Elenco blog personale

Visualizzazione post con etichetta Puskas. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Puskas. Mostra tutti i post

mercoledì 13 dicembre 2023

Storia del calcio: più forti ieri o più forti oggi?

C'è un dogma nel racconto contemporaneo del calcio. Un dogma che pare impossibile discutere e che, tuttavia, costituisce una vistosa forzatura della storia. Oggi, i calciatori sono migliori di ieri, corrono di più, giocano più velocemente, sono più forti fisicamente. Il calcio di oggi è migliore e più difficile di quello di ieri. Il dogma è questo. Proviamo a smontarlo.

  1. Prendiamo un calciatore del passato, Meazza, per esempio. O Valentino Mazzola. O Alfredo Di Stefano. O Puskas. Stelle che hanno brillato tra gli anni '30 e gli anni '50, primi anni '60 al massimo. Prendiamo questi calciatori e proviamo trasportarli di peso nell'epoca attuale. Davvero pensate che Meazza non riuscirebbe a dribblare avversari su avversari e a segnare valanghe di reti come faceva a suo tempo? Io credo che ne segnerebbe di più, grazie alla sua tecnica, al suo estro appreso per strada con un pallone di stracci. Tanto più che oggi la regola del fuorigioco è meno severa per gli attaccanti e i portieri non possono ricevere il pallone tra le braccia su retropassaggio e le scorrettezze sull'ultimo uomo con chiara occasione da rete valgono un'espulsione, come può implicarla il gioco violento, di cui Meazza era sempre vittima. Puskas, che tirava bolidi mancini con un pallone di cuoio, quali sfracelli farebbe con i palloni attuali? Si obietterebbe: ma Meazza e Puskas o Di Stefano non erano altrettanto preparati atleticamente. Premesso che Di Stefano era  anche un corridore infaticabile, come Valentino Mazzola, si metterebbero al passo nello spazio di un ritiro. Anche la storia della statura è una mezza leggenda. Meazza, che fu anche mezzala oltre che centravanti, era alto 1,69 m e segnava meravigliosi gol di testa grazie a stacco, scelta di tempo e precisione. Aguero, nato 78 anni dopo di lui, alto 1,72 m, era ugualmente efficace di testa, pur contro difensori vicini al metro e novanta. Statura o non statura.
  2. Prendiamo calciatori dell'epoca nostra, degli ultimi 20 anni. Pippo Inzaghi, ad esempio. Grande goleador. Ecco, Inzaghi, con le regole del fuorigioco dell'epoca di Meazza e degli altri succitati, quanti gol avrebbe segnato in meno? Lui che ha passato una carriera in linea con l'ultimo difensore, portiere escluso? Ai tempi, sarebbe stato sistematicamente in fuorigioco. E con il poco dribbling che aveva raramente avrebbe trovato il tiro. Messi, il celebratissimo Messi, se picchiato come Maradona, quante partite avrebbe terminato?
  3. Anche la vicenda dei gol, del loro numero, andrebbe studiata meglio. Un tempo, fino a una trentina d'anni fa, ogni tiro deviato era un autogol. Con quella regola, le statistiche realizzative di celebrati goleador contemporanei verrebbero drasticamente ridimensionate.
  4. Quanti calciatori contemporanei sarebbero in grado di rigiocare una partita di un mondiale il giorno dopo, come fece Meazza contro la Spagna nel 1934? Quanti calciatori di oggi saprebbero restare in campo da infortunati come accadeva fino al 1968, quando sostituzioni non erano possibili?
Avrei potuto e potrei continuare con tanti altri esempi, ma mi fermo, perché il concetto è chiaro. I confronti tra epoche diverse non sono impossibili, ma complessi. E andrebbero proposti in modo analitico, tenendo conto di tutti i fattori possibili, con le dovute tare. Altrimenti è chicchiericcio da bar. Ogni epoca ha avuto le sue difficoltà e i suoi campioni. Sostenere che oggi sia tutto più difficile di ieri e che i calciatori di oggi siano più forti di quelli di ieri è semplicemente una sciocchezza. Come lo sarebbe sostenere il contrario. Si dovrebbe, con tutte le difficoltà, giudicare sempre da caso a caso.

