Uno dei massimi ciclisti degli anni '60, quando ancora il ciclismo contendeva al calcio il titolo di sport nazionale, Vittorio Adorni, classe 1937, da poco scomparso. Alfiere di una nuova generazione di corridori italiani da Bitossi a Zilioli, da Dancelli a Balmamion, da Motta a Gimondi. I suoi successi più noti furono il Giro d'Italia del 1965 e il campionato del mondo di Imola, del 1968, conquistato con un fuga antica vicina ai 100 km. Al Giro fu anche due volte secondo e due volte quarto, quinto, settimo e decimo. E seppe piazzarsi tra i primi dieci della generale anche a Tour e Vuelta. Vinse anche un Giro della Svizzera, nel 1969. Fosse stato appena più veloce allo sprint, avrebbe vinto anche qualche classica monumento solo sfiorata. Alla Faema, corse con il giovane Merckx, scortandolo nel successo al Giro del 1968. Che lo stesso Adorni chiuse al secondo posto davanti a Felice Gimondi, che completò un grandissimo podio. Passista potente, capace di tenere in salita e di letture tattiche sempre acute, che poi propose anche da commentatore al fianco di Adriano De Zan sulla Rai. Non dimentico il racconto della meravigliosa cavalcata di Gianni Bugno al Giro d'Italia del 1990, in maglia rosa dall'inizio alla fine. Adorni disse fin dai primi giorni che l'impresa era possibile. Sapeva di ciclismo.