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venerdì 26 febbraio 2021

Storia dell'Inter: 7^. L'Inter di Foni, Skoglund, Lorenzi e Nyers

Nel 1950, dopo 15 anni, la Juventus tornò a vincere uno scudetto, l'ottavo. Nel 1951, dopo 44 anni di astinenza, il Milan del trio svedese Gren, Nordahl e Liedholm tornò a vincere uno scudetto, il quarto, il primo dopo la fondazione dell'Inter. Nel 1952, si ripetette la Juve di Boniperti e di Carlo Parola. Il presidente dell'Inter Masseroni era ansioso di tornare al vertice e decise di puntare sulla guida tecnica di Alfredo Foni, che, da calciatore, era stato campione olimpico a Berlino, nel 1936, e mondiale a Parigi, nel 1938. Classe 1911, era un quarantunenne che aveva allenato un solo anno in serie A, la stagione precedente, alla Sampdoria. Fu la svolta. Immediata. Confidando nello straripante talento offensivo della sua squadra: la rapidità e l'opportunismo in area di Lorenzi, la potenza e le qualità balistiche di Nyers, la classe mancina e scapigliata dello svedese sudamericano Skoglund, si preoccupò di migliorare la fase difensiva. 

Lennart Skoglund

Due le mosse, l'ala Armano che divenne tornante, il possente terzino Blason, che arretrò dietro i due marcatori, Giovannini e Giacomazzi, nel ruolo quasi inedito di libero, vale a dire libero da precisi compiti di marcatura, chiamato a intervenire in seconda battuta, a spazzare l'area, ma anche, in qualche modo, a dirigere il reparto difensivo. Se non nasceva, perché c'era stato il Verrou in Svizzera e il Vianema alla Salernitana, diventava vincente il cosiddetto catenaccio. Tra i pali, brillava la stella di Ghezzi, portiere coraggioso sino alla temerarietà, istrionico e spettacolare, autore di uscite spericolate che gli valgono il soprannome di Kamikaze. L'Inter vinse il sesto e settimo scudetto della sua storia nel 1953 e nel 1954. E se nel 1953 chiude con la miglior difesa, nel 1954 chiude con il miglior attacco (clamoroso il 6-0 inflitto alla Juve alla 27^ giornata). Nel frattempo, l'Italia, in fase di ricostruzione, archiviava la lunga esperienza di governo di De Gasperi, assisteva alle prime massicce migrazioni interne dal sud verso il triangolo industriale Torino-Milano-Genova e scopriva la meraviglia della televisione, che proprio all'inizio del 1954 iniziò le sue trasmissioni sul territorio nazionale. L'Inter di Foni fu, a suo modo, un simbolo di quell'Italia, che silenziosa e operosa, ma anche piena di genio e d'inventiva,  gettò le basi di quello che, di lì a poco, sarà chiamato il miracolo economico italiano. (cfr. 1^ puntata2^ puntata3^ puntata4^ puntata5^ puntata, 6^ puntata)

mercoledì 28 ottobre 2020

L'Inter e il suo gioco nella storia del calcio

Le squadre di calcio hanno un'anima? La questione sembrerebbe di lana caprina. E non si può applicare la teologia dell'Aquinate allo sport più popolare. Certo e ci mancherebbe altro. Però, ogni squadra, pensateci bene, è diversa dalle altre. Ha, se non una propria anima, un proprio modo di essere, di comunicare. E di stare sul campo. Pensate al River Plate e al Boca Juniors: stili di gioco diversi e riconoscibili che si perpetuano da più di un secolo. Pensate all'Ajax, al calcio totale, che si nutre di atletismo e tecnica diffusa, coralità e visione d'assieme: gioca così da 50 anni e ieri si è visto contro l'Atalanta in Champions. Anche nel calcio italiano è così. Le grandi tradizionali hanno il loro stile di gioco. Il Milan, almeno dai tempi degli svedesi Gren, Nordahl e Liedholm,  poi l'uruguagio Schiaffino, ha cercato di comandare il gioco, di attaccare prima di tutto. La Juve, al netto del suo peso politico sportivo sempre ingentissimo, ha tradizionalmente schierato squadre coriacee, muscolari, innervate ogni tanto da un giocatore di talento superiore: Sivori, Platini, Roberto Baggio, Zidane. Ma non c'è stata Juve più Juve di quella di Trapattoni degli anni '70: quella di Furino, Benetti, Tardelli. Così l'Inter di Conte. L'Inter, per venire al tema del post, è sempre stata squadra lunatica e di reazione. Grande difesa, contropiede, ma potete anche parlare di ripartenze fulminee, e genio diffuso in avanti. Dai tempi di Cevenini III, uno che con il pallone faceva cose mai viste prima. Ed erano gli anni '20. E poi Meazza, che, ci fossero più documentate immagini di repertorio, metterebbe a tacere le dispute sul più grande giocatore di sempre. Maradona, escluso, va da sé. Le Inter vincenti che si ricordino avevano tutte queste caratteristiche. Quella di Foni - scudetti nel 1953 e nel 1954 - con il libero, quando pochi lo usavano, e un attacco atomico: la rapidità di Lorenzi, la forza di Nyers, il genio ribelle dello svedese sudamericano Skoglund. Che avrebbe avuto emuli in Corso, Beccalossi, Recoba. Della Grande Inter tutti sanno tutto. Quante partite vinse per 1-0? Per una punizione di Corso? Per un contropiede di Jair o Mazzola? E la difesa, quella difesa leggendaria, non c'era modo di violarla. Anche l'Inter di Bersellini era così. Solidissima dietro, davanti si concedeva il lusso di Beccalossi, che tutti credono mancino, ma era destro in origine, che dribblava passeggiando, dietro le due punte Altobelli e Muraro. Anche l'Inter dei record era così. Più forte, ma giocava così. Contrattaccando. La cavalcata di Berti contro il Bayern Monaco è il manifesto di quella squadra. Così pure l'Inter di Simoni, che si chiudeva e ripartiva liberando Moriero e sua maestà Ronaldo. La stessa Inter del triplete, che pure aveva una rosa e possibilità con pochi eguali al suo tempo, era una squadra reattiva. Monolitica dietro e fantasiosa in avanti. Ora, cosa c'entra lo schema di Conte, il pressing alto, uno sterile possesso del pallone, tre difensori, due terzini e tre mediani, senza un fantasista e senza fantasia, con la storia calcistica nerazzurra? Si può vincere contro la propria storia? Accadde al Brasile del 1994. Ma fu un'eccezione. E l'eccezione è sempre l'ancella della regola.

giovedì 9 gennaio 2020

Sfida scudetto Inter-Juve. Sei volte ha vinto l'Inter

Duello al vertice tra Inter e Juve nella serie A 2019/20. Con molti precedenti, sebbene datati, nella storia del calcio italiano. Nel 1938, l'Inter, Ambrosiana-Inter come allora si chiamava, guidata dall'estro impareggiabile di Giuseppe Meazza, conquistò il suo quarto scudetto, battendo in volata la Juve. Lo stesso sarebbe accaduto nel 1953 e nel 1954, con l'Inter di Foni, nel 1963, con il primo titolo di Herrera, nel 1980, con Bersellini e poi nel 2009, quando l'Inter di Mourinho vinse con ampio margine. Vediamo come andrà a finire in questa stagione il derby d'Italia per lo scudetto.