Tra i massimi campioni di calcio degli anni '60 ( e dei primi anni '70), ci fu il belga Paul Van Himst, dieci elegantissimo, che coniugava un fisico atletico con movenze felpate e tecnica sudamericana, che presto gli valsero il soprannome di Pelé bianco. Andate a rivedere le sgranate immagini di repertorio, osservatelo giocare contro l'Italia o la Germania Ovest con la maglia della sua nazionale (81 partite e 30 gol): Van Himst aveva un tocco superiore ed un uso magiaro dell'esterno destro, che raramente si sono osservati nella storia del calcio. Gol e assist e una regia di movimento lungo tutto il fronte offensivo. Servito spesso spalle alla porta, sapeva girarsi evitando l'intervento avversario grazie al primo controllo, che è il sale del gioco del calcio, eseguito con una naturalezza che non si allena. O c'è, naturalmente, o mai ci sarà. Van Himst fu icona e bandiera dell'Anderlecht di Sinibaldi, una sorta di Guardiola ante litteram, che fece incetta di titoli nel campionato belga, e della nazionale del Belgio. Giunse, quando aveva ancora 22 anni, quarto nella classifica del Pallone d'Oro del 1965, dietro Eusebio, Facchetti e Luisito Suarez e davanti a Bobby Charlton, cui pure somigliava per stile di gioco. E fu penalizzato, Van Himst, quanto ai ricoscimenti che avrebbe potuto conseguire e che mancò, dalla militanza in una squadra sì forte ma con poca caratura internazionale. Quella sarebbe arrivata più tardi. Recitò, proprio al fianco di Pelé, nel fortunatissimo film "Fuga per la vittoria".