Vola in cielo un altro eroe della Grande Inter, Giuliano Sarti, classe 1933. Un portiere schivo, pragmatico, essenziale, che fondava il suo gioco sul posizionamento e sul colpo d'occhio. Riluttante ai tuffi spettacolari od alle uscite spericolate, si mise in luce con la Fiorentina, vincendo lo scudetto del 1956, quindi approdò all'Inter di Angelo Moratti e di Helenio Herrera, che stava diventando grande, nel 1963, per vivere l'epopea degli scudetti ('65 e '66), delle Coppe dei Campioni e delle Coppe Intercontinentali. Un suo intervento sfortunato, contro il Mantova, anno di grazia 1967, mise , apparentemente, fine a quella saga leggendaria. E dico apparentemente, perché quell'Inter non è finita e non finirà, sempre viva nel ricordo di chi la vide trionfare in tutto il mondo, e nell'immaginazione di chi ne ha letto o sentito raccontare. Sarti difese anche, otto volte, la porta della nazionale. Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez e Corso. Non solo una formazione. Non solo una filastrocca. No, ma una lunga, lunghissima melodia belliniana.