Oggi, 17 marzo 2016, Alvaro Recoba compie 40 anni. Ritiratosi nel giugno del 2015, dopo avere trascinato il Nacional Montevideo alla conquista del titolo uruguaiano, il secondo per lui, Recoba ha detto basta. Il più discusso, controverso e divisivo campione degli ultimi 30 anni. Nessuno più di Recoba ha camminato sul filo del trionfo, cadendo spesso e più spesso rialzandosi, viziato da un talento sfacciato, fiaccato da un'indolenza proverbiale, letteraria, oblomoviana. Il suo piede sinistro è stato, tra i giocatori che ho visto, secondo soltanto a quello di Maradona. Eppure la sua carriera non ha conosciuto le soddisfazioni ed i successi, che sarebbe stato lecito attendersi. Pallonetti da cinquanta metri, gol olimpici, come, in Sudamerica, si definiscono le reti direttamente da calcio d'angolo, sassate scagliate da 20, 25, 30 metri. Dribbling in serie, finte, accelerazioni brucianti, in mezzo ad un caracollare stanco in mezzo al campo, con l'aria stralunata di chi si trovi lì per caso. Prediletto da Moratti, simbolo di un'Inter che si fermava sul punto di vincere, ha coltivato l'illusione di un calcio a tempo di minuetto nell'era della muscolarità ossessiva. Stimato dai compagni di squadra e dagli avversari, ha avuto generalmente cattiva stampa. Un grande campione sottovalutato. Anche da se stesso e dalle sue ambizioni.
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