Maradona sarà, a Dio piacendo, l'allenatore dell'Argentina anche per i prossimi quattro anni. Smaltita la delusione per l'eliminazione dal mondiale sudafricano, il re del calcio, circondato dal solito straripante affetto dei suoi connazionali, ha deciso di rilanciare una grande sfida: dimostrare che il campione dei campioni in campo può ripetersi anche sulla panchina di una delle rappresentative più blasonate del mondo. Al di là degli sproloqui che tanti fanno sulla sua pretesa impreparazione tattica, credo che Maradona dovrà correggere un solo vero difetto: la tendenza a lasciarsi guidare da simpatie ed antipatie nelle convocazioni. Da giocatore osteggiò Passarella, perché aveva personalità e nome capaci di fare ombra, e Diaz, il cui gioco non gli piaceva. E vinse lo stesso, perché in campo andava in prima persona e quello che sapeva fare è noto a tutti. Ora, da allenatore, non potendosi schierare con la maglia numero dieci per raggiunti limiti di età, deve rinunziare a certe insofferenze e chiamare, comunque, i migliori. Non parlo dello stagionato Zanetti o di Cambiasso, che vale Mascherano, ma, per esempio, di Riquelme. Non sarà gradito a Messi, ma, con lui al mondiale, l'Argentina avrebbe avuto il facitore sublime di gioco, che le è mancato.
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