giovedì 29 dicembre 2022

Tributo a Pelé

A lungo considerato il miglior giocatore di sempre, prima che a contendergli il titolo, sino a strapparglielo, arrivasse Maradona, Edson Arantes do Nascimento in arte Pelé è trascorso oggi a miglior vita. Classe 1940, stupì il mondo ai mondiali di Svezia 1958: 6 gol, giocate di pura bellezza, un formidabile atleta dalla tecnica raffinatissima. Istinto ed estro combinati ad un'intelligenza calcistica spontanea evidentissima. Di mondiali, con il Brasile, ne sarebbero arrivati altri due: 1962, giocando poco per un infortunio, e 1970, quando completò la sua apoteosi al centro della squadra più forte che si sia vista. Calciatore iconico, davvero globale, il  primo di quella caratura immortalato e celebrato dalla televisione, destino negato prima a Meazza e Valentino Mazzola, e, in parte, anche a Puskas e Di Stefano. Pelé, stella del Santos e del Brasile, numero dieci per eccellenza, era un  predestinato,  dominante in tutti i fondamentali del gioco, dal dribbling al tiro, dal lancio al colpo di testa. L'eleganza naturale e la perfezione dei gesti. Il calcio non si può - né si potrà - raccontare e spiegare, senza raccontare e spiegare di Pelé. Un'apparizione, vecchia di 60 e più anni, che non smette di stupire. 

Pelé nel 1962


lunedì 16 novembre 2020

Il calcio degli anni '50: da Di Stefano a Kubala, da Puskas e Pelé

Il calcio riprese, in Europa, molto lentamente dopo la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. Dalla fine degli anni '40 e nei primi anni '50 ci fu una perentoria affermazione del football nordico, svedese e danese, che non ha eguali nella storia. Forse perché la Svezia era rimasta fuori dal conflitto e la Danimarca ne era uscita prestissimo. La Svezia di Nordahl, Gren e Liedholm vinse l'oro alle Olimpiadi di Londra del 1948 e, senza di loro, perché ormai professionisti con il Milan - gli svedesi avevano una concezione solo dilettantistica del calcio - giunse terza ai mondiali del 1950 in Brasile.

Il Mondiale brasiliano fu complicato. Il secondo in Sudamerica, dopo quello uruguaiano del 1930. E lo stesso vincitore. L'Uruguay del divino dieci Schiaffino, tecnico ma tenace, artista del dribbling ma essenziale, il primo, pare, ad usare con sistematicità il tackle in scivolata, con gli arbitri che gli fischiavano sempre fallo.

Juan Alberto Schiaffino


Lui e Ghiggia firmarono il 2-1 nella finale, che era solo l'ultima partita di un girone conclusivo, che gettò nella disperazione milioni di brasiliani. Il calcio era già la loro religione laica, come lo è il ciclismo per il Belgio. L'Italia, orfana dei campionissimi del Toro scomparsi a Superga, vi ottenne una dolente eliminazione al primo turno. Come i superbi maestri inglesi: disertati i precedenti mondiali per ritenuta superiorità, vennero buttati fuori dagli ex coloni degli Stati Uniti, che stavano al calcio, come gli inglesi al buon cibo. Il magnifico centravanti brasiliano Ademir, nove gol e capocannoniere, dovette contentarsi del secondo posto. E, con lui, Zizinho. Uno del calibro di Pelé o, almeno di Zico, penalizzato dall'assenza di vere riprese televisive. Lo stesso destino di Meazza e Sindelar, di Leonidas e dello stesso Valentino Mazzola.

