Ennesima vittoria di Rafa Nadal al Roland Garros. Vince per la tredicesima volta, la prima fu nel lontano 2005, sull'amatissima terra rossa, battendo Djokovic in una finale senza storia. E se è vero che il campione serbo è parso meno brillante durante tutto lo Slam parigino, è altrettanto vero che Nadal, alzando molto la palla, l'ha fatto innervosire e sbagliare. Poco meno di Chang con Lendl nel 1989. E così Nadal eguaglia il primato di Federer di 20 Slam. Solo quello, però.
Nadal, debbo tuttavia riconoscere, mi ha stupito e mi stupisce. Pensavo, una decina di anni fa, che il suo tramonto agonistico sarebbe stato precoce. Portarsi appresso quella massa ipertrofica di muscoli, lottare su ogni punto come fosse quello decisivo, allungarsi in spaccate furiose. Ecco, pensavo che tutto questo l'avrebbe presto logorato fisicamente e mentalmente. E invece, a 34 anni suonati, è ancora capace di grandi vittorie. Ha più che doppiato, 13 contro 6, il primato di successi sulla terra battuta che era stato di Borg. E non perché Nadal sia in assoluto più forte dell'asso svedese, che trasformò il tennis in uno sport popolare a metà degli anni '70. Ma perché Borg, di fatto, smise a 26 anni la carriera, stanco per lo stress e appagato dai successi. Nadal va invece per i 20 anni di carriera, 20 come i titoli Slam conquistati. Tenuta nervosa straordinaria. Solo apparentemente contraddetta da quella teoria infinita di tic che precedono ogni suo turno di servizio. Qualcosa, alla nevrosi contemporanea, bisogna pur concedere.