due leggende del tennis azzurro che l'hanno preceduto: Adriano Panatta e Nicola Pietrangeli. Nel mezzo, 70 anni buoni non solo di tennis ma di storia italiana. E non soltanto italiana.


Sì, perché Pietrangeli, classe 1933, esordisce nel circuito maggiore nel 1952, con Luigi Einaudi Capo dello Stato, De Gasperi presidente del Consiglio, durante la corsa alla presidenza americana di Eisenhower. Le radio - la televisione è ancora in fase di gestazione da noi - trasmettono Vola Colomba o Papaveri e Paperi di Nilla Pizzi o Le foglie morte di Yves Montand. Nei cinema italiani proiettano Umberto D., l'ennesimo capolavoro di Vittorio De Sica, in quelli americani: Mezzogiorno di fuoco, Otello con Orson Welles, Cantando sotto la pioggia, Scaramouche. Gli italiani vanno soprattutto in bicicletta e amano giocoforza, più di ogni altro sport, il ciclismo. Il calcio segue, manco a dirlo, a ruota. Il tennis è sport aristocratico e alto borghese per eccellenza, appena più popolare dell'equitazione. 


Pietrangeli, che ha un talento cristallino ma non è sostenuto ad un'ambizione feroce, si affida a un magnifico rovescio, a fulminei colpi d'incontro e a un tocco raffinato, che lo sorregge nelle giocate di volo, che sa eseguire sebbene non sia un attaccante. Sulla terra rossa, in particolare, costruisce una carriera formidabile, conquista due volte il Roland Garros (1959 e 1960), tre volte il torneo di Montecarlo, gioca un numero spropositato di partite in Coppa Davis e sfiora il successo con la maglia azzurra, che poi otterrà da capitano non giocatore nel 1976. Nel frattempo vive bene, fa la dolce vita prima della Dolce Vita, il film di Fellini del 1960 che racconta una Roma gaudente e spensierata, che Pietrangeli che conosce benissimo, perché la anima. 


Domina per tre lustri, prima che Adriano Panatta, di diciassette anni più giovane, gli tolga il primato di miglior giocatore italiano. Ma succede per raggiunti limiti d'età. Il mondo, nel frattempo, con una rapidità mai sperimentata prima, è cambiato. C'è stato il Concilio Vaticano II, dagli organi si è passati alle chitarre, la rivoluzione beat, il rock, il '68. Gli anni '70 sono l'alba di un nuovo mondo. Panatta lo interpreta. Con i capelli lunghi, i pantaloni a zampa d'elefante e un tennis tutto d'attacco, servizio e volée e la veronica, un colpo tutto suo, eseguito di spalle, a sventare i pallonetti avversari. Anche Panatta domina sulla terra rossa, nell'epoca d'oro del tennis. Batte, l'unico a riuscirci, per due volte, Borg al Roland Garros. Che vince nel 1976, dopo aver trionfato a Roma e prima di alzare la Coppa Davis, capitanato da Pietrangeli, in Cile. Vince di meno Panatta, ma il tennis, anche grazie a lui in Italia, e grazie a Borg e Connors e Vilas e Gerulaitis in tutto il mondo, esce dai circoli elitari per farsi più popolare e raggiungere un numero di praticanti prima impensabili. Sono anche amici Panatta e Pietrangeli, litigano, ma sono anche amici. Entrambi affascinati dalla bella vita, entrambi sornioni e animati da un bonario cinismo tipicamente capitolino.


Sinner, con loro due, c'entra pochissimo. Altoatesino, come Thoeni nello sci degli anni '70, è timido, ritroso, restio alla ribalta. E vuole vincere moltissimo e moltissimo vincere. Ha meno talento, sia di Pietrangeli sia di Panatta. Ma, il doppio o il triplo della voglia di affermarsi. Ha colpi solidi, duramente allenati. Che si sforza costantemente di migliorare. Ha vinto meno di loro e, forse, a fine carriera avrà vinto più di loro. Appartiene a questo tempo, si allena in modo scientifico, sente poco il fascino della nazionale, vive con un'intensità professionale il suo sport. Allena la mente come uno scacchista, programma, analizza. Ha metodo. 


Chi preferisco dei tre? In che ordine li colloco? In quello storico, in quello del post. Pietrangeli, Panatta, Sinner. Per lo stile di gioco e, se uno è conservatore, è conservatore, per la simpatia verso l'epoca di ciascuno di loro. 

mercoledì 22 gennaio 2014

Federer travolge Murray agli Open d'Australia 2014. In semifinale sarà ancora Federer contro Nadal. Federer favorito

Dato per finito tante volte ed altrettante volte risorto. Federer è l'araba fenice del tennis. Travolge il britannico Andy Murray ai quarti di finale a Melbourne e guadagna così l'accesso alla semifinale n. 34 in un torneo dello Slam, migliorando un primato che già gli apparteneva. Successo perentorio, in quattro set, con pochissimi passaggi a vuoto. In semifinale gli toccherà di affrontare, per l'ennesima volta, Rafael Nadal, colui che Gianni Clerici definì sapidamente la sua nemesi tennistica. I precedenti dicono Nadal, ma il talento, la classe e la preferenza di chi scrive dicono Federer. Pertanto, Federer favorito.

giovedì 5 settembre 2013

Federer non è finito

Va bene, d'accordo, lo ammetto, Federer è in crisi. Dopo la disfatta di Wimbledon, è giunta l'eliminazione agli ottavi agli Us Open ad opera di quel terraiolo tanto volitivo quanto poco talentuoso di Robredo, scuola di arrotini di Spagna. Persino il sommo Gianni Clerici consiglia a Federer, dopo l'onta di tante impreviste sconfitte, di ritirarsi, ritenendo che l'asso elvetico sia ormai avviato a passi veloci verso il capolinea di una carrirea leggendaria. Per il poco che conta il mio parere, io penso che, no, Fededer non deve ritirarsi. E' questione di testa e di testa soltanto. A volerlo, potrebbe ancora battere chiunque, compreso quel culturista sotto mentite spoglie di Nadal. Federer tornerà a vincere un titolo dello Slam!