Zizinho


In Italia, dominavano Inter, Juve e, grazie agli svedesi più, dopo, lo stesso Schiaffino, il Milan. Che vinse nel 1951 uno scudetto dopo 44 anni! L'Inter aveva un formidabile trio d'attacco: il brevilineo e scattista Lorenzi, il fantasioso mancino svedese Skoglund e l'apolide Nyers, dalla progressione implacabile e dal tiro micidiale. Con Foni, due scudetti consecutivi nel '53 e nel '54. Squadra raccolta, difesa e contropiede. E Blason libero, ruolo e definizione che avrebbero avuto larghissima fortuna nel decennio successivo. Nella seconda metà degli anni '50, divenne una potenza calcistica anche la Fiorentina del portiere Sarti, dell'ala brasiliana Julinho, dell'attaccante argentino Montuori. Nel 1956 fu scudetto e, l'anno dopo, finale di Coppa dei Campioni, contro il Real Madrid di Santiago Bernabeu, illuminato dal massimo Alfredo Di Stefano.

Di Stefano, classe 1926, era il successore calcistico di Valentino Mazzola. Più alto e più attaccante, ma come il capitano del Grande Torino, uomo ovunque, che contrastava, dirigeva il gioco e lo concludeva. Un asso carismatico, che aveva difeso i colori della nazionale argentina, poi di quella colombiana e che avrebbe giocato anche con la Spagna. 
Alfredo Di Stefano

Nel 1958, l'avrebbe raggiunto un altro fenomeno calcistico, l'ungherese Ferenc Puskas, totem della Grande Ungheria che perse d'un soffio i mondiali del 1954. L'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 aveva spinto molti grandi giocatori della miglior squadra magiara, la Honved, che si trovavano in trasferta, a non rientrare in patria. Tra questi Puskas, che, prima del Real, avrebbe scontato due anni d'inattività forzata, preso oltre dieci chili e giocato altri otto anni, limitando il suo raggio d'azione, pronto ad innescare il suo tremendo sinistro. Le ultime due, delle cinque Coppe dei Campioni consecutive del Real Madrid, avrebbero portato anche la sua firma.
Ferenc Puskas

Si diceva del mondiale del 1954, che si disputò in Svizzera. L'Ungheria vi arrivava da grande favorita. Dopo aver stravinto - nei paesi dell'Est erano tutti dilettanti - le Olimpiadi di Helsinki del 1952. Nel novembre del 1953, Puskas, mezzala sinistra, Kocsis, mezzala destra, e Hidegkuti, centravanti arretrato di altissima sapienza calcistica, avevano inflitto un perentorio 6-3 agli inglesi a Wembley. Poco dopo avevano tramortito gli avversari increduli con un 7-1 casalingo. In Svizzera, però, complice anche un infortunio di Puskas, che giocò menomato la finale, pur segnando il gol del vantaggio, s'impose la Germania Ovest, 2-1. E fu il centravanti tedesco Fritz Walter a sollevare la Coppa. I magiari, che erano stati grandissimi già negli anni '30, con Sarosi tra i pochi a contendere a Meazza il titolo di miglior giocatore del mondo, giocavano un calcio mai visto. Palla soprattutto a terra, terzini che attaccavano, e tiravano tutti da fuori. Il tiro all'ungherese, d'esterno piede, divenne proverbiale. I brasiliani, che a quel mondiale fallirono, decisero d'ingaggiare tecnici magiari per insegnare ai propri giocolieri il tiro dalla lunga e media distanza: non si poteva, capirono, entrare sempre in porta con la palla. Fu una delle premesse del successo verdeoro ai mondiali di Svezia del 1958.

Quei mondiali, quelli di Svezia 1958, l'Italia non li giocò proprio, come poi le sarebbe successo con gli ultimi di Russia 2018. Vinse il Brasile allenato da Vicente Italo Feola - il nome ne dice le origini - che schierava un attacco atomico - l'atomica era l'ossessione di quegli anni - con Garrincha, Didì, Vavà, Pelé e Zagallo. E se quest'ultimo tornava, ogni tanto, gli altri molto meno. E i terzini Djalma Santos e Nilton Santos attaccavano come ali aggiunte. Un trionfo, che rivelò al mondo l'estro impareggiabile di un Pelé non ancora diciottenne. Fu battuta la Svezia padrona di casa in finale, con gli stagionati, ma fortissimi, Liedholm e Skoglund ancora in campo. Capocannoniere, 13 gol!, Fontaine, attaccante francese d'origini non francesi, come la mezzala Kopa. E come, dopo, Platini, Zidane, Henry, Mbappé.

