Le parole hanno un significato preciso, un peso, un senso e persino un sentimento. Sicché non andrebbero usate a casaccio. E vengo al punto: smettiamola di chiamare Saverio Zanetti capitano, soprattutto con quel tono scolasticamente retorico che viene adoperato in certe telecronache insopportabili. Zanetti all'Inter porta la fascia, ma non mette la faccia. Sì, sì, proprio così, Zanetti non incita i compagni, non li sprona, cammina per il campo, contro il Marsiglia è durato 15 minuti, pochi o sbaglio? Ma, quel che è più grave, non parla con l'arbitro, non protesta, non difende le ragioni della propria squadra. Mentre i francesi si gettavano a terra in preda ad inverosimili convulsioni, e fingevano e fingevano e fingevano, perdevano tempo e ci prendevano per il sapete cosa, ecco, proprio allora, Zanetti dov'era? Non si scomponeva, come da anni non si scompongono i suoi capelli. Il capitano è il più carismatico del gruppo. Zanetti del carisma non ha nozione, idea e cognizione. Proprio non gli appartiene. Altro che capitano. Picchi era un capitano, rispettato, persino temuto, da compagni ed avversari. Zanetti invece mi ricorda Alberto Sordi nel film "Mamma mia che impressione". E gli faccio un complimento. Anche perché Sordi faceva ridere, Zanetti, come Ranieri, fa cascare le braccia.