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giovedì 2 febbraio 2012

Calcio: quanto conta un allenatore?

Conta molto un allenatore di una squadra di calcio. Nel bene e nel male. Perché, di là dalla tattica da sempre sopravvalutata, decide chi gioca e chi no, ma, sopratutto come un giocatore deve giocare, in quale ruolo, quanto tempo, con quale libertà. E, da quando ci sono le sostituzioni, disattendere un ordine della panchina può costare caro, già a partita in corso. Sandro Mazzola ama raccontare che una volta, ancora giovane, Herrera gli chiese di giocare centravanti, nel ruolo che l'avrebbe consacrato asso della Grande Inter e simbolo del calcio italiano, ma, Mazzola era stato nelle giovanili centrocampista e tale si sentiva. Così giocò, e bene, a centrocampo. Primissimi anni '60, le sostituzioni non erano ancora possibili, Mazzola giocò tutta la partita. Herrera si congratulò per la prova, ricordandogli, però, che da quel momento in poi avrebbe dovuto agire da punta. Oggi, non sarebbe possibile. Ci sono allenatori che sostituiscono anche un subentrato: Capello l'ha fatto più di una volta. Il potere di un tecnico, oggi, è notevolissimo. Certo, c'è tecnico e tecnico. Trapattoni trasformò Matteoli da trequartista incostante a grande regista difensivo nell'Inter dei record, come Berti da ala destra, doppione di Bianchi, in formidabile interno assaltatore. Zeman fece di Totti un grandissimo atleta, spianandogli una carriera leggendaria. Mazzone tolse Pirlo, lento sul passo, da dietro le punte, e ne fece un sontuoso architetto del gioco. Tutto questo nel bene. Altre volte, l'allenatore sbaglia e chiede, pensate a Roberto Baggio con Ulivieri, di coprire come un mediano, salvo ravvedersi alla fine, oppure, pensate sempre a Roberto Baggio con Lippi, tiene l'asso in panchina per fare spazio a Nello Russo. Insomma, l'allenatore conta eccome. A condizione che metta ogni giocatore nella condizione di rendere al meglio. Ci riuscirà Ranieri con Sneijder?

2 commenti:

  1. Non ci sono dubbi. L’incidenza di un allenatore su un rendimento di una squadra
    è notevole.
    E non solo, nello scegliere un modulo, la difesa a tre piuttosto che quella a quattro, il trequartista o i centrocampisti in linea, il pressing o il possesso palla.
    Ci sono qualità ancora più imprescindibili.
    In primis, la gestione dello spogliatoio, prerogativa solo de i grandi.
    Solo se i giocatori riconoscono davvero la leadership del tecnico, si può costruire un team vincente..
    E’ il caso di Mourinho, a giudizio di chi scrive miglior tecnico del mondo.
    Un uomo capace di infondere alle sue squadre una carica agonistica devastante e di sfruttare ogni singola energia nervosa dei suoi atleti.
    Ibra, che pure di grandi tecnici ne ha avuti, disse di Mou:”Per lui sarei stato disposto anche ad uccidere” . Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
    Poi il coraggio di prendersi responsabilità con scelte difficili.
    Mi ricordo Nevio Scala che si reinventò l’attaccante Di Chiara terzino sinistro nel suo meraviglioso Parma. O Dino Zoff che disse a Di Matteo , preso dalla Lazio come difensore, di fare il centro mediano metodista.
    O Capello che impose Marcel Desailly, stopper del Marsiglia mediano di rottura.
    La capacità di non soffrire le prime donne
    I grandi allenatori non ne soffrono la presenza ma anzi sanno creare il contesto per valorizzarli al meglio.
    Grazie a Dio, non tutti sono come Ulivieri con Baggio.
    E’ tutta una questione di carattere. Senza, non si va lontano…

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