Il caso volle che Di Stefano non giocasse nemmeno un mondiale. Come lui Kubala, straordinario centrocampista del Barcellona, ungherese che debuttò con la nazionale cecoslovacca, migrò in quella ungherese e concluse in quella spagnola. Aveva un fisico, Kubala, che sarebbe ancora oggi dominante e un controllo di palla che si rivide in Zidane e Riquelme.
Laszlo Kubala

Lui, il detto Di Stefano e Valentino Mazzola sono stati i più forti campioni a non aver, non per loro colpa, disputato un solo mondiale in carriera.

lunedì 22 giugno 2020

Il ciclone Haaland: 44 gol in 39 partite. Goleador tremendo!

Segna come Puskas nella Honved o Gerd Muller nel Bayern Monaco, tanto per capirci, Haaland. Classe 2000 - compirà 20 anni il prossimo 21 luglio - il centravanti norvegese Erling Haaland, nella stagione 2019/20, tra Salisburgo e Borussia Dortmund, ha messo a segno 44 gol in 39 partite! E dieci reti sono arrivate in Champions League. Numeri sbalorditivi i suoi. Definirlo predestinato è un obbligo.
File:FC RB Salzburg versus SV Mattersburg (4. Juli 2019) 29.jpg ...
Erling Haaland

mercoledì 30 ottobre 2019

I 59 anni di Diego Armando Maradona: il re del calcio

Gianni Brera, che aveva una predilezione per i grandi atleti prestati al calcio, rimase talmente ammirato da Diego Armando Maradona, che pure era basso, tarchiato e tracagnotto e perciò lontanissimo dal suo modello di calciatore, da inventare, per lui, l'ossimorico appellativo di divino scorfano. Sì, perché il calcio giocato, anzi dipinto da Maradona, era sul serio metafisico. Altri grandi, alcuni grandissimi, calciatori vi erano stati prima di lui e sarebbero venuti dopo, ma nessuno ha saputo elevare il calcio ai livelli attinti da Maradona. Mai visto un pallone così obbediente come quello calciato da Maradona. La punizione a due in aera contro la Juve di Tacconi è, forse, il manifesto più rappresentativo del sovrano artista argentino: la barriera a due passi, nessuna rincorsa, una carezza al pallone, che si solleva oltre gli avversari, sebbene non ci sia lo spazio. Una traiettoria inspiegabile, che va oltre Newton e le sue leggi. Sembra il paradosso del calabrone, che per la sua morfologia non potrebbe volare, ma non lo sa e allora vola lo stesso. Così quel pallone che Maradona, solo lui avrebbe potuto, spedisce nel set. Meazza era stato formidabile, le grand peintre du football, lo ribattezzarono i francesi, Di Stefano il primo calciatore totale, anzi il secondo, dopo Valentino Mazzola, Pelé un elegantissimo fuoriclasse dal repertorio completo, Cruijff un prodigio di velocità applicata alla tecnica. Ronaldo da Lima era andato oltre Cruijff e le gesta di Cristiano Ronaldo e Messi sono ancora sotto gli occhi di tutti. Eppure Maradona è stato di più. Nessuno, infatti, come lui ha saputo trasformare squadre tutto sommato modeste in compagini capaci di vittorie epocali. L'Argentina campione del mondo del 1986, il Napoli del primo storico scudetto. Il genio calcistico maradoniano moltiplicava, metafisicamente, le energie e le capacità dei compagni di squadra. E rendeva possibile l'impossibile. Per questa ragione è stato il più forte di tutti.

