Sembrava che la cura Lendl avesse funzionato, tramutando Murray da perdente di lusso in campione affamato. E non c'è dubbio che la terapia agonistica del vecchio numero uno del mondo abbia funzionato in parte, perché Murray è apparso più deciso, più determinato, più intenzionato a comandare gli scambi. Dopo tre set, era avanti per 2-1. Il problema è che questo Djokovic è quasi imbattibile. La sua condizione, atletica e mentale, non conosce e non svela punti deboli. Oggi, dopo tanto tempo, diciamo dal Roland Garros del 2011, quando perse da Federer, ha trovato un avversario capace di metterlo alle corde. Ha incassato molti colpi, ne ha restituiti altrettanti. Fino al quarto set, quando ha cambiato marcia e sopraffatto un Murray stanco, di testa e di gambe, 6-1. Poi, il quinto, con il serbo avanti cinque giochi a due, ad un passo dal trionfo. E riecco Murray farsi sotto sino al 5-5. Djokovic sale 6-5, dopo un lunghissimo undicesimo gioco. Tensione spasmodica. Djokovic vince anche il dodicesimo gioco, 7-5. Vittoria soffertissima, ma vittoria per Djokovic. Che va in finale, come lo scorso anno. Troverà Nadal, che batterà. Come lo scorso anno.
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