Blog di critica, storia e statistica sportiva fondato l'11 maggio 2009: calcio, ciclismo, atletica leggera, tennis ...
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martedì 17 novembre 2020
Le casse vuote del calcio italiano: finiti i soldi
lunedì 16 novembre 2020
Il calcio degli anni '50: da Di Stefano a Kubala, da Puskas e Pelé
Il calcio riprese, in Europa, molto lentamente dopo la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. Dalla fine degli anni '40 e nei primi anni '50 ci fu una perentoria affermazione del football nordico, svedese e danese, che non ha eguali nella storia. Forse perché la Svezia era rimasta fuori dal conflitto e la Danimarca ne era uscita prestissimo. La Svezia di Nordahl, Gren e Liedholm vinse l'oro alle Olimpiadi di Londra del 1948 e, senza di loro, perché ormai professionisti con il Milan - gli svedesi avevano una concezione solo dilettantistica del calcio - giunse terza ai mondiali del 1950 in Brasile.
Il Mondiale brasiliano fu complicato. Il secondo in Sudamerica, dopo quello uruguaiano del 1930. E lo stesso vincitore. L'Uruguay del divino dieci Schiaffino, tecnico ma tenace, artista del dribbling ma essenziale, il primo, pare, ad usare con sistematicità il tackle in scivolata, con gli arbitri che gli fischiavano sempre fallo.
Lui e Ghiggia firmarono il 2-1 nella finale, che era solo l'ultima partita di un girone conclusivo, che gettò nella disperazione milioni di brasiliani. Il calcio era già la loro religione laica, come lo è il ciclismo per il Belgio. L'Italia, orfana dei campionissimi del Toro scomparsi a Superga, vi ottenne una dolente eliminazione al primo turno. Come i superbi maestri inglesi: disertati i precedenti mondiali per ritenuta superiorità, vennero buttati fuori dagli ex coloni degli Stati Uniti, che stavano al calcio, come gli inglesi al buon cibo. Il magnifico centravanti brasiliano Ademir, nove gol e capocannoniere, dovette contentarsi del secondo posto. E, con lui, Zizinho. Uno del calibro di Pelé o, almeno di Zico, penalizzato dall'assenza di vere riprese televisive. Lo stesso destino di Meazza e Sindelar, di Leonidas e dello stesso Valentino Mazzola.
Ferenc Puskas |
Si diceva del mondiale del 1954, che si disputò in Svizzera. L'Ungheria vi arrivava da grande favorita. Dopo aver stravinto - nei paesi dell'Est erano tutti dilettanti - le Olimpiadi di Helsinki del 1952. Nel novembre del 1953, Puskas, mezzala sinistra, Kocsis, mezzala destra, e Hidegkuti, centravanti arretrato di altissima sapienza calcistica, avevano inflitto un perentorio 6-3 agli inglesi a Wembley. Poco dopo avevano tramortito gli avversari increduli con un 7-1 casalingo. In Svizzera, però, complice anche un infortunio di Puskas, che giocò menomato la finale, pur segnando il gol del vantaggio, s'impose la Germania Ovest, 2-1. E fu il centravanti tedesco Fritz Walter a sollevare la Coppa. I magiari, che erano stati grandissimi già negli anni '30, con Sarosi tra i pochi a contendere a Meazza il titolo di miglior giocatore del mondo, giocavano un calcio mai visto. Palla soprattutto a terra, terzini che attaccavano, e tiravano tutti da fuori. Il tiro all'ungherese, d'esterno piede, divenne proverbiale. I brasiliani, che a quel mondiale fallirono, decisero d'ingaggiare tecnici magiari per insegnare ai propri giocolieri il tiro dalla lunga e media distanza: non si poteva, capirono, entrare sempre in porta con la palla. Fu una delle premesse del successo verdeoro ai mondiali di Svezia del 1958.