mercoledì 20 giugno 2018

Quarto gol mondiale per Cristiano Ronaldo: Portogallo-Marocco 1-0

Gol di testa, dopo essersi liberato dalla marcatura avversaria e Cristiano Ronaldo sigla il vantaggio del Portogallo contro il Marocco. Quarto gol a Russia 2018, il settimo ai mondiali, il numero 85 in nazionale. Puskas, con l'Ungheria, si era fermato a 84. Tornando alla partita, dopo il precoce vantaggio lusitano al 4' del primo tempo, è il Marocco che fa la partita. Anche e soprattutto nella ripresa. Corsa, tecnica, pressing continuo. Fa tutto bene il Marocco, ma non trova il gol. Perché privo di un grande attaccante. E perché Rui Patricio è un ottimo portiere. Prestazione imbarazzante, tra i portoghesi, di Joao Mario.

sabato 16 dicembre 2017

Cristiano Ronaldo 629 gol in carriera: decide anche il mondiale per club contro il Gremio. È il quinto goleador di sempre dietro Pelè, Romario, Gerd Müller e Puskas

Gol vittoria contro il Gremio nella finale del mondiale per club 2017. Cristiano Ronaldo firma l'ennesimo successo stagionale del Real Madrid e sale a 629 gol in carriera. È il quinto maggior goleador della storia, dietro Pelè, 762 gol, Romario, 746 gol, Gerd Müller, 731 gol, e Puskas, 700 gol. Una leggenda vivente. 

domenica 14 giugno 2015

Cristiano Ronaldo tripletta all'Armenia e 496 gol in carriera

Tripletta all'Armenia per la rimonta del suo Portogallo e Cristiano Ronaldo sale a 55 gol con la nazionale maggiore lusitana. In carriera, invece, i gol di Cristiano Ronaldo sono 496. Presto saranno 500. E' già oggi il nono goleador di tutti i tempi, come da classifica che segue (indico fra parentesi i gol con le rispettive nazionali maggiori).
  1. Pelè 762 gol (77)
  2. Romario 746 gol (55)
  3. Gerd Muller 731 gol (68)
  4. Puskas 700 gol (84)
  5. Eusebio 626 gol (41)
  6. Zico 516 gol (52)
  7. Di Stefano 513 gol (29)
  8. Roberto "Dinamite" 512 gol (26)
  9. Cristiano Ronaldo 496 gol (55)
  10. Hugo Sanchez 479 gol (29)


sabato 20 settembre 2014

Cristiano Ronaldo 447 gol in carriera: una macchina da gol

Tripletta sul campo del Deportivo La Coruna e Cristiano Ronaldo tocca quota 438 gol in carriera. Una cifra straordinaria. che fa di lui non soltanto il maggior cannoniere in attività ma uno dei più prolifici della storia del calcio. Stupisce, soprattutto, la sua formidabile media realizzativa con il Real Madrid di 1,02 gol partita, frutto di 260 gol messi a segno in 253 partite. Insomma, come Puskas ai tempi della Honved.
Aggiornamento del 24 settembre 2014: ieri sera una quaterna per Cristiano Ronaldo nel turno infrasettimanale della Liga, insomma 7 gol in due partite, nello spazio di tre giorni. E sono 442 i gol in carriera.
Aggiornamento del 06 ottobre 2014: tripletta ieri sera nella Liga, 13 gol dopo sei giornate di campionato, Cristiano Ronaldo è una macchina da gol. E diventano 447 i gol i carriera.


martedì 13 maggio 2014

Storia dei mondiali di calcio: 6^ puntata (1954, vince la Germania Ovest in Svizzera)

