Professionista dal 1934, quando partecipa al Tour de France del 1938, Gino Bartali ha 24 anni: li compirà durante la corsa. Lo scalatore toscano ha già vinto il Giro d'Italia nel 1936 e nel 1937. Nel 1938 sceglie di disertare la corsa della Gazzetta, perché tutti i fisiologi del tempo ritengono impossibile partecipare, almeno con ambizioni di classifica, alle due grandi gare a tappe nella stessa stagione. Troppa fatica, troppo difficile il recupero. Eppure, questa teoria, poi confutata più volte, stava cedendo già l'anno prima, proprio sotto i colpi di pedale di Bartali, che, dopo il Giro, si apprestava a vincere il Tour, avendo vinto a Grenoble e indossato la maglia gialla. Poi, però, una caduta rovinosa dentro un torrente d'acqua gelida l'aveva lasciato dolorante e febbricitante, fino al ritiro per bronchite. E provvidenziale era stato il soccorso prestatogli da Camusso. Insomma, in quel 1938, Bartali aveva un conto in sospeso, con la fortuna e con il Tour. Niente Giro, per puntare tutto sulla Grande Boucle, Bartali vince a Marsiglia, ma conquista la maglia gialla sulle Alpi, quando trionfa a Briancon, dopo una cavalcata solitaria. Orio Vergani, inviato del Corriere della Sera, racconta del tributo che tutta la carovana al seguito della corsa offre a Gino Bartali: "applaudivano i suivers, i competenti, gli autisti, i meccanici, i giornalisti di ogni Paese...". Sul traguardo di Parigi, Bartali precede il belga Felicien Vervaecke di oltre 18 minuti. Un'impresa leggendaria nell'anno d'oro dello sport italiano: la nazionale di Pozzo e Meazza, proprio in Francia, aveva da poco conquistato il secondo campionato del mondo di calcio consecutivo. Per i colori azzurri, si tratta del terzo successo assoluto al Tour, dopo quelli di Bottecchia nel 1924 e nel 1925. Bartali, nessuno come lui, saprà ripetersi a dieci anni di distanza, nel 1948!