Bastoni, Barella, Berardi e Insigne i migliori dell'Italia di Mancini
Queste partite di Nations League vanno prese con le pinze. Somigliano più ad amichevoli che a sfide sentite, con una posta in palio davvero importante. Tuttavia, per l'Italia di Mancini, ieri vittoriosa per 2-0 contro la Polonia, sono arrivate indicazioni confortanti. Dal gruppo, che appare affiatato, al gioco, che si esprime con disinvoltura, fino alle prestazioni dei singoli. Su tutti, Insigne, tecnico e resistente, fantasioso eppure continuo. Bastoni ha dimostrato di poter giocare bene in una difesa a quattro e mi chiedo se Conte se ne sia accorto. Barella è tra i massimi centrocampisti continentali. A voler essere rigidi, gli mancano quei due/tre centimetri di statura, con i quali sarebbe stato anche più dominante. Bravo anche Berardi. Tra i 19 e i 21 anni sembrava un predestinato. Poi, è calato. Ha saputo, cosa che a pochi riesce, rialzarsi e tornare più forte di prima. Ha ormai, a 26 anni, grande esperienza. Segna e fa segnare. Attaccante esterno di grande affidabilità. Cosa manca allora all'Italia? Un centravanti. Belotti e Immobile, in azzurro, non ripetono le prestazioni della serie A. Balotelli si è perso. Destro anche. Kean non mi pare all'altezza del compito. Io, ma sono di parte, aspetterei Pinamonti.
mercoledì 11 novembre 2020
Tour de France 1987: 1. Roche 2. Delgado 3. Bernard
Edizione fiume, quella del 1987, del Tour de France, con partenza da Berlino Ovest: 25 tappe, di cui cinque a cronometro, quattro individuali ed una cronometro a squadre.
Tour de France 1987 |
Vinse l'irlandese Stephen Roche, che già aveva vinto il Giro d'Italia, strappando la maglia rosa, a Sappada, al compagno di squadra della Carrera, Roberto Visentini. Roche, dopo il Tour avrebbe conquistato anche il campionato del mondo: una sbornia di successi, riuscita solo prima ad Eddy Merckx, da convincerlo ad un anno sabbatico nel 1988. Tornando alla corsa, ci fu molta incertezza sino alla fine. Roche ottenne il suo unico successo parziale nella cronometro di Futuroscope del 10 luglio 1987. La maglia gialla finì sulle spalle del giovane Charly Mottet, che assieme a Jean-Francois Bernard divideva i pronostici francesi come possibile successore di Hinualt, ritiratosi l'anno prima. Dopo aver mancato il sesto Tour, battuto da LeMond. Proprio LeMond era il grande assente: un incidente in una battuta di caccia aveva messo in pericolo la sua stessa vita e gli avrebbe impedito di gareggiare sino al 1989. Per questa ragione, il pronostico era aperto a molti, oltre che a Roche. Tra questi: lo scalatore spagnolo Pedro Delgado, che aveva vinto la Vuelta a Espana 1985 ed era stato quarto, allora si correva tra aprile e maggio, alla Vuelta del 1987; Laurent Fignon, che dopo i due Tour vinti nel 1983 e nel 1984 aveva vissuto stagioni meno brillanti; lo scalatore colombiano Lucho Herrera, che aveva vinto la Vuelta quell'anno. Dopo Futuroscope, riprendiamo il racconto, la maglia gialla andò ad un altro francese, Martial Gayant, per due giorni, tornando sulle spalle di Mottet a Pau, dove vinse l'olandese Erik Breukink. Mottet tenne il simbolo del primato per cinque giorni, fino ad essere spodestato dal connazionale Bernard, che trionfò nella cronoscalata sul Mont Ventoux. Il giorno dopo, sull'Alpe d'Huez, vinse lo spagnolo Echave e fu Delgado a vestirsi di giallo. Fino alla cronometro del penultimo giorno, con arrivo a Digione. In quell'occasione, Roche vestì la prima maglia gialla, quella più importante, perché il giorno dopo ci sarebbe stata solo passerella a Parigi. Gli bastarono 40" per vincere. Distacco contenutissimo, solo 2" di più dei 38"che erano bastati a Jannsen per battere Van Springel al Tour del 1968. Fino al 1989, quando Fignon avrebbe ceduto il Tour a Lemond per soli 8". Gli italiani, appena 18 al via, rimasero all'asciutto di successi parziali e fuori dai primi dieci della generale. Questa la classifica finale del Tour de France 1987:
- Stephen Roche (IRL)
- Pedro Delgado (SPA) a 40"
- Jean-Francois Bernard (FRA) a 2'13"
- Charly Mottet (FRA) a 6'40"
- Luis Herrera (COL) a 9'32"
- Fabio Parra (COL) a 16'53"
- Laurent Fignon (FRA) a 18'24"
- Anselmo Fuerte (SPA) a 18'33"
- Raul Alcala (MES) a 21'49
- Marino Lejarreta (SPA) a 26'13"
lunedì 9 novembre 2020
Il ciclismo ai tempi del Covid: anno 2020. Un bilancio
Si è sostanzialmente conclusa, la stagione ciclistica internazionale più difficile e strampalata degli ultimi 75 anni. Il Covid ha rivoluzionato programmazione delle corse e calendario. Provo a tracciare un bilancio.