Si torna in Europa, in nome di un'alternanza con il Sudamerica cui si derogherà parecchie volte. I mondiali del 1954 si disputano in Svizzera, paese neutrale per eccellenza, che non ha conosciuto i lutti della seconda guerra mondiale e sperimenta un benessere assai diffuso, tanto da attrarre una massa di emigranti dalla Spagna, dal Portogallo e, soprattutto, dalla stessa Italia. Quella azzurra, a metà anni '50, per tante ragioni, è una generazione povera di talenti. Finirà con un'eliminazione ancora al primo turno, cui contribuisce anche la confusione ai vertici federali. La grande favorita è l'Ungheria di Puskas, che gioca un calcio rivoluzionario. Nell'anno precedente, il 1953, ha impartito lezioni memorabili a tutti, Inghilterra compresa, mortificata nel tempio laico di Wimbledon per la prima volta nella sua storia. Puskas, mezzala mancina dal tiro potentissimo e precisissimo, con la palla che finisce accanto ai pali, quasi sempre senza alzarsi, è il leader tecnico di un gruppo irripetibile, nel quale si distinguono Kocsis, mezzala destra dalla strepitosa elevazione, alla fine capocannoniere con 11 reti, ed il centravanti finto, Hidegkuti, un rifinitore d'attacco che attira a centrocampo lo stopper avversario e libera lo spazio per i compagni di reparto. I fuoriclasse, nell'Ungheria, sono moltissimi, versatili. Grandi atleti e grandi giocolieri, calciano d'esterno come pochi ancora sanno fare e, soprattutto, sono autentici virtuosi del tiro dalla distanza. Quello che non praticano i brasiliani, sconfitti anzitempo. I verdeoro faranno tesoro della lezione ed importeranno maestri magiari per perfezionare il fondamentale del tiro propriamente dopo il mondiale del 1954. In finale la grande Ungheria perde a sorpresa contro la Germania Ovest, che rimonta grazie all'estro del poderoso Rahn, ma, soprattutto per via della scarsa vena di Puskas, che è infortunato e si spegne dopo aver segnato la rete del vantaggio. Sospetti di doping, piuttosto fondati, si addenseranno da subito sulla prestazione dei teutonici. Ma, alla fine, vincono loro. Terza finisce l'Austria, tornata ai fasti degli anni '30, mentre quarto arriva l'Uruguay del magnifico Schiaffino. (1^ puntata, 2^ puntata, 3^ puntata, 4^ puntata, 5^ puntata)

domenica 5 gennaio 2014

E' morto Eusebio, uno dei maggiori calciatori di ogni tempo

Asso del Benfica e della nazionale portoghese, di origini mozambicane, Eusebio si è spento a 71 anni, provato da una lunga malattia. Centravanti possente, dalla falcata ampia e dal tocco felpato, possedeva una straordinaria accelerazione che gli permetteva di seminare gli avversari più veloci. Si riveda la finale di Wembley che il Milan vinse contro il Benfica in Coppa dei Campioni nel 1963. Eusebio era letteralmente immarcabile. Le sue progressioni rimangono un unicum nella storia del calcio, se si escluda il Ronaldo del Barcellona e del primo anno all'Inter. Vinse tutto in patria, segnò caterve di gol sia in Portogallo che in giro per l'Europa, fu capocannoniere, con nove centri, ai mondiali inglesi del 1966, dove i lusitani eliminarono il Brasile e conquistarono uno storico terzo posto. La potenza del suo tiro era inarrivabile, paragonabile soltanto a quella di alcuni mancini, come Puskas, Rivelino, Eder, Recoba. Ma, ed è questa la particolarità, Eusebio era destro. Ha chiuso la carriera, sebbene ci siano pareri discordi sulle sue reti ufficiali, con 626 gol. Da quello che mi risulta è il quinto cannoniere più prolifico della storia del calcio, dopo Pelé, Romario, Gerd Muller e Puskas. Che la terra gli sia lieve.

lunedì 29 ottobre 2012

I dieci migliori attaccanti (ali sinistre) della storia

Per completare la formazione della storia del calcio, manca l'ultimo ruolo, che indico nell'attaccante - ala sinistra, ruolo ibrido per definizione, nel quale per ragioni di comodità, andrò a contare giocatori fra loro molto diversi, ma, insomma, il calcio non è una scienza esatta e molto dipende dal modulo. In questa classifica, lo chiarisco in previsione di ragionevoli critiche, voglio inserire quei giocatori d'attacco, abituati a partire dalla fascia, soprattutto da quella sinistra. Seconde punte alcune volte, ali sinistre dal gol facile altre volte. Nessun dubbio, sul primo posto, assegnato a Puskas. Segue la classifica dei primi dieci (ora estesa i primi 37). Cosa ne pensate?
*Aggiornamento del 3 giugno 2024.

