Elenco blog personale

venerdì 18 settembre 2020

Il ciclismo che non mi piace: da Indurain a Roglic

Squadre organizzatissime, ritmi asfissianti fino agli ultimi km delle salite più impervie, gregari che vanno forte come capitani. A me, questo ciclismo, non piace. Non mi piaceva da ragazzo, quando Philippot ed Armand de Las Cuevas tiravano il gruppo per Indurain, capitano della Banesto, non mi piaceva quando il team Sky cannibalizzava la corsa con Wiggins e Froome. Froome, l'ho rivalutato al Giro del 2018, quando ebbe il coraggio di una fuga audacissima e ribaltò la classifica. Per venire all'oggi, no, non mi piace la Jumbo-Visma. E il suo modo di correre. Ed il modo di correre degli avversari. Nella tappa del Col de la Loze, nessuno che abbia avuto il coraggio di attaccare sulla Madeleine, rischiando la crisi personale, ma anche di far saltare il banco. Pochissimi corridori di personalità in gruppo e i pochi che ce l'avrebbero, penso a Valverde, non hanno più l'età e le gambe necessarie. 

Non c'è più, almeno nelle grandi corse a tappe, l'uno contro uno tra i migliori. Non pretendo Bartali contro Coppi o Robic contro Bobet o Anquetil contro Poulidor o Merckx contro Gimondi o Saronni contro Moser o LeMond contro Fignon, ma, insomma, possibile che un campione come Tom Dumoulin, solo 30 anni, primo e secondo al Giro, secondo al Tour, debba rassegnarsi a fare il gregario a Roglic, che, fino a 5 anni fa, praticava un altro sport? Se poi ci si mettono anche gli organizzatori, con salite come il Col de la Loze, la noia è assicurata. 

Voglio dire un'altra cosa. Va bene tutto. Perché va bene tutto. Però, io resto sempre sbalordito di fronte a violenti salti di rendimento. Da una stagione all'altra. Del presente non voglio parlare, invito però a guardare le carriere dei grandi del passato. E a fare un raffronto. Si può migliorare, non trasformarsi. E faccio un solo esempio: Riis, corridore danese a cavallo tra gli anni '80 e gli anni '90. Fece una vita da gregario, da buon gregario. Passato professionista nel 1986, vinse 5/6 corse in 7 anni. Poi, d'improvviso, nel 1993, fu quinto al Tour, a 29 anni, poi terzo a 31 e infine primo a 33! Quando, nel 1996, interruppe l'egemonia quinquennale di Indurain. Mi parve assurdo. Mi sembrò impossibile. Fu necessario aspettare più di 20 anni e la sua confessione perché si sapesse che era stato il doping a rendere possibile quella favolosa metamorfosi. Ora, questo è un singolo caso, dal quale non è che si possa argomentare granché. Però, la penso come Carl Lewis, i progressi troppo repentini, nello sport, in qualunque sport, sono sospetti. Leciti, fino a prova contraria, possibili, secondo natura, ma sospetti. Un conto è maturare. Un conto è passare da un trentesimo a un primo posto. C'è di solito un'ora di mezzo. Su! E un'ultima considerazione. Il talento, nello sport, quando ci sia, salta subito all'occhio. E sulla precocità del vero talento ho già scritto parecchie volte.

2 commenti:

  1. Riis aveva valori di ematocrito superiori al 60%, cosa peraltro estremamente pericolosa, ma all'epoca non esistevano regole a riguardo. La norma del 50% mi pare fu varata nel 1997 o nel 1998.

    Personalmente sono un grande appassionato di ciclismo ed è per questo che da alcuni anni lo seguo poco. Condivido le riflessioni di questo articolo del blog.
    Ciclisti "one shot" alla Berzin o alla Colombo (vinse la Sanremo nel 1996) non mi hanno mai entusiasmato.
    Quanto ai ciclisti di oggi: sembrano tutti uguali con quelle maglie a maniche corte ma lunghe, con quella ridicola elevata frequenza di pedalata in salita, con quei fisici lunghi e alti, con quelle orribili biciclette con ruote nere a profilo altissimo e soprattutto con quella paura tremenda di attaccare non dico a 200 Km dal traguardo come faceva Chiappucci, ma addirittura a 10 Km dall'arrivo.
    E ci mancano anche i telecronisti che non avevano bisogno di frasi roboanti per dare emozione...la loro stessa voce sinceramente emozionata valeva più di mille parole (vedi De Zan padre e De Zan figlio).
    Mancano i grandi duelli, i grandi scalatori, i grandi personaggi.
    Dovrebbero vietare radioline e cardiofrequenzimetri per far tornare grande il ciclismo.

    RispondiElimina