La primavera del 1967 segnò la fine della Grande Inter. La sconfitta di Mantova, con papera di Sarti e la sconfitta di Lisbona, finale di Coppa dei Campioni, ad opera del Celtic Glasgow di Stein: una squadra che stava diventando leggendaria. Avrebbe vinto nove campionati scozzesi consecutivi, dal 1966 al 1974, era stata semifinalista, eliminata dal Liverpool, in Coppa delle Coppe nel 1966. E dopo il sorprendente successo sull'Inter, 2-1, dopo il vantaggio di Mazzola su rigore, il Celtic sarebbe tornato in finale nel 1970, perdendo contro il Feyenoord, per giocare ancora in semifinale di Coppa dei Campioni nel 1972, sconfitta dall'Inter, e nel 1974, sconfitta dall'Atletico Madrid. Ora, in una competizione meno nobile, l'Europa League, per di più ai sedicesimi, il Celtic torna a sfidare l'Inter. L'occasione ci consente il ricordo del giocatore simbolo di quel Celtic, l'ala destra Jimmy Johnstone, meno di 1,60 m, gracile, ma velocissimo, rapidissimo, scattante, uno dei maggiori interpreti di sempre nel ruolo. La prova provata che il calcio non è solo esercizio da corazzieri. La sintesi del fondamentale più entusiasmante: il dribbling. Ecco qualche immagine di Jimmy Johnstone.
L'epopea del Celtic di Jimmy Johnstone e del formidabile tecnico Stein rappresenta un "unicum" nella storia del football. I giocatori biancoverdi erano tutti nati e cresciuti nel quartiere cattolico di Glasgow. Quella squadra, biancoverde in onore di San Patrizio, patrono d'Irlanda, fu il simbolo di un'intera etnia. Un miracolo calcistico lontano anni luce dal calcio degli sceicchi. La sfida di febbraio ci riporta alla memoria un calcio che, ahimè, non esiste più. E al quale non si può non guardare con malinconia.
RispondiEliminaIl calcio di oggi è profondamente cambiato, infatti, e non si può più parlare di scuola italiana, scuola danubiana, scuola britannica. Tutto si somiglia.
EliminaQuel Celtc fu sconfitto in finale di coppa intercontinetale dal Racing Club de Avellaneda, guidati dall'oriundo Humberto Maschio. Pochi giorni fa, il club biancazzurro, dopo tredici anni, si è laureato campione d' Argentina. Uno dei protagonisti di questo trionfio è stato un altro italo argentino, stavolta non naturalizzato, cresciuto nelle giovanili del Racing e tornato in argentina solo per indossare di nuovo quella maglia. 13 anni fa e adesso al centro dell'attacco c'è lui, Diego Milito. Nonostante tutto, al calcio è rimasto ancora un po' di spirito romantico. Grazie a Dio.
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