  1. Puskas
  2. Rummenigge
  3. Cristiano Ronaldo
  4. Rivelino
  5. Sivori
  6. Neymar
  7. Czibor
  8. Nyers
  9. Riva
  10. Raul Gonzalez Blanco
  11. Giggs
  12. Schevchenko
  13. Ribery
  14. Rensenbrink
  15. Corso
  16. Henry
  17. Gento
  18. Orsi
  19. Cantona
  20. Recoba
  21. Dzajic
  22. Gareth Bale
  23. Piet Keizer
  24. Rivaldo
  25. Nedved
  26. Blochin
  27. Zagallo
  28. Stoichkov
  29. David Villa
  30. Reguzzoni
  31. Eder (Brasile 1982)
  32. John Robertson
  33. Reus
  34. Overmars
  35. Ginola
  36. Di Canio
  37. Barnes
  38. Perisic
  39. Insigne

giovedì 4 ottobre 2012

Cristiano Ronaldo: 321 gol in carriera

Numeri sbalorditivi quelli di Cristiano Ronaldo, 27 anni e mezzo, eppure già capace di segnare, a metà della sua carriera, 321 gol. Tante sono le sue reti tra i professionisti, dopo la bella tripletta di ieri sera contro l'Ajax in Champions League. L'asso del Real Madrid contenderà, anche quest'anno, il pallone d'oro a Lionel Messi. E, questa volta, potrebbe spuntarla. Una cosa è certa. Il suo rendimento al Real è sensazionale: 154 partite giocate e 158 gol segnati, per la grandiosa media gol di 1,02 a partita. Insomma, ai livelli di Puskas con Honved e nazionale ungherese.

venerdì 16 marzo 2012

I dieci calciatori più forti di sempre: Maradona, Pelé, Cruijff, Meazza, Di Stefano, Puskas, Ronaldo, Messi, Rummenigge, Eusebio

E' una delle passioni degli amanti del calcio, formare graduatorie dei migliori giocatori della storia del calcio. Così, improvviso una mia classifica, che tiene conto del talento individuale, dei successi personali e di squadra, della capacità di incidere in un'epoca e di lasciare un'impronta del proprio passaggio sui campi di calcio. Molti non saranno d'accordo, ed è inevitabile. Valga la classifica che segue come provocazione.
1. Maradona              6. Puskas
2. Pelé                        7. Ronaldo
3. Cruijff                   8. Messi
4. Meazza                  9. Rummenigge
5. Di Stefano           10. Eusebio
Cosa ne pensate? Avete graduatorie alternative da proporre?

venerdì 10 febbraio 2012

Classifica dei primi dieci goleador di ogni tempo: 1. Pelé 762, 2. Romario 746, 3. Gerd Muller 731 ...

Premetto che si tratta di una classifica approssimata, perché niente è più difficile di una statistica dei gol segnati nel calcio, in tutte le competizioni. Ho escluso, per scelta, i cannonieri come Fridenreich avvolti nella leggenda che circonda il calcio pionieristico degli anni '10 e degli anni '20 ed altri fuoriclasse del gol, di cui non ho potuto verificare i dati con la dovuta attendibilità. Sicché quella che segue è una classifica che parte dagli anni '40 del secolo scorso e che non tiene conto delle partite amichevoli delle squadre di club né delle partite amichevoli delle nazionali quando non ufficiali: per esempio, Guatemala - Italia del 1986, di preparazione ai mondiali del Messico. Altobelli segnò tre gol, che non gli sono stati mai riconosciuti, altrimenti le sue segnature azzurre sarebbero 28 e non 25. Non escludo errori, approssimazioni e dimenticanze, considerando benvenute le correzioni documentate. Tra parentesi, indico i gol con le nazionali.
1. Pelé                   762 gol (77)               6. Zico                              516 gol (52)
2. Romario            746 gol (55)               7. Di Stefano                   513 gol (29)
3. Gerd Muller     731 gol (69)               8. Roberto "Dinamite"   512 gol (26)
4. Puskas              700 gol (84)               9. Hugo Sanchez              479 gol (29)
5. Eusebio             626 gol (41)             10. Henrik Larsson           471 gol (37)