Si è confermata la grande ascesa del piccolo movimento sloveno. Formidabile la vittoria al Tour de France di Pogacar su Roglic, che poi, dopo la beffa subita alla cronometro di La Planche Des Belles Filles, ha saputo riscattarsi vincendo la Liegi-Bastogne-Liegi, sciaguratamente gettata via da Alaphilippe, e la seconda Vuelta a Espana consecutiva.
Il movimento britannico, dominante nelle grandi corse a tappe negli anni 2010-2019, è rimasto ai vertici. Sorprendente il successo di Geoghegan Hart al Giro d'Italia, interessante il terzo posto finale di Hugh John Carty alla Vuelta. Da considerare anche il nono posto di Adam Yates, qualche giorno in giallo, al Tour. E il gemello Simon è stato fermato dal Covid al Giro.
L'Italia, ora che Nibali è invecchiato, mentre Aru resta nel suo cono d'ombra, ha poche speranze di successo nei Grandi Giri nel futuro prossimo. Ha buoni velocisti o fondisti veloci, come Nizzolo, campione europeo, lo stesso Viviani, Trentin, Ulissi. E un fuoriclasse, per adesso contro il tempo, Ganna. Ci sono stati momenti migliori.
La Francia è stata Alaphilippe. Campione del mondo e piazzato di lusso a Sanremo. Thibaut Pinot è diventato il simbolo del corridore sfortunato: il 2020 è stato la peggior stagione della carriera. Interessante la crescita del suo luogotenente Gaudu, due tappe e ottavo posto finale alla Vuelta. Demare ha dominato tante volate, quattro al Giro.
Passo indietro per la Spagna. Valverde ha 40 anni, Landa è sempre al di sotto di quel che potrebbe, Enric Mas, quinto alla Vuelta, non ha fatto il salto di qualità.
Stesso discorso per la Colombia, con Bernal che non si è confermato e Quintana che non è più da podio.
Nelle classiche è ormai il tempo di Van Aert, primo alla Sanremo e Mathieu Van der Poel, primo al Giro delle Fiandre: la sua volata contro il belga è stato forse il momento più esaltante ed iconico della stagione.
Un infortunio ha tenuto lontano dalle scene il corridore che considero il più forte di tutti. Nel 2021 tutti dovranno fare i conti con lui. Nelle gare in linea e nelle gare a tappe. Il belga Remco Evenepoel è un predestinato.
Harry Kane come Michael Owen: 150 gol in Premier League
Quello segnato ieri per il Tottenham di Mourinho contro il West Bromwich Albion, è stato il gol n. 150 in Premier League di Harry Kane: eguagliato Michael Owen. Kane, tormentato da diversi infortuni negli ultimi due anni, è tornato il tremendo goleador, che considero il miglior centravanti del mondo. Perché è il più completo. Kane vanta anche 201 gol complessivi con il Tottenham.
Serie A 2020/21: il punto dopo la 7^ giornata
Rallenta la corsa del Milan. Il Verona del preparato Juric imbriglia i rossoneri, che si aggrappano al solito Ibrahimovic, capocannoniere provvisorio, per strappare un pareggio nel finale di partita. Ibra, prima, aveva anche sbagliato un rigore. A 39 anni, la sua caratura fisica fuori norma gli consente ancora di dominare il gioco aereo. Sono pochissimi i difensori capaci, quanto a taglia, di contrastarlo. Vecchia storia. Perché il calcio è un gioco semplice.
La Juve di Pirlo è fermata dal pareggio nel recupero della Lazio, priva di Immobile: bel gol di Caicedo, attaccante sottovalutato ma di valore ormai accertato. Simone Inzaghi ne sa più di Pirlo, come allenatore.
Vince il Napoli, con zuccata di Osimhen contro il Bologna e la Roma contro il Genoa: tripletta di Mkhitaryan contro una difesa rossoblu sin troppo allegra. Napoli e Roma mi sembrano, ad oggi, le due squadre più complete.
L'Inter pareggia contro l'Atalanta e si trova attualmente settima in classifica. La panchina di Conte è difesa soltanto dal suo ricchissimo ingaggio.
domenica 8 novembre 2020
A Madrid tris di Ackermann, a Roglic la Vuelta 2020
A Madrid termina, secondo tradizione, la Vuelta a Espanã 2020. In volata il successo arride per la terza volta al tedesco Ackermann, che precede Sam Bennet. Roglic vince la classifica generale con 24" su Carapaz e 1'15" su Hugh John Carty, rimasto attardato con altri corridori. È stata un'edizione avvincente e combattuta, nonostante le defezioni. Roglic ormai è un campione maturo, capace di vincere soffrendo.
