martedì 31 agosto 2010

Un saluto a Fignon

Precoce. Com'era stato da atleta. Laurent Fignon saluta tutti a 50 anni. Quando, negli anni '80, dominava la scena del ciclismo internazionale, quel profilo nobile, l'aspetto ieratico, gli occhialini, gli avevano guadagnato il soprannome di "professore". Due Tour de France, nel 1983 e nel 1984, ad interrompere l'egemonia del bretone Hinault e, poi, il Giro d'Italia del 1989, ma, anche due Milano - Sanremo consecutive ed una Freccia Vallone, a testimonianza di un talento autentico e versatile, che gli permetteva di primeggiare sia nelle gare a tappe che in quelle in linea. Soffriva un poco le prove contro il tempo, che gli furono fatali due volte: al Giro '84, quando cedette la maglia rosa a Moser nell'arrivo all'Arena di Verona, ed al Tour '89, quando fu scavalcato da Lemond sui Campi Elisi, per miseri 8 secondi. Complice, in entrambe le occasioni, la tecnologia applicata alla bici: le ruote lenticolari di Moser, prima, il manubrio da triathlon di Lemond, poi. La sua carriera, di fatto, finì quella domenica di luglio a Parigi. Ma, fu sempre molto amato dai tifosi delle due ruote e, specialmente, dai francesi, ché dei suoi connazionali era il simbolo, per quel suo modo di correre naif. Continuerà la sua corsa altrove. Con più leggerezza.

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