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giovedì 20 giugno 2019

Il calcio totale e il catenaccio

Del catenaccio abbiamo già scritto, che nacque in Svizzera, ma si perfezionò in Italia, raggiungendo vertici di eccellenza durante gli anni '60 del secolo scorso. Diciamo qualcosa anche sul calcio totale, che invece si affermò in Olanda, dove il totaalvoetbol divenne manifesto culturale anzi controculturale sul finire dei medesimi anni '60, imponendosi nella prima metà del decennio successivo e lasciando una pletora di rimpianti, emuli ed imitatori, vieppiù, di nostalgici. La vulgata pretende di fissare la nascita del calcio totale negli anni '30 all'Ajax, con l'inglese Jack Raynolds allenatore. Può essere. Di certo sappiamo soltanto che i suoi giocatori mutavano di posizione. Da una partita all'altra. Ma, ché poi è questa la vera essenza del calcio totale, non sappiamo se lo facessero, e fino a che punto, anche nella stessa partita. Perché il segreto del totaalvoetbol stava e resta in questo: giocatori sì eclettici e polivalenti, ma anche grandi atleti, capaci di colmare i vuoti lasciati dai compagni in movimento o rotazione. E per farlo, ci vogliono gambe e polmoni, visione del gioco, nel senso di dominio visivo degli spazi. E tecnica diffusa. Difficile, difficilissimo. Giocatori totali ce n'erano sempre stati. Pochi, a dire il vero. Alcuni grandissimi, come Valentino Mazzola e Alfredo Di Stefano. Cruijff sarebbe stato il continuatore di quella grandezza e di quell'unicità. L'Ajax di Michels e Kovacs e l'Olanda del 1974 andarono oltre perché erano squadre totali, formate da giocatori totali. E Cruijff era il più talentuoso e il più universale di quei gruppi. L'effetto fu talmente dirompente da scatenare nell'ordine:
1. lo stupore dei complessati di ogni dove, convinti che la scoperta olandese avrebbe cambiato il calcio;
2. il desiderio di replicare un modello, d'evidenza, non replicabile;
3. la confusione nei giudizi, che è la cifra della modernità, con la conseguenza che molti generici vennero scambiati per eclettici. Va da sé con risultati assai diversi da quelli sperati e immaginati.

La verità è che non c'è un modo di sicuro di arrivare al risultato. In uno sport di gruppo, a 11 peraltro, le variabili aumentano e si collocano al di là di qualsivoglia capacità di stima. Osservate il rendimento della nazionale olandese. Dopo il 1978, sconfitta in finale dall'Argentina di Passarella ai mondiali, dieci anni di buio fino agli Europei del 1988. Perché senza grandi campioni non esiste sistema di gioco efficace al punto di garantire la vittoria o anche la sola competitività.

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