Atalanta-Inter 1-1: Lautaro, Miranchuk
Primo tempo equilibrato. Nella ripresa, è Lautaro Martinez a sbloccare il risultato con una grande girata di testa su cross di Young. Se l'Inter avesse anche un altro attaccante, forse raddoppierebbe, chiudendo la partita. Sanchez, però, di gol non ne fa! Lo sanno tutti con l'eccezione di Marotta e Conte. E Vidal sbaglia pure una facile occasione, perché stanco e il tempo passa, è passato. Cambi davanti. Ma non Pinamonti né Eriksen che pure avrebbe aiutato a tener palla. L'Atalanta pareggia con tiro di Miranchuk. Tito incrociato di poche pretese che il solito Handanovic non prende. Mal posizionato, esita troppo a tuffarsi. Portiere più inadeguato della storia dell'Inter. Sta facendo perdere un mucchio di punti! Conte non indovina un cambio ed anche questa è una vecchia storia: 12 punti su 21 disponibili a chiunque altro sarebbero costati la panchina. Come si può sostituire Young con D'Ambrosio? A sinistra? In cosa sperava Conte: in un gol di testa in mischia? L'Atalanta marca a uomo e certi gol non li prende.
sabato 7 novembre 2020
Roglic ha vinto la Vuelta 2020! Sull'Alto de La Covatilla trionfa Gaudu
Se ne parlava bene, Oltralpe, già da due o tre anni. Gran successo di Gaudu, che ha avuto libertà di corsa dopo il precocissimo ritiro di Thibaut Pinot. Sull'Alto de La Covatilla, traguardo della diciassettesima e penultima tappa della Vuelta a Espanã 2020, il giovane scalatore francese ha conquistato il secondo successo di quest'edizione. Roglic ha resistito nel finale agli allunghi di Carapaz e Carty, che gli cedono, alla viglia della passerella di domani a Madrid, 24 e 47 secondi. Roglic ha vinto la seconda Vuelta consecutiva. Il rimpianto del secondo posto al Tour, dietro Pogacar, va sfumando. Anche perché nel mezzo ha soffiato anche la Liegi ad Alaphilippe. Voglio anche dire che poche volte ho visto in un corridore, che non mi fa impazzire, tanta tenacia e tanto metodo. Ha fatto tutte le volate, tolte quelle a ranghi compatti. Ha conquistato piazzamenti e abbuoni, che sono poi risultati decisivi.
venerdì 6 novembre 2020
Vuelta 2020: a Salamanca vince Nielsen, Roglic secondo
Sedicesima tappa della Vuelta a Espana 2020, da Salamanca a Ciudad Rodrigo, frazione collinare, prima della tappa decisiva di domani. Che Roglic teme, tanto che partecipa allo sprint odierno e giunge secondo dietro il danese Nielsen, guadagnando un abbuono di 6" che potrebbero risultare preziosi nella difesa della maglia rossa. Ora Carapaz è a 45", Carty a 53". Per Magnus Cort Nielsen si è trattato del terzo successo assoluto sulle strade della Vuelta.
giovedì 5 novembre 2020
A Puebla de Sanabria vince Philipsen
A Puebla de Sanabria, traguardo della quindicesima tappa della Vuelta a Espana 2020, terzo arrivo in volata e successo del giovane sprinter belga Jasper Philipsen sul tedesco Ackermann. Invariata la classifica generale.
mercoledì 4 novembre 2020
Ad Ourense bis di Tim Wellens
Ad Ourense, traguardo della quattordicesima tappa della Vuelta a Espana 2020, è Tim Wellens a vincere, battendo i compagni di fuga, Woods e Stybar. Per il corridore belga è il secondo successo di tappa in quest'edizione. Classifica generale invariata, con Roglic in maglia rossa.
L'Inter dovrebbe esonerare Conte
Premetto la mia antipatia per Antonio Conte e la sua lunga militanza bianconera, che ho sempre considerato un serio ostacolo all'arrivo prima e alla permanenza poi sulla panchina dell'Inter. Premetto anche la mia antipatia verso il calcio troppo manovrato, fraseggiato dal basso, i retropassaggi al portiere, un'infinità di tempo per progredire sul campo di 20 metri. Una specie di guardiolismo, ma senza Messi e senza Xavi e senza Iniesta. Perché preferisco il calcio più immediato, quello verticale, sì, anche con i lanci lunghi, perché il problema è saperli eseguire. E il fraseggio breve è il rifugio della modestia tecnica. E preferisco il calcio senza fronzoli. Hakimi ieri sera ha fatto un retropassaggio figlio di questa cultura collettivista, quasi sovietica e al tempo stesso radical chic del calcio contemporaneo. Quel pallone andava o difeso o buttato fuori, senza tanti fronzoli né orpelli. Invece no, non buttare il pallone. Regalarlo magari agli avversari ma non buttarlo. Oltre l'autolesionismo. Premesso tutto questo, il problema è Conte. Problema di non agile soluzione. Il rapporto con la società si era già incrinato ad agosto ed è proseguito, nell'insoddisfazione generale, solo perché Conte avrebbe desiderato l'esonero e Suning le dimissioni: in ballo i 12 (o giù di lì) milioni di ingaggio netti del tecnico leccese.
Conte non sa leggere le partite, ricava pochissimo dai cambi - ieri Zidane con i cambi ha vinto la partita -, pratica un solo tipo di calcio, conosce un solo schieramento, il 3-5-2 alla cui ortodossia nemmeno pensa di poter derogare. L'Inter ha già perso 7 punti in serie A e altrettanti in Champions, dove occupa un mestissimo ultimo posto nel Girone B. Il rendimento dell'Inter, negli scontri diretti e nelle partite solenni della scorsa come di questa stagione, è stato pessimo. Conte non ha soluzioni e, ultimamente, si è messo a parlare di progetto, di crescita programmata. La difesa fa acqua da tutte le parti: 15 gol subiti in 9 gare stagionali. Eppure Conte non ne parla, non assume una responsabilità al riguardo. Il problema era evidente già alla fine della passata stagione, quando l'Inter perse la possibilità di vincere lo scudetto prendendo gol evitabilissimi contro Sassuolo, Verona e via di seguito. Non è stato risolto ed anzi si è aggravato.
Andrebbe esonerato, Conte. Perché l'Inter avrebbe ancora la possibilità di una buona stagione e di tornare a vincere un trofeo. Senza Conte, però. O, per lo meno, senza questo Conte, ostinatamente in difesa delle sue convinzioni, sbugiardate dal campo. La qualità della rosa nerazzurra, al netto di un paio di lacune, permetterebbe un'inversione di rotta. Persino con Conte in panchina. Conte è disponibile a cambiare registro? A rivedere tante sue posizioni che somigliano a petizioni di principio? Io credo di no. E, perciò, ritengo necessario il suo esonero. Stiamo a vedere cosa succede.
martedì 3 novembre 2020
Real Madrid - Inter 3-2: Conte al capolinea
Fase difensiva nerazzurra imbarazzante. Vidal che perde palloni in serie sulla sua trequarti campo, Hakimi che regala palla a Benzema che scherza con Handanovic uscito a caccia di farfalle. Primo gol madrileno. Replicato da Sergio Ramos, che stacca indisturbato perché De Vrij se lo perde. Ha segnato decine di gol così il capitano del Real ma De Vrij se lo perde. È un tacco magico di Barella a liberare il destro incrociato di Lautaro che accorcia le distanze. Intervallo. Nella ripresa, contro un Real comunque dimesso e compassato, l'Inter cerca il pareggio, lo sfiora e infine lo trova con Perisic servito da Lautaro. Il croato esce stremato e con lui Barella, ammonito. Entrano Gagliardini e la terza punta meno forte della storia dell'Inter: Sanchez. Sì, perché del suo passato poco mi importa. Oggi, è un ex giocatore! Poi, l'Inter riesce nell'impresa di prendere un gol in contropiede con pasticcio tra Hakimi e De Vrij salito senza motivo a metà campo: parte Vinicius in contropiede, D'Ambrosio al solito non sa che fare, palla a Rodrigo e 3-2 per il Real. La Champions di Conte è un disastro. La costruzione insistita dal basso tediosa, stucchevole e sovente esiziale. Un fallimento annunciato.
Real Madrid - Inter: più di una partita
Real Madrid contro Inter, stasera, Champions League di scena al Santiago Bernabeu, ore 21:00. Più di una partita. Poche sfide hanno il fascino di questa. Poche.
Nel 1964, al Prater di Vienna, la Grande Inter di Helenio Herrera e Angelo Moratti, sconfisse per 3-1 il Real Madrid di Santiago Bernabeu, di Puskas e Di Stefano, Gento e Amancio. Vittoria perentoria dei nerazzurri: 3-1 e doppietta di Sandro Mazzola e prima Coppa dei Campioni. E la genesi di una leggenda.
Nel 1966, semifinali di Coppa dei Campioni: vittoria madrilena in Spagna, 1-1 a Milano. Real in finale per la sesta Coppa.
Nel 1981, di nuovo semifinali di Coppa dei Campioni. L'Inter di Bersellini, Altobelli, Beccalossi, Oriali, Bini e il giovane Bergomi sfida il Real Madrid allenato da un ex giocatore pieno di estro, che sarà poi guida tecnica della Sampdoria in Italia: Vujadin Boskov. Il Real è forte, dal terzino sinistro Camacho al libero tedesco Stielike. Fino al capitano Santillana: centravanti dal poderoso stacco aereo. Alto 1,75 m è uno dei migliori colpitori di testa della storia e diventa la bestia nera dell'Inter. All'andata lui e Juanito regalano il 2-0 al Real. Al ritorno un gol dell'elegantissimo Bini dà all'Inter una vittoria che non basta per la qualificazione.
Nel 1983, quarti di finale di Coppa delle Coppe, 1-1 a Milano, 2-1 per il Madrid, avanti loro.
Nel 1985, semifinale di Coppa Uefa, 2-0 per l'Inter al Meazza, 3-0 per loro in Spagna, con Bergomi colpito da una monetina e costretto ad uscire nel primo tempo, ricorso nerazzurro respinto: primo ed unico caso del genere!
Nel 1986, semifinali di Coppa Uefa, 3-1 per l'Inter al Meazza, doppietta di Tardelli, 5-1, dopo i supplementari a Madrid. Di nuovo fuori contro la "quinta del Buitre" la formidabile generazione di talenti fiorita all'ombra dell'attaccante spagnolo Emilio Butragueno. Altobelli e Rummenigge vengono riempiti di calci sotto una direzione arbitrale casalinga, Mandorlini finisce espulso. Manifestazioni limpidissime del prepotere del Real Madrid. Santillana, in queste quattro eliminazioni dell'Inter, timbra sei gol!
Nel 1998, l'Inter di Simoni, siamo nel girone di Champions, visita il Real e becca un 2-0, che mina la panchina. Al ritorno, una doppietta del magnifico Roberto Baggio stende il Real nel 3-1 finale e regala l'accesso ai quarti di Champions League.
Mirador de Ezaro: poker di Roglic di nuovo in rosso
Tredicesima tappa della Vuelta a Espana 2020, cronometro di 33,7 km da Muros a Mirador de Ezaro. Frazione pianeggiante, per veri specialisti contro il tempo, fino agli ultimi due km, quando si presenta un muro con pendenza media di quasi il 15%.
Vince Roglic: quarto successo di tappa per lo sloveno in questa Vuelta, precedendo di 1' lo statunitense Barta. Bella prova di Carty, che si conferma al terzo posto della generale. Lo stesso Carapaz si è ben difeso. Ora è secondo, dietro Roglic, a 39".
lunedì 2 novembre 2020
Serie A 2020/21: il punto dopo la 6^ giornata
Milan sempre in testa, dopo la sofferta vittoria contro l'Udinese, propiziata da una rovesciata di Ibrahimovic. Non so quanto potrà durare la supremazia rossonera. Ma credevo poco anche nel Milan di Zaccheroni, che poi vinse lo scudetto nel 1999. Perciò, dirò solo sottovoce che non mi pare in grado di durare.
La Juve fatica altrettanto e di più contro lo Spezia, vincendo solo quando i liguri calano d'intensità. Doppietta di Cristiano Ronaldo, che sale a 749 gol in carriera. Vicinissimo ai 761 o 762 segnati da Pelé in partite ufficiali. Sarebbe, i gol di Bican mi convincono fino ad un certo punto, il record assoluto.
L'Inter pareggia male contro il Parma. O Conte svolta e vince le prossime due partite oppure penso che ci sarà l'esonero evitato ad agosto.
Sconfitta del Napoli contro il Sassuolo di De Zerbi, che gioca bene, ma gli azzurri hanno fallito un mucchio di occasioni. Troppe.
Vittoria anche per la Roma, contro la Fiorentina, e la Lazio, in rimonta su un Toro sempre più ultimo.