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martedì 18 giugno 2024

Turku: Jacobs corre i 100 m in 9"92, Ali i n 9"96


Continua lo stato di grazia dell'atletica leggera italiana e, particolarmente, della velocità. Alla riunione, meeting si può anche tradurre, di Turku, in Finlandia, Marcell Jacobs ha dominato i 100 m correndo in 9"92, sua miglior prestazione dopo quella che gli valse l'oro olimpico a Tokyo 2020 (2021). Straordinario anche il 9"96 fatto registrare da Ali, secondo: suo primato personale e soglia psicologica dei 10" abbattuta. Il terzo della gara non era un illustre sconosciuto, ma il canadese De Grasse, più duecentista che centista, ma velocista di rango internazionale: sempre a Tokyo 2020 fu oro nel mezzo giro di pista. 

lunedì 1 giugno 2020

Addio a Bobby Joe Morrow: 3 ori a Melbourne 1956

Aveva solo 21 anni, Bobby Joe Morrow, velocista statunitense quando, alle Olimpiadi di Melbourne del 1956, conquistò tre ori nella velocità: 100 m, 200 m e 4×100 m. Come i connazionali Owens, prima di lui a Berlino 1936, e Carl Lewis, dopo di lui, a Los Angeles 1984, e come Usain Bolt, sia a Londra 2012 che a Rio de Janeiro 2016. Owens e Lewis vinsero però anche un quarto oro nel salto in lungo. Morrow ebbe una carriera luminosa, con tanto di primato del mondo sui 200 piani, ma breve, mancando la qualificazione alle successive Olimpiadi di Roma del 1960.

martedì 7 agosto 2018

Tortu quinto nei 100 m a Berlino

Ha corso in 10"08, con la solita partenza lenta ed una corsa troppo contratta dopo i primi 30 metri, quando mi pare che gli sia mancato un appoggio. Detto questo, il quinto posto di Filippo Tortu agli Europei di atletica leggera in corso di svolgimento a Berlino va salutato come un grande risultato. Ha solo 20 anni ed un temperamento da grande agonista. Peraltro, con il tempo di questa sera, 10"08, Tortu, negli ultimi 30 anni, avrebbe mancato il podio solo agli Europei di Spalato del 1990. Tornando alla gara, come detto, velocissima, oro e argento per due britannici, Hughes e Prescod, bronzo per il turco, giamaicano di nascita, Harvey.

lunedì 11 settembre 2017

Poker di Trentin alla Vuelta

D'accordo, i velocisti più forti non c'erano, da Kittel a Greipel a Cavendish. Epperò la vittoria all'atto conclusivo della Vuelta a Espana 2017, colta ieri sera da Matteo Trentin a Madrid, dà la misura della raggiunta maturità del corridore italiano, ormai vicino alla dimensione del campione vero e proprio. Anche perché non è da tutti vincere quattro tappe in una Vuelta, che si sommano ai due successi di tappa al Tour, alla vittoria di tappa al Giro, ad una Parigi-Tours. Trentin, a ventotto anni, ha fatto capire di poter diventare un riferimento del ciclismo italiano. Almeno nelle corse di un giorno. Fondo e velocità e tempismo. Dal prossimo anno, liberato da compiti di gregariato, Trentin potrà puntare a vittorie di prestigio.

lunedì 15 agosto 2016

Bolt terzo oro olimpico consecutivo nei 100 m

Pechino 2008, Londra 2012, Rio de Janeiro 2016: terzo oro olimpico consecutivo sui 100 m per il leggendario Usain Bolt, che corre in 9"81, tempo per lui non straordinario, precedendo Gatlin e De Grasse. Per Bolt.si tratta anche del settimo oro olimpico complessivo. Nella velocità, mai nessuno come lui.

#Bolt sfida #Gatlin e #DeGrasse sui 100 m

Passeggiata in semifinale: 9"86, per rialzarsi dopo 60 metri, Bolt. Per l'oro deve vedersela con il vincitore di Atene 2004, il trentaquattrenne Gatlin, ed il brevilineo canadese De Grasse. 

giovedì 27 agosto 2015

Il segreto di Bolt: l'ampiezza della falcata

E' ormai il segreto di Pulcinella, nel senso che da anni, vedendo e rivedendo le sue mirabilia sul tartan, tutti hanno imparato a contare i passi di Bolt: sui 100 sono in genere 41. Tre, quattro, alle volte cinque in meno di quelli impiegati dai rivali per coprire la medesima distanza. Le sue lunghissime leve gli permettono un'amplissima falcata, di qui il minor numero di passi ed una supremazia che, nella velocità, dura ai massimi livelli dal 2008. Anche in questi mondiali di Pechino, se n'è ricevuta conferma. Beninteso, non è soltanto una questione di passi. Nella finale odierna, sui 200 metri, che Bolt ha dominato in 19"55, è stato possibile ammirare anche la sua grande elasticità, la corsa fluida, spontanea, quasi rotonda, mentre Gatlin, il grande rivale sconfitto, spingeva con tutta la forza del mondo, sprecando il doppio delle energie del giamaicano. Bolt, del resto, è più alto di una decina di centimetri. Finché la schiena, perciò più sollecitata, gli reggerà, agli avversari non resterà che correre per la piazza d'onore. Insomma, quello che in passato era considerato un limite per i velocisti, l'alta statura, è stato trasformato da Bolt, 1,96 metri, in un formidabile punto di forza. Jesse Owens, che stupì il mondo e tramortì Hitler alle Olimpiadi di Berlino del 1936 era alto 1,78 metri. Per venire a tempi più recenti, Maurice Greene, oro mondiale sui cento ai mondiali del '97, del '99 e del 2001, era appena un 1,76 metri. Lo stesso, immenso, Carl Lewis, che invece era alto eccome, 1,88 metri, cede a Bolt ben otto centimetri. Per anni si è creduto che gli atleti più piccoli e compatti fossero avvantaggiati dalla maggior frequenza di passi, tale da colmare la minor ampiezza della falcata. Bolt ha stravolto questa, peraltro ragionevole credenza. Falcata ampia ed alta frequenza allo stesso tempo, un equilibrio quasi perfetto. Ed il lunghissimo dominio che sappiamo. 

venerdì 16 agosto 2013

Bolt e Fraser, la Giamaica domina la velocità a Mosca: è vera gloria?

Bolt è Bolt. Da Pechino 2008, sempre medaglia d'oro nei 100 metri piani nelle grandi rassegne internazionali, con l'eccezione dei mondiali di Daegu nel 2011, quando sopraggiunse una clamorosa squalifica per falsa partenza. Non meno lungo è il regno della connazionale Fraser, stessa distanza, sebbene non capace di arrampicarsi fino al primato del mondo, che appartiene ancora alla compianta Florence Griffith Joyner, che fermò il cronometro dopo clamorosi 10"49 a Seul. Bolt e la Fraser hanno vinto anche a Mosca: in 9"77 Bolt, in 10"71 la Fraser. Eppure, dopo lo scandalo doping abbattutosi sulla velocità giamaicana un mesetto fa, con Powell vittima illustre, resta qualche dubbio sull'entità delle loro imprese. Per carità, Bolt corre in modo meraviglioso, e la Fraser, sebbene il suo deltoide sia ragguardevole e le sue braccia siano meno leggiadre di quelle di Nausicaa, possiede una falcata ampia ed elegante. Tuttavia, i loro tempi, di questi tempi, non si mettono al riparo dal chiacchiericcio. Ora malevolo, ora insinuante. Speriamo, non profetico.

martedì 16 luglio 2013

Giamaica doping: coinvolti Asafa Powell e Carter

Mi sono concesso qualche giorno di riflessione, prima di commentare la terribile notizia dei casi di doping, che si è abbattuta sull'atletica giamaicana, forse troppo frettolosamente indicata negli anni recenti come limpido esempio di sport pulito, popolare, musicale. Pollo fritto e musica reggae. Sì, forse, ma anche, abbiamo dolorosamente scoperto, doping, imbroglio, sofisticazione, maneggio. Colpiti, fra gli altri, Asafa Powell, il più continuo sprinter di tutti i tempi, capace di abbattere per 81 volte in carriera la soglia dei 10" nei 100 metri piani. Mai un do di petto nelle grandi competizioni internazionali, ma una continuità di rendimento che sembrava metterlo al riparo dal sospetto di aiuti illeciti. La longevità agonistica è, con la continuità di risultati, da sempre considerata se non una prova, almeno un forte indizio di pulizia di un atleta. Per carità, bisogna attendere le cosiddette controanalisi.  Ma, insomma, Powell ed anche Carter, non l'ultimo arrivato della velocità, pare proprio che barassero. Ed è una brutta notizia. Perché, reggae o non reggae, anche in Giamaica, dove la vita scorre lenta e lontana dalle tentazioni dei paesi ricchi e panciuti, l'uomo fatica ad accettare i propri limiti. Certo, con il senno di poi, i deltoidi di Powell, gonfi a dismisura, qualche sospetto potevano anche autorizzarlo. Ma, il senno di poi, si sa, è una scienza tanto esatta quanto inutile. Spero soltanto di non sentir mai il nome di Bolt accostato al doping. Sarebbe veramente troppo.

giovedì 21 marzo 2013

In morte di Pietro Mennea, campionissimo della velocità

Non sapevo che stesse male, sicché la notizia della sua morte mi ha lasciato spiazzato. Il più grande campione della velocità azzurra, Pietro Mennea da Barletta, è stato per oltre dieci anni il simbolo della nostra atletica leggera. Sebbene non avesse il fisico del predestinato, Mennea seppe affinare l'innata velocità con allenamenti mirati e straordinariamente intensi, sotto la tutela tecnica di Vittori. Nel centro della Scuola Nazionale di Atletica Leggera di Formia, Mennea seppe costruire, giorno dopo giorno, ripetuta dopo ripetuta, scatto dopo scatto, una carriera leggendaria. La cura maniacale nei dettagli ne fece un asso sia sui 100 m che, specialmente, sui 200 m, dove fu medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Monaco del 1972, facendosi conoscere in tutto il mondo. Cominciò allora una rivalità spettacolare con il sovietico Valerij Borzov, sapendo tener testa ai velocisti americani che avevano da Tokio '64 cominciato a dominare il settore. A Montreal '76, ci si aspettava l'exploit, che invece mancò: nessuna medaglia olimpica. Che sarebbe invece arrivata, e d'oro, sui 200 m alle Olimpiadi di Mosca 1980, quando Mennea, partito in una corsia poco favorevole da letteratura, l'ottava, seppe realizzare una strepitosa rimonta, in curva, il fondamentale in cui eccelleva, completandola sul rettilineo finale. L'apogeo di una carriera, raggiunto dopo aver già stabilito il fantastico primato del mondo sulla distanza alle Universiadi di Città del Messico l'anno prima, nel 1979: un record storico che fece strabuzzare gli occhi a tutti gli osservatori: 19"72. Un tempo capace di resistere agli assalti di grandissimi campioni, a cominciare da Carl Lewis, per oltre tre lustri. Fu battuto, dopo diciassette anni, da Michael Johnson alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Mennea divenne un mito, un simbolo, un'icona, l'esempio della classe sposata al lavoro incessante. Si ritirò due volte e due volte tornò in pista, troppo innamorato del tartan, degli allenamenti e delle competizioni, fino all'addio definitivo datato 1988 quando aveva ormai 36 anni. E' stato campione europeo sui 100 e sui 200. E' ancora primatista italiano in entrambe le specialità, 19"72, si ripete sui 200 m, 10"01 sui 100 piani. Sui 200, per la verità, è anche primatista europeo. Fu pure uno straordinario staffettista, tanto da guidare il quartetto azzurro alla medaglia d'argento dietro gli Usa ai primi Mondiali di Helsinki del 1983, assime a Tilli, Simionato e Pavoni. Che la terra gli sia lieve.

sabato 4 agosto 2012

Olimpiadi di Londra: vacilla il trono di Bolt, insidiato da Blake, Powell, Bailey e Gatlin

Vacilla, dopo anni di dominio incontrastato, il dominio di Usain Bolt sui 100 m piani. Qualificato nel primo pomeriggio alle semifinali, Bolt ha vinto senza spingere molto, in controllo come si dice in gergo, e tuttavia senza convincere. Assai più nette le vittorie dei connazionali Powell e Blake, campione del mondo in carica e due volte capace, in questo 2012, di battere lo stesso Bolt. Segnali incoraggianti sono giunti anche dalla velocità a stelle e strisce, soprattutto da Gatlin, sempre possente nel suo incedere, e Bailey, rivelazione di giornata, che ha fatto registrare il miglior tempo delle batterie, 9"88. Insomma, storia e logica vogliono Bolt ancora favorito, ma, la concorrenza è di primissimo ordine. Una qualunque indecisione, ad esempio alla partenza, punto debole di Bolt, potrebbe costargli il titolo e regalare la più grande sorpresa della rassegna olimpica di Londra.