Ai tempi del calcio muscolare, che s'impose nei mediocri anni '90, Roberto Baggio fu costretto a lottare contro i pregiudizi che inseguivano tutti gli artisti della pelota che, come lui, giocavano più di tocco che di corsa, più di dribbling che di contrasto: insomma, ci siamo capiti. E dovette sopportare l'onta della panchina, nel Milan di Capello, ma, anche nell'Inter, dove ritrovò Lippi che l'aveva allontanato dalla Juventus. Tuttavia, era evidente come, sul finire delle partite, Baggio cresceva di tono, laddove gli altri calavano. Insomma, all'aumentare della stanchezza, riemergevano i valori della tecnica, che in Baggio avvicinavano l'eccellenza. Così Federer, che, per il secondo anno consecutivo, torna il migliore alla fine della stagione tennistica, quando la forza diminuisce, la resistenza pure, e conta più di tutto il colpo e la sensibilità del colpo. Ecco che allora Federer risale sul trono e Nadal, suo contrario agonistico, non potendo più correre e correre, come fa in primavera, assiste ammirato alla lezione del maestro svizzero, com'è accaduto ieri al Masters di Londra. Nei giochi con la palla, dal calcio al tennis, la tecnica conta sempre più del fisico. A lungo andare, beninteso. Non a caso Baggio ha giocato da protagonista fino a 37 anni, cosa che, mutatis mutandis, potrà fare anche Federer.
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