Una
generazione così scarsa di talenti fa tornare alla mente l'Italia degli anni
'50, uscita stremata dalla guerra e privata tragicamente dei campioni del
Grande Torino, cui non servì, calcisticamente, il contributo dei cosiddetti oriundi: fuori al primo turno dei mondiali nel 1950 e nel 1954 e
nemmeno qualificata ai mondiali del 1958. L'Italia
di Conte, per tornare al presente, è davvero pochissima cosa. Una compagine di
onesti mestieranti, trapunta dal segno distintivo della mediocrità. Con qualche
eccezione, nel senso che Buffon è stato un grande portiere, Pirlo è stato un
grande regista, Candreva è un centrocampista di spessore, Pellè avrebbe
meritato miglior carriera, Darmian ha qualità, quando attacca. Detto questo,
poca cosa. De Sciglio è uno dei terzini meno forti che ricordi. Ranocchia
sbaglia appoggi che nemmeno in terza categoria. El Shaararawi, con buona pace
dei sacchisti, per
correre, corre, ma il calcio si gioca altrimenti: vada a rivedersi come
giocava ai tempi suoi, partendo dall'ala sinistra, Vincenzo D'Amico, che non correva, ma
giocava in modo meraviglioso. Bonucci,
poi, è bravo a lodarsi: a proposito, dopo le coraggiosissime critiche a
Prandelli, maramaldeggiando dopo un anno, ma chi lo marcava, dandogli due
metri, Godin in Brasile? La sconfitta di ieri sera contro un Portogallo non al
meglio, Cristiano Ronaldo in vacanza e Nani in panchina, è stata eloquente come
una filippica di Demostene. Quest'Italia è